DIOCESI DI TRIESTE
UFFICIO LITURGICO DIOCESANO
Vi lascio la pace, vi do la mia pace (Gv 14,27)
L’ESPRESSIONE RITUALE DEL DONO DELLA PACE NELLA S. MESSA
Premessa
1. Con l’approvazione del Santo Padre Francesco, in data 8 giugno 2014, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, a firma del suo prefetto il Card. Antonio Cañizares Llovera e del segretario l’Arc. Arthur Roche, ha inviato alle Conferenze Episcopali nazionali una Lettera Circolare sul “segno della pace” nell’Ordinario della Messa. Il testo è la risposta della Congregazione all’invito di Benedetto XVI di studiare la “questione” nell’Esortazione apostolica Sacramentum caritatis. Papa Benedetto, scrivendo del rito dello scambio della pace, affermava che durante il Sinodo dei Vescovi è stata ribadita l’opportunità di moderare questo gesto, che può assumere espressioni eccessive, suscitando qualche confusione nell’assemblea proprio prima della Comunione (SC n. 49). A piè pagina, questo testo pone la nota n. 150 formulando l’invito colto dalla Congregazione: Tenendo conto di consuetudini antiche e venerabili e dei desideri espressi dai Padri sinodali, ho chiesto ai competenti Dicasteri di studiare la possibilità di collocare lo scambio della pace in altro momento, ad esempio prima della presentazione dei doni all’altare. Tale scelta, peraltro, non mancherebbe di suscitare un significativo richiamo all’ammonimento del Signore sulla necessaria riconciliazione previa ad ogni offerta a Dio (cfr Mt 5,23s): cfr Propositio 23.
Excursus storico
2. Prima di presentare la risposta e le indicazioni pratiche fornite dalla Congregazione mediante la Lettera Circolare, è bene tratteggiare, sia pur a grandi linee, il percorso dell’espressione rituale del dono della pace nella S. Messa fatto lungo i secoli.
San Giustino di Nablus (inizio II sec.) è il primo scrittore cristiano che, nella sua Apologia I (indirizzata all’imperatore Antonino Pio e ai suoi figli, al Senato e a tutto il popolo romano), descrivendo la Celebrazione Eucaristica, afferma: Cessate le preghiere [preghiera dei fedeli] ci abbracciamo con scambievole bacio (65). La Traditio apostolica (ca. 220 – attribuita a S. Ippolito) dice di non permettere ai catecumeni di scambiarsi, neppure dopo la preghiera (che facevano a parte, non con i cristiani), il bacio di pace, perché il loro bacio non è ancora santo. I fedeli invece si saluteranno scambievolmente, uomini con uomini e donne con donne; ma gli uomini non saluteranno le donne (18). E’ da ricordare che in quel tempo il bacio di pace veniva dato sulle labbra – ciò è attestato in innumerevoli documenti fino al Pontificale di Patrizio Piccolomini († 1496) e Giovanni Burcardo († 1506).
San Cirillo di Gerusalemme (ca. 312 – 386), nella Catechesi mistagogica V, pone il segno della pace immediatamente prima del dialogo del prefazio. Così si esprime: Il diacono avverte a voce alta: «Prendetevi l’un l’altro e salutatevi scambievolmente». Non pensare che questo bacio sia l’abituale di quelli che avvengono sulla piazza tra amici comuni. Non è nulla del genere. Questo bacio unisce le anime tra loro e le induce ad ogni perdono. Il bacio è segno dunque che le anime si uniscono e cacciano ogni rancore…Dunque il bacio è riconciliazione e, per questo, santo, come dice ad alta voce il beato Paolo: «Salutatevi l’un l’altro nel bacio santo». E Pietro: «Salutatevi l’un l’altro nel bacio della carità» (Cat. V,3).
3. Come si vede, fin dall’inizio in tutta la Chiesa il segno della pace veniva scambiato prima della Liturgia Eucaristica. Questo non deve suscitare meraviglia poiché a suggerirne il posto sembrano essere le stesse parole di Gesù che disse ai Suoi: Se tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono (Mt 5,23s).
Lo scambio del bacio santo dopo la preghiera dei fedeli tuttavia, pur avendo in sé una connotazione di purificazione, non è mai, però, il luogo dove avviene una seria riconciliazione tra fratelli non in comunione! La riappacificazione deve avvenire assolutamente prima della Celebrazione come giustamente è indicato dalla Didaché (I sec): Riuniti nel giorno del Signore [domenica], spezzate il pane e rendete grazie quando avete confessato i vostri peccati, perché sia puro il vostro sacrificio. Chi è in lite con il suo amico, non si unisca a voi, prima che non si siano riappacificati per modo che non sia profanato il vostro sacrificio (XIV).
Primi cambiamenti
4. Sul finire del IV secolo cominciamo a trovare qualche elemento che annuncia un possibile imminente cambiamento riguardo al significato e al luogo dello scambio della Pace nella Celebrazione Eucaristica. Nelle Costituzioni apostoliche (375-380), infatti, si riferisce che, immediatamente dopo la dossologia che conclude l’anafora (Per Cristo, con Cristo e in Cristo…), il vescovo pronuncia l’augurio di pace, non seguito però dal bacio, perché è già stato scambiato all’inizio della Liturgia Eucaristica, dopo la preghiera universale. Da questa prassi, allo spostamento del gesto di pace, il passo è molto breve. La novità pertanto viene dall’Africa. E’ Sant’Agostino (354 – 430) che ci riferisce l’avvenuto spostamento del gesto: Dopo il Pater, si dice «La pace sia con voi» e i Cristiani si baciano con il bacio santo. Questo è il segno della pace (Sermo 227). Lo scambio della pace, spostato a questo punto della Celebrazione, acquista però un significato assolutamente diverso.
Non è più l’Assemblea che, toccata dalla Liturgia della Parola, prima di passare alla Liturgia Eucaristica, sente il bisogno di rinnovare l’amore reciproco e gioire dell’unità che Cristo ha creato tra i fratelli nello Spirito Santo, ma è la Pace che Cristo risorto dona alla Chiesa raccolta attorno all’altare dove l’Agnello immolato è vivo e presente e dona la Sua pace. Questo uso ‘africano’ entra rapidamente anche nella liturgia romana tanto che, tra la fine del IV secolo e l’inizio del V, sembra che a Roma fosse ormai comunemente praticato, anche se con una sfumatura teologica diversa: per papa Innocenzo I è un segno da parte del popolo di consenso a quanto compiuto nei Santi Misteri, per Sant’Agostino una preparazione alla comunione. Quest’ultima è l’interpretazione che nella Chiesa latina ha prevalso.
Situazione attuale
5. E’ così che un po’ alla volta la Chiesa latina ha abbandonato definitivamente l’uso dello scambio del segno della pace dopo la preghiera dei fedeli e ha abbracciato quello dopo il Pater, con la sua nuova interpretazione. Attualmente, a questo proposito, nella Chiesa latina esiste un’unica eccezione.
Con Lettera del 1° dicembre 2005, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, a firma del suo prefetto il card. Francis Arinze, notificava: Sullo scambio della pace, si concede che il Cammino neocatecumenale possa usufruire dell’indulto già concesso, fino ad ulteriore disposizione. L’indulto cui si fa riferimento è del 24 dicembre 1988 nel quale, la Congregazione consente che tra gli adattamenti previsti dall’Istruzione Actio pastoralis, nn. 6-11, i gruppi del menzionato “Cammino” possano…spostare, “ad experimentum”, il rito della pace dopo la preghiera universale.
I vari spostamenti del segno
6. Offriamo ora un piccolo schema dal quale è possibile vedere i vari spostamenti nel tempo del segno della pace nella Celebrazione Eucaristica: 1) il bacio di pace viene dopo la Preghiera universale; 2) il bacio di pace viene dopo la frazione del Pane, prima della comunione; 3) il bacio di pace viene dopo l’«Agnus Dei», prima della comunione; 4) dopo il “Pater”, augurio di pace e scambio di pace, frazione del Pane durante il canto dell’«Agnus Dei».
L’espressione rituale nel tempo
7. Diciamo ancora una breve parola circa i vari modi di scambiarsi la pace. Non è chiaro neppure agli studiosi quando precisamente lo scambio della pace con il bacio fu sostituito dall’abbraccio, resta comunque il fatto che in tutte le liturgie, occidentali e orientali, si nota un processo di semplificazione del gesto in sé.
Per quanto riguarda la liturgia latina, il bacio sulle labbra si alterna con il bacio sulla spalla sinistra tra il secolo X e il XIII. Nell’ultimo decennio del secolo XV si introduce anche il bacio sulla guancia sinistra. In questo processo di stilizzazione del gesto di pace si incontra in qualche messale del secolo XIV menzionata la prescrizione di dare la pace mediante uno strumento apposito, l’«osculatorio».
Questo strumento di trasmissione della pace, di cui si fa menzione anche nel Messale di san Pio V, era a volte una patena, altre un evangeliario, ma più di frequente una «tabula pacis». Anche qui a Trieste si ricorda che, fin dopo il Concilio, in Cattedrale, nella solennità di San Giusto, al momento della pace il Vescovo, come prescritto dal suddetto Messale, baciava l’altare (vedremo in seguito perché), poi una croce d’argento senza il Cristo (l’osculatorio), che gli veniva offerta dal Preposito, quindi questi andava a farla baciare al Prefetto e al Sindaco (che stavano in presbiterio) e così veniva loro offerta la pace di Cristo.
I due significati del segno della pace
8. A questo punto, prima di comunicare le decisioni della Congregazione circa l’espressione rituale del dono della pace nella Messa, è necessario offrire un breve commento e spiegazione del perché il gesto del segno della pace lungo i secoli sia stato così semplificato. La ragione è dovuta semplicemente allo spostamento di questo segno da dopo la Preghiera universale a dopo il Padre nostro. La posizione in cui si trova ora, con la presenza reale di Cristo sull’altare, non permette né l’allontanamento del presidente, né troppo movimento nell’assemblea. Inoltre, come abbiamo già accennato, qui si tratta di ricevere la pace di Cristo!
Questa pace procede dal Cristo pasquale: morto e risorto. Egli appare nel cenacolo, a porte chiuse e, mostrando le sue piaghe gloriose, dice: Pace a voi! Gli apostoli sanno che quella è la sua pace, diversa da quella del mondo. E’ la pace di colui che è andato al Padre ma è di ritorno. Egli ha vinto il mondo e dice ai suoi: Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore (Gv 14,27). Qui non c’è spazio per la distrazione, i convenevoli, i saluti e quant’altro. Questo Pace a voi! ha la forza di riconciliarci con il Padre e tra di noi. Ci comunica il perdono dei peccati, ci dona lo Spirito Santo e ci invia a perdonare, perché perdonati (cfr Gv 20,21-23).
9. Non è la nostra pace che comunichiamo, né i buoni sentimenti e i pii desideri, ma la pace che sgorga dalla Pasqua di Cristo.
E’ per questo che dal secolo IX il celebrante, al momento della pace, bacia l’altare; bacia cioè Cristo risorto per ricevere da lui il dono della pace! Dopo aver ricevuto la pace da Cristo la trasmette al diacono, questi la dà al suddiacono e di seguito se la scambiano anche alcuni membri del clero. In certe occasioni, come abbiamo sopra ricordato, veniva comunicata la pace ad alcuni fedeli attraverso il bacio del «portapace».
Questo modo di comunicare il dono della pace ha un’analogia liturgica con il segno della luce nella Veglia Pasquale che dal cero passa al Vescovo, poi ai clero e quindi a tutta l’assemblea. Nessuno accende la propria candela usando una sua fonte perché è Cristo la luce del mondo! Così qui è Cristo che è la nostra pace (cfr Ef 2,14). L’augurio che viene da Cristo ha il potere di creare veramente la pace, pertanto l’importanza non sta nel gesto, ma nel dono che viene dal Signore! Il gesto dello scambio della pace, a questo punto perde importanza; è significativo, ma non essenziale tanto che nel Messale si dice: Secondo l’opportunità, il sacerdote soggiunge: scambiatevi un segno di pace (IGMR 154) e conviene tuttavia che ciascuno esprima in modo sobrio la pace solo alle persone più vicine (ibidem 82).
Dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
10. Riportiamo ora, in breve, le indicazioni pratiche più importanti riguardo al modo di scambiarsi il segno di pace nella S. Messa fornite mediante Lettera Circolare dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Le Conferenze dei Vescovi considerino se non sia il caso di cambiare il modo di darsi la pace stabilito a suo tempo. Per esempio, in quei luoghi dove si optò per gesti familiari e profani del saluto, dopo l’esperienza di questi anni, essi potrebbero essere sostituiti con altri gesti più significativi.
Ad ogni modo, sarà necessario che nel momento dello scambio della pace si evitino definitivamente alcuni abusi come:
– L’introduzione di un “canto per la pace”, inesistente nel Rito romano.
– Lo spostamento dei fedeli dal loro posto per scambiarsi il segno della pace tra loro.
– L’allontanamento del sacerdote dall’altare per dare la pace a qualche fedele.
– Che in alcune circostanze, come la solennità di Pasqua e di Natale, o durante le celebrazioni rituali, come il Battesimo, la Prima Comunione, la Confermazione, il Matrimonio, le sacre Ordinazioni, le Professioni religiose e le Esequie, lo scambio della pace sia occasione di esprimere congratulazioni, auguri o condoglianze tra i presenti.
11. […] Al termine di questa considerazione, si esortano, pertanto, i Vescovi e, sotto la loro guida, i sacerdoti a voler considerare e approfondire il significato spirituale del rito della pace nella celebrazione della Santa Messa, nella propria formazione liturgica e spirituale e nell’opportuna catechesi ai fedeli. Cristo è la nostra pace, quella pace divina, annunziata dai profeti e dagli angeli, e che Lui ha portato nel mondo con il suo mistero pasquale. Questa pace del Signore Risorto è invocata, annunziata e diffusa nella celebrazione, anche attraverso un gesto umano elevato all’ambito del sacro.
Un auspicio
12. Dopo queste indicazioni e delucidazioni, ci auguriamo che in tutta la Diocesi si possa ricuperare e vivere più appieno tra i fedeli il gesto della pace, il quale non procede se non da Dio stesso, per mezzo di Cristo morto e risorto, nello Spirito Santo che crea la comunione.
Trieste 07 ottobre 2014
Beata Vergine Maria del Rosario
Ufficio Liturgico Diocesano