DIOCESI DI TRIESTE
GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
Non più schiavi, ma fratelli
+ Giampaolo Crepaldi
Sant’Antonio Taumaturgo, 1 gennaio 2015
Distinte autorità, carissimi fratelli e sorelle,
1. Sono particolarmente lieto di condividere con voi, in questo primo giorno dell’anno, un fraterno augurio di pace e di amicizia. La Chiesa celebra oggi, in maniera particolarmente solenne, la divina maternità di Maria, posando il suo sguardo contemplativo su Colei che ci diede il Salvatore del mondo. Essa ringrazia la Trinità santa per questa donna unica nella quale il Verbo nacque nella nostra natura umana. Scriveva il beato Paolo VI nella Marialis cultus: “Il tempo di Natale costituisce una prolungata memoria della maternità divina, verginale, salvifica, di colei la cui illibata verginità diede al mondo il Salvatore: infatti, nella solennità del Natale del Signore, la Chiesa, mentre adora il Salvatore, ne venera la Madre gloriosa”. In questa prospettiva santa e devota, sono lieto di annunciare che prenderà avvio nella nostra Diocesi il prossimo 25 di gennaio la peregrinatio Mariae. Sarà la Madonna che verrà nelle nostre comunità parrocchiali, nelle nostre famiglie, nei posti dove si studia e si lavora, nei luoghi della sofferenza e della solidarietà. Verrà come Messaggera del suo Figlio Gesù, affinché lo possiamo conoscere meglio e amarlo con docile disponibilità. La peregrinatio Mariae sarà, di fatto, un segno bellissimo della presenza di Gesù in noi e tra di noi. Tutti dobbiamo essere devoti alla Madonna e quanto più lo saremo tanto più assomiglieremo a Gesù.
2. Carissimi fratelli e sorelle, nel contesto della solennità della divina maternità di Maria, la nostra Chiesa, attraverso l’impegno organizzativo dell’Azione Cattolica Diocesana che ringrazio vivamente, celebra la Giornata mondiale della pace, impreziosita da uno stimolante Messaggio del Santo Padre Francesco sul tema Non più schiavi, ma fratelli, dove vengono prese in esame le diverse manifestazioni della schiavitù presenti nel mondo contemporaneo, schiavitù che derivano tutte dalla «tentazione di comportarci in modo non degno della nostra umanità» (n.1) e dal peccato. Scrive Papa Francesco che «la sempre diffusa piaga dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo ferisce gravemente la vita di comunione e la vocazione a tessere relazioni interpersonali improntate a rispetto, giustizia e carità. Tale abominevole fenomeno, che conduce a calpestare i diritti fondamentali dell’altro e ad annientarne la libertà e dignità, assume molteplici forme» (n. 1).
3. Carissimi fratelli e sorelle, Papa Francesco ci ricorda che, fin dall’inizio, il cristianesimo si mostrò «capace di redimere le relazioni tra gli uomini, compresa quella tra uno schiavo e il suo padrone, mettendo in luce ciò che entrambi hanno in comune: la filiazione adottiva e il vincolo di fraternità in Cristo» (n. 2). Con il cristianesimo furono dunque poste le basi morali e sociali per negare e superare la schiavitù. Ma la schiavitù non sparì rapidamente, né dovunque. Per molti anni in diversi Paesi «il diritto stesso ammetteva che alcune persone potevano o dovevano essere considerate proprietà di un’altra persona, la quale poteva liberamente disporre di esse; lo schiavo poteva essere venduto e comprato, ceduto e acquistato come se fosse una merce» (n. 3). Oggi la schiavitù è stata abolita, almeno «formalmente», dovunque, e «il diritto di ogni persona a non essere tenuta in stato di schiavitù o servitù è stato riconosciuto nel diritto internazionale come norma inderogabile» (n. 3).
4. Carissimi fratelli e sorelle, le solenni acquisizioni morali e giuridiche si scontrano oggi con una dura realtà, denunciata fortemente da Papa Francesco, che ne elenca anche i tratti sconcertantie scandalosi:
– quelli di «lavoratori e lavoratrici, anche minori» trattati più come schiavi che come persone libere, «tanto nei Paesi in cui la legislazione del lavoro non è conforme alle norme e agli standard minimi internazionali, quanto, sia pure illegalmente, in quelli la cui legislazione tutela il lavoratore» (n. 3);
– quelli di migranti trattati come schiavi dai trafficanti sui barconi, «privati dei loro beni o abusati fisicamente e sessualmente», o ancora «detenuti in condizioni a volte disumane» nei Paesi di approdo o sfruttati come lavoratori clandestini (n. 3);
– quelli di persone di ambo i sessi che non si prostituiscono per scelta ma sono «costrette a prostituirsi, tra cui ci sono molti minori», una situazione comune anche «alle schiave e agli schiavi sessuali; alle donne forzate a sposarsi, a quelle vendute in vista del matrimonio o a quelle trasmesse in successione ad un familiare alla morte del marito senza che abbiano il diritto di dare o non dare il proprio consenso» (n. 3);
– quelli di «minori e adulti [che] sono fatti oggetto di traffico e di mercimonio per l’espianto di organi, per essere arruolati come soldati, per l’accattonaggio, per attività illegali come la produzione o vendita di stupefacenti, o per forme mascherate di adozione internazionale» (n. 3);
– quelli di «tutti coloro che vengono rapiti e tenuti in cattività da gruppi terroristici, asserviti ai loro scopi come combattenti o, soprattutto per quanto riguarda le ragazze e le donne, come schiave sessuali. Tanti di loro spariscono, alcuni vengono venduti più volte, seviziati, mutilati, o uccisi» (n. 3).
5. Carissimi fratelli e sorelle, di fronte a questa degradante scenario umano, Papa Francesco ci stimola a reagire, ricordandoci che la Chiesa non rinuncia a denunciare il peccato come causa profonda della schiavitù e che ogni azione di contrasto deve «partire dalla verità sull’uomo» (n. 6). La Chiesa non può limitarsi a considerazioni sociali, ma «ha il compito di mostrare a tutti il cammino verso la conversione» (n. 6). Per quanto riguarda la schiavitù, la Chiesa ha elevato all’onore degli altari santa Giuseppina Bakhita, una «santa originaria della regione del Darfur in Sudan, rapita da trafficanti di schiavi e venduta a padroni feroci fin dall’età di nove anni, e diventata poi, attraverso dolorose vicende, “libera figlia di Dio” mediante la fede vissuta nella consacrazione religiosa e nel servizio agli altri, specialmente i piccoli e i deboli» (n. 6). Santa Giuseppina Bakhita, vissuta fra il XIX e il XX secolo, «è anche oggi – scrive Papa Francesco – testimone esemplare di speranza per le numerose vittime della schiavitù e può sostenere gli sforzi di tutti coloro che si dedicano alla lotta contro questa piaga nel corpo dell’umanità contemporanea, una piaga nella carne di Cristo» (n. 6). «Sappiamo – conclude il Messaggio – che Dio chiederà a ciascuno di noi: “Che cosa hai fatto del tuo fratello?” (cfr Gen 4,9-10). La globalizzazione dell’indifferenza, che oggi pesa sulle vite di tante sorelle e di tanti fratelli, chiede a tutti noi di farci artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità, che possa ridare loro la speranza e far loro riprendere con coraggio il cammino attraverso i problemi del nostro tempo e le prospettive nuove che esso porta con sé, e che Dio pone nelle nostre mani» (n. 6).