52ma Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni

DIOCESI DI TRIESTE

52a GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

+ Giampaolo Crepaldi

Parrocchia San Luca, 26 aprile 2015

 

Carissimi confratelli nel sacerdozio, fratelli e sorelle di vita consacrata, fratelli e sorelle in Cristo!

1.     Celebriamo oggi con profonda gioia spirituale, qui nella parrocchia di San Luca, la 52a Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni, dando espressione alla nostra gratitudine al Signore per gli anniversari di ordinazione e consacrazione di alcuni sacerdoti, religiosi e religiose e coniugi. E’ la festa diocesana dei chiamati dal Signore che, con generosità e amore, hanno voluto dedicare la propria vita secondo le esigenze della vocazione divina per servire Dio e la sua Chiesa. E’ la festa diocesana che ci impegna a riportare ogni chiamata alla sua fonte originaria, cioè a Dio stesso e a riscoprire la grazia e la bellezza di una Chiesa tutta vocazionale, tutta protesa, in una prospettiva di unità e di comunione, a dare valore alle diverse chiamate del Signore secondo i profili peculiari e specifici di ogni cristiano. E’ la festa diocesana delle vocazioni per corrispondere con la preghiera a quanto ci ha chiesto il Signore stesso – “..la messe è molta, ma gli operai sono pochi…pregate dunque…- e per rilanciare una pastorale vocazionale che sia all’altezza dei tempi difficili che viviamo e per dare risposte spirituali di verità e di carità alle necessità che gli uomini e le donne del nostro territorio esprimono nel loro, spesso inconsapevole, bisogno di incontrare il Signore, unico e vero Salvatore.

2.     Carissimi, l’odierna celebrazione dedicata alle vocazioni ci invita a far tesoro degli insegnamenti che giungono a noi dal brano del Vangelo che è stato proclamato; esso ci presenta Gesù nelle vesti del Buon Pastore e ci illustra il suo rapporto con le pecore. Gesù anzitutto chiama per nome: ha fatto così con gli Apostoli (cf. Mt 4,18‐22; 10, 1‐4); poi anche con Lazzaro quando lo chiamò fuori dal sepolcro (cf. Gv 11,43), con Maria di Magdala per farsi riconoscere nel giardino dov’era il sepolcro ormai vuoto (cf. Gv 20,16)… Ogni volta è un “tu per tu” singolare, unico, irripetibile; ogni volta un accento inedito, un tono speciale. Il Pastore poi porta fuori dal recinto le sue pecore. Troviamo qui il tratto liberante dell’amore di Cristo. Il suo è come l’amore di una madre, che non trattiene nel grembo il figlio che ha generato, ma lo dà alla luce. C’è, infine, il cammino. Gesù cammina avanti, come una guida. Egli, come leggiamo nel testo greco della Lettera agli Ebrei, è un prodromos, ossia un “capofila”, uno che “corre prima”. Egli è “colui che ci apre la strada” (cf. 6,20). Il racconto evangelico invita anche a vigilare, perché c’è qualcuno che tenta di sviarci e farci cadere. Il Vangelo lo chiama ladro e brigante. Ladro, è la qualifica che Giovanni riserva a Giuda, (cf. Gv 12,6); brigante – in greco lestes, ossia alla lettera lestofante e assassino – è la qualifica che riserva a Barabba, paradossale anticristo e contro‐figura del Figlio (cf. 18,40).

3.     Carissimi, per questa circostanza il Santo Padre Francesco ci ha fatto dono di un suo Messaggio sul tema L’esodo, esperienza fondamentale della vocazione, che contiene alcune preziose indicazioni pastorali anche per la nostra Chiesa e per il Centro diocesano per le vocazioni. La prima indicazione che il Papa ci offre è l’invito a vivere ogni vocazione nella prospettiva dell’uscita dal proprio egocentrismo. Scrive Papa Francesco: “Alla radice di ogni vocazione cristiana c’è questo movimento fondamentale dell’esperienza di fede: credere vuol dire lasciare sé stessi, uscire dalla comodità e rigidità del proprio io per centrare la nostra vita in Gesù Cristo… Dice Gesù: «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna» (Mt 19,29). Tutto ciò ha la sua radice profonda nell’amore. Infatti, la vocazione cristiana è anzitutto una chiamata d’amore che attrae e rimanda oltre sé stessi, decentra la persona, innesca «un esodo permanente dall’io chiuso in sé stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio» (Benedetto XVI, Lett. Enc. Deus Caritas est, n, 6)”. La seconda prospettiva vocazionale è quella di incentivare la dimensione propriamente missionaria ed evangelizzatrice nella vita della Chiesa. A questo riguardo, scrive il Papa: “Questa dinamica dell’esodo non riguarda solo il singolo chiamato, ma l’azione missionaria ed evangelizzatrice di tutta la Chiesa. La Chiesa è davvero fedele al suo Maestro nella misura in cui è una Chiesa “in uscita”, non preoccupata di sé stessa, delle proprie strutture e delle proprie conquiste, quanto piuttosto capace di andare, di muoversi, di incontrare i figli di Dio nella loro situazione reale e di com-patire per le loro ferite. Dio esce da sé stesso in una dinamica trinitaria di amore, ascolta la miseria del suo popolo e interviene per liberarlo (Es 3,7)”.

Carissimi, affidiamo alla materna protezione di Maria la nostra Chiesa affinché l’aiuti ad essere una Chiesa capace di custodire e coltivare il dono incommensurabile delle vocazioni che Dio suscita al suo interno e perché le dia la forza e la gioia di essere quotidianamente una Chiesa missionaria ed evangelizzatrice. Amen!