GIOVANNI XXIII
LA FORZA DELLA BONTÀ
Trieste -12 marzo 2014
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Perchè Giovanni XXIII è stato tanto amato?
Non faccio una conferenza, ma una lettura sapienziale della vita di Papa Giovanni XXIII. Cioè una lettura che permetta di cogliere nella sua vita qualche messaggio per la nostra vita di oggi.
E inizio con una domanda. Perché il Papa Giovanni XXIII è stato tanto amato, anche da coloro che erano lontani dalla Chiesa?
Perché in poco tempo entrò nel cuore di tutti? Rispondo con un episodio tratto dalla vita di Paolo VI.
Paolo VI ebbe una lunga e cordiale amicizia con lo scrittore toscano Giuseppe Prezzolini, che si dichiarava non-credente, anzi esattamente diceva: “Credo di non credere”.
Un giorno Paolo VI gli chiese: “Lei che dice di essere lontano dalla Chiesa, quali suggerimenti darebbe per poter avvicinare alla Chiesa i lontani?”. Prezzolini, senza esitazione, rispose: “Padre santo, c’è solo un mezzo: preparate persone buone, persone dal cuore buono e misericordioso, persone miti e serene e capaci di amare tutti e di dialogare con tutti. Al mondo – aggiunse – sono fin troppe le persone intelligenti; sono fin troppe le persone colte: mancano le persone buone. Spetta alla Chiesa prepararle! L’intelligenza suscita ammirazione come anche la cultura, ma soltanto la bontà attira, soltanto la bontà attira!”
Questa lucida risposta di Giuseppe Prezzolini spiega perché Giovanni XXIII sia stato tanto amato.
Il suo pontificato è stato il più breve degli ultimi secoli (se si esclude il pontificato brevissimo di Giovanni Paolo I): quattro anni, sette mesi e sette giorni. Eppure è stato un pontificato, che ha lasciato un solco profondo nella vita della Chiesa e nella storia dell’umanità.
François Mauriac, pochi giorni dopo la morte di Giovanni XXIII, sul giornale “La Croix” scrisse così: “Questo grande Papa è stato umile. Lo Spirito Santo non ha trovato ostacoli in lui ed è per questo che sono stati sufficienti pochi anni di questo pontificato perché si aprisse alla Grazia di Dio una breccia che durerà per secoli. Sia benedetto Papa Giovanni XXIII per aver benedetto tutti gli uomini, per aver parlato a tutti come un padre che ama”.
E, fatto inaudito, sette anni dopo la sua morte, il Metropolita Ortodosso di Leningrado, Nikodim, nel 1970 presentò la sua tesi di dottorato all’Accademia Teologica di Mosca su: “Giovanni XXIII, Papa Romano”. Tradotta in italiano, l’opera prese il titolo: “Uno scomodo ottimista”. È un fatto che impressiona e dice chiaramente quanto grande sia il potere della bontà.
La televisione italiana, in occasione della morte di Giovanni XXIII, raccolse le opinioni di quattro osservatori non cattolici, intervenuti al Concilio Ecumenico Vaticano II.
Oscar Cullman, protestante, professore di esegesi neotestamentaria all’università di Basilea, disse: “Tenendo conto del fatto che proprio il problema del primato del Papa ci separa da Roma, bisogna sottolineare quanto sia meraviglioso che Giovanni XXIII abbia trovato presso i cristiani non cattolici di tutto il mondo non soltanto sincera ammirazione per la sua semplicità e la sua grande bontà, ma anche vero amore. ”
L’arciprete Vitalj Borovoj, del patriarcato russo ortodosso, da parte sua testimoniò: “Ciò che Papa Giovanni ha fatto per la Chiesa cattolica con la convocazione del Concilio Vaticano II, ciò che con la distensione tra l’Oriente e l’Occidente ha fatto per il riavvicinamento di tutti i cristiani, ciò che ha fatto per tutta l’umanità con il suo lavoro per l’amicizia e la pace su questa terra: tutto ciò vivrà in eterno.”
Il protestante americano Douglas Horton ricordò che “conversando con lui, anche soltanto per pochi minuti, si poteva notare come fosse animato dall’amore per ognuno di noi. Quando morì mi sembrava che fosse morto un vecchio amico. Credo di poter dire che egli ha cambiato il corso della storia; e ciò farà di lui uno dei grandi personaggi del nostro tempo.”
Il priore della comunità ecumenica di Taizé, Roger Schutz, che con Max Thurian era stato ricevuto in udienza da Giovanni XXIII il 13 ottobre 1962, due giorni dopo l’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, disse: “La vigilia e il giorno stesso della morte di papa Giovanni, per la prima volta dopo la Riforma, dopo secoli di scisma, nelle Chiese protestanti di tutto il mondo si pregò per il Papa.” Oggi può apparire normale, ma allora era un fatto inaudito.
Chi era Papa Giovanni XXIII?
Partiamo dalla conclusione della sua vita per poi andare a scoprire il seme da cui tutto è nato.
Maggio 1963. Si diffonde in tutto il mondo la notizia che Papa Giovanni XXIII è gravemente ammalato. Tutti hanno amato questo uomo straordinariamente buono, tutti ora guardano a lui con trepidazione.
24 maggio. Papa Giovarmi è a letto per un improvviso aggravamento della malattia, che gli causa continue emorragie. Sul far della sera esclama: “Sono qui in obbedienza. Ho davanti a me la mia anima, il mio sacerdozio, la Chiesa universale. Sono tranquillo nelle mani di Dio. Ecco, Gesù crocifisso mi invita a stendere le mie braccia accanto a lui, mentre Maria, la nostra cara madre celeste, mi incoraggia…“.
30 maggio, ore 23:30. Il Papa accusa un dolore improvviso assai acuto alla regione gastrica, accompagnato da grave risentimento delle condizioni generali. Il professor Mazzoni profila l’ipotesi di avvenuta perforazione del tumore e nel contempo esclude la possibilità di un intervento chirurgico. Giovanni XXIII ha ormai le ore contate.
Viene chiamato anche il Professor Valdoni, che tutti sapevano essere piuttosto lontano dalla fede. Papa Giovanni lo osserva mentre si china per visitarlo e poi, delicatamente, gli sussurra: “Professore, mentre lei si preoccupa del mio corpo, io penso alla sua anima e prego per lei”. Il Professar Valdoni rimase visibilmente commosso.
31 maggio. Il segretario del Papa, secondo un accordo preso sin dal primo anno di servizio, si accinge a compiere il suo dovere di avvisarlo dell’imminenza della morte. Al capezzale del Papa con voce rotta dall’emozione cerca parole essenziali e semplici. Gli dice: “Santo Padre, mantengo la parola … L’ora è giunta: il Signore vi chiama!”
Papa Giovanni non si scompone per niente e, dopo attimi di riflessione, aggiunge: “Sarà bene sentire la sentenza dei medici”. “Questa è la sentenza, Santo Padre: è la fine, Il tumore ha compiuto la sua opera”. Papa Giovanni prontamente risponde: “La mia valigia è pronta! Mi hai dato la notizia più bella, quella che aspetto da tutta la vita!”. Il segretario esclama: “Come farò senza di lei?”, Papa Giovanni resta in silenzio per qualche istante e poi risponde: “Caro don Loris, mi hanno tirato tanti sassi, ma io non li ho mai raccolti e non li ho mai restituiti. Fai così anche tu: il Signore penserà a te”.
Il Papa vuole intrattenere per 1’ultima udienza il Segretario di Stato e lo accoglie con questo saluto: “Caro Cardinale! Mi sento pieno di gioia perché mi hanno detto: «Andremo alla Casa del Signore!»”,
Alle ore 11:00, prima di ricevere il Santo Viatico, si rivolge agli astanti che sono in ginocchio e pronuncia parole di fede grandissima: “Questo letto è un altare, l’altare vuole una vittima: eccomi pronto! Offro la mia vita per la Chiesa, la continuazione del Concilio, la pace del mondo, l’unione dei cristiani. Il segreto del mio sacerdozio sta nel Crocifisso … Quelle braccia allargate dicono che egli è morto per tutti, per tutti, nessuno è respinto dal suo amore e dal suo perdono.
Per parte mia non ricordo di aver offeso qualcuno, ma se l’avessi fatto, chiedo perdono; e voi, se sapete che qualche persona non abbia avuto edificazione dal mio contegno, pregatela di compatirmi e di perdonarmi.
La mia giornata terrena finisce; ma il Cristo vive e la Chiesa continua il compito suo. Le anime, le anime: che tutti siano una cosa sola, che tutti siano una cosa sola!”.
Alcuni minuti di silenzio e poi riceve la santa Comunione. Saluta tutti, a uno a uno.
Intanto da tutto il mondo giungono telegrammi: capi di stato, gente semplice, cattolici e non cattolici sono vicini a Papa Giovanni.
Ecco alcuni commoventi testi: “Prego per la vostra salute. Dio vi ama. Sono un buddista”. “Nella misura in cui un ateo possa essere capace di pregare, io prego per la salute di vostra santità”. “Sto pregando per voi che siete stato di grande ispirazione a me e a molti altri protestanti”. “Gli ebrei non dimenticano che voi siete un loro fedele amico”.
3 giugno 1963, alle ore 13. Papa Giovanni ripete due volte: “Signore, voi sapete che io vi amo!”. Il mondo intero è in preghiera per lui: i detenuti di Regina Coeli ascoltano tre messe e gli scrivono:
“Padre santo, vi siamo vicini con il nostro amore”. Nel pomeriggio una folla immensa si raduna in piazza San Pietro e il Cardinale Traglia celebra la Messa” per un ammalato”.
Alle ore 19:45 termina la Messa e si odono le parole del Vangelo conclusivo (come era in uso allora): “Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni.” (Gv 1,6). In quello stesso momento Papa Giovanni muore.
Andiamo alla sorgente del miracolo della sua vita.
28 ottobre 1958: viene eletto Papa un uomo di 77 anni! Si affaccia alla Loggia della facciata della Basilica di San Pietro per la prima benedizione.
Resta abbagliato dai fari che illuminano a giorno la facciata: sente le voci, ma non vede la gente che riempie la piazza.
Quando rientra dopo la benedizione, si ferma un istante ed esclama: “Non ho visto niente! Se voglio vedere i volti dei miei fratelli, debbo tenere spenti i fari del mio orgoglio!”. Quanta umiltà! Quanta sapienza!
29 ottobre 1958: annotazione nel Giornale dell’anima dopo la prima notte: “Prima notte del mio pontificato. Ho passato la notte nell’appartamento del Segretario di Stato dormicchiando più che dormendo! Mi sono fatto chiamare Giovanni! O miei cari genitori! O mamma, o padre mio, o nonno Angelo, o zio Saverio, dove siete? Chi vi trasse a tanto onore? Continuate a pregare per me!”. Il primo pensiero va ai genitori! Il fatto è molto significativo.
4 novembre 1958: udienza ai bergamaschi e ai veneziani nell’ Aula delle Benedizioni. Non vuole la sedia gestatoria. Ma poi l’accetta per difendersi dall’entusiasmo della gente. Mentre attraversa la folla benedice, ma è assorto: sembra che pensi ad altro.
Quando inizia a parlare dice: “Vi debbo confidare che cosa mi è successo. Mentre i sediari mi portavano sulle loro spalle, mi sono rivisto bambino … quando mio padre mi portava sulle sue spalle e da quella torretta potevo ammirare il passaggio della processione e lo spettacolo della fede dei bergamaschi. Sono passati tanti anni: ora i figli portano il padre sulle spalle, ma tutti insieme andiamo incontro al Signore! Cambiano le situazioni della vita, ma il cuore è sempre lo stesso”.
9 novembre 1958: è domenica e Papa Giovarmi, per la prima volta, si affaccia alla finestra del suo appartamento e prega 1’Angelus con la gente. È stato lui ad iniziare questa bella consuetudine.
Prima della preghiera dice: “Questa preghiera mi è tanto cara! Ci tengo a dire che non l’ho imparata in parrocchia e neppure in Seminario, ma dalla viva voce della mia mamma, la quale, appena suonava la campana del villaggio, ad alta voce diceva: ‘L’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria!’. E noi tutti rispondevamo in coro: nella mia casa la giornata cominciava così e terminava, d’inverno davanti al focolare e d’estate nell’aia, con la preghiera del rosario guidata da mio padre. Non avevamo niente: la polenta quasi tutti i giorni, le scarpe soltanto per le feste, abitualmente o scalzi o con gli zoccoli. Eravamo poveri, ma la mia casa era piena di Dio.
Quanta nostalgia della mia povera casa … anche ora che sono Papa!”.
21 novembre 1962 (sei mesi prima della sua santa morte). Durante 1’udienza nell’ Aula delle Benedizioni, gli viene in mente un episodio della sua infanzia. Era il 21 novembre 1885 e tutti andavano al Santuario della Madonna delle Càneve e anche Marianna Roncalli si avvia con i suoi figli: sono Teresa di sei anni, Ancilla di cinque, Angelo di quattro, Saverio di due, Maria Elisa di uno in braccio. La donna, ventottenne, è in attesa del sesto fiore, che sboccerà il 15 agosto 1886.
Rallentata dal passo dei bambini, la donna arriva per ultima. A distanza di 77 anni (21 novembre 1885 – 21 novembre 1962) il Papa ricorda nitidamente 1’episodio e dice:
“Quando giunsi davanti alla chiesetta, non riuscendo ad entrarvi, perché ricolma di fedeli, avevo una sola possibilità di scorgere l’effige della Madonna, attraverso una delle due finestre laterali della porta d’ingresso, piuttosto alte e con inferriata. Fu allora che la mamma mi sollevò tra le braccia dicendomi: ‘Guarda, Angelino, guarda la Madonna com’è bella. lo ti ho consacrato tutto a lei’.
È il primo ricordo nitido della mia infanzia. Quanta felicità, soave e profonda, il rilevare che il ricordo concerne un atto di devozione verso la Madre Celeste suggerito dalla mamma”.
La famiglia è stata la culla in cui si è formata la personalità di Papa Giovanni. È il primo messaggio che la sua vita ci consegna.
Il 26 novembre 1930, appena entrato nel 50° anno scrive ai genitori e dice: “Da quando sono uscito di casa, verso i dieci anni, ho letto molti libri e imparato molte cose che voi non potevate insegnarmi; ma quelle poche cose che ho appreso da voi sono ancora le più importanti e sorreggono e danno calore alle molte altre che appresi in seguito, in tanti e tanti anni di studio e di insegnamento”.
E nel diario annota: “L’educazione che lascia tracce più profonde è sempre quella della casa. lo ho dimenticato molto di ciò che ho letto sui libri, ma ricordo ancora benissimo quello che ho appreso dai genitori e dai vecchi. Per questo non cesso di amare Sotto il Monte, e godo di tornarvi ogni anno. Ambiente semplice, ma pieno di buoni principi, di profondi ricordi, di insegnamenti preziosi”.
Potesse ogni figlio dire la stessa cosa riguardo alla propria famiglia! Oggi purtroppo non è così.
Massimo D’Azeglio acutamente ha osservato: “Siamo tutti fatti di una stoffa nella quale le prime pieghe restano per sempre”. Quali pieghe si ricevono oggi in famiglia?
Fëdor Dostoevskij ha detto: “Educare significa lasciare buoni ricordi ai figli. Questi ricordi,’ al momento opportuno, si accenderanno come lampade e illumineranno il cammino”.
Quali ricordi portano con sé tanti figli oggi?
A titolo di testimonianza, vi confido lo sfogo di un figlio al quale è mancato il calore e la luce di una vera famiglia. Un giovane detenuto, durante una visita al Carcere di Regina Coeli, in occasione del Natale del 1970, mi consegnò un foglio nel quale aveva sfogato la pena della sua anima.
Ecco il testo:
“Tra pochi giorni è Natale! È la festa della famiglia, ma non è la mia festa, perché io non ho mai avuto una famiglia. Sono figlio di una prostituta e non conosco mio padre: talvolta mi sembra di essere nato senza genitori.
Chi sono? E non riesco a trovare neppure le poche parole che riempiono la carta d’identità di ogni uomo normale: per me, figlio di N.N.
Signore, a volte dubito anche di te, del cielo: di tutto! Mi dà fastidio sperare perché mi sembra un atto vile e indegno dell’ingiustizia che sto soffrendo.
Talvolta urlo e invoco ciò che la vita mi ha tolto violentemente; e vorrei, come un pazzo, correre per le strade almeno per vedere le mamme. Vorrei incantarmi guardandole mentre baciano i loro figli e poi guardare i loro figli per intuire cosa provano in quei beati momenti che per me non potranno mai esistere.
Ho bisogno di una mamma, di una carezza, di una dolce voce che mi chiami ‘figlio’!
O Signore, ascolta il mio pianto. Tu hai avuto la fortuna di avere anche una mamma, una mamma fatta su misura per te. A me ne bastava una qualsiasi, una modesta, povera, semplice. Ma per me no, neanche così.
Mamma! Mamma del Signore, mi vuoi bene almeno tu? Anche se sono un pezzente?
Mamma di Gesù, se dici di sì, baciami questa sera. quando mi addormenterò e portami in cielo con te.
Fallo tranquillamente! Non danneggerai nessuno e nessuno piangerà.
Perché io non esisto”.
L’anno successivo, questo giovane si è suicidato impiccandosi.
Nella famiglia di Papa Giovanni questa sofferenza non sarebbe mai stata possibile.
Entriamo nel santuario della sua anima.
Ora, quasi in punta di piedi, cerchiamo di entrare nel santuario della sua anima veramente bella e affascinante e formata in una famiglia semplice, ma piena di calore e di sani sentimenti.
Il 28 ottobre 1958 Angelo Giuseppe Roncalli viene eletto Papa tra lo stupore di tutti. I giornali parlano di un “Papa di transizione”.
Papa Giovanni legge i giornali e, sorridendo, esclama: “Perché, non siamo tutti di transizione? Finché il Signore vuole, io sono qui e dono tutto me stesso”. E così fece!
Arriva il primo Natale e il Papa confida al segretario: “La mia mamma, in occasione delle feste faceva sempre un’opera di misericordia. Andrò a trovare i bambini dell’Ospedale Bambin Gesù”.
Grande emozione tra il personale, tra i genitori e i bambini. In una corsia Papa Giovanni nota un bambino che non si è allontanato dal suo lettino. Papa Giovanni sì avvicina, il bambino sente la vicinanza del Papa e allunga la mano per toccarlo: “Sei il Papa, ma io non ti vedo … perché sono cieco!”.
“Come ti chiami?”.
“Mi chiamo Carmine”.
“Carmine, siamo tutti un po’ ciechi”. Papa Giovanni sapeva leggere ogni fatto con la profondità dei semplici.
26 dicembre 1958: visita i carcerati del carcere Regina Coeli.
Allontana il testo scritto già preparato e confidenzialmente dice: “Quando ero bambino, un mio parente fu messo in carcere perché era andato a caccia senza licenza. Quanta sofferenza! Vi capisco! Però ora è necessario ricostruire la vita, ricostruire il cuore.
Ho messo il mio cuore accanto al vostro cuore. Quando scrivete a casa, dite alle vostre mamme e alle vostre mogli e ai vostri figli: «Il Papa vi saluta con affetto»”.
Un detenuto improvvisamente rompe il cordone di sicurezza e si getta ai piedi del Papa ed esclama: “Papa Giovanni! Io sono un delinquente. C’è speranza anche per me?”. Papa Giovanni si china e lo abbraccia e gli sussurra: “C’è speranza per tutti!”.
Tornando in Vaticano, in macchina, confida al segretario: “Caro don Loris, queste sono le gioie del Papa! E queste sono le gioie di ogni cristiano”.
11 aprile 1959: una bambina di Oklahoma City, affetta da una grave forma di leucemia esprime il desiderio di essere ricevuta dal Papa. Il Nunzio comunica al Papa il desiderio. Il Papa la riceve con tutti gli onori. Parlarono a lungo insieme più con gli occhi che con le parole.
Al termine dell’Udienza, il Papa 1’accompagna alla soglia dell’ appartamento, come accade per i grandi personaggi e le sussurra: “Caterina, prega per me!”. La bambina morirà dopo poche settimane.
Episodi come questo si moltiplicano e diventano “i fioretti di Papa Giovanni” e danno un profumo particolare al suo Pontificato, anzi danno un fascino particolare che lo fa entrare nel cuore di tutti.
Arriva il 25 gennaio 1959: con un coraggio impressionante comunica la decisione di indire un Concilio Ecumenico e avvia la preparazione tra lo stupore di tutti: egli resta sereno e abbandonato nelle braccia della Provvidenza “ che non va mai a dormire”, ripeteva spesso.
11 ottobre 1962: inaugura il Concilio e pronuncia un memorabile discorso che inizia così: “Gaudet Mater Ecclesia: la Madre Chiesa gioisce”.
E dà subito una chiara indicazione di metodo e dice: “Sulla soglia del Concilio Ecumenico Vaticano II ci si presenta, fulgida come non mai, nel suo valore perenne, la verità del Signore.
L’albeggiare di un’epoca nuova vede sorgere nuove opinioni che escludono le antiche; nascono nuovi errori che presto si dileguano come nebbia al sole.
A tali errori sempre la Chiesa si è opposta, spesso li ha condannati, anche con severità e fermezza. Ma ora la sposa di Cristo si compiace di offrire la medicina della misericordia piuttosto di impugnare le armi della severità; non con le condanne, ma con un dono più copioso della sua valida dottrina pensa di venire incontro ai bisogni d’oggi.”
Papa Giovanni voleva che il Concilio trovasse un linguaggio adatto per poter presentare all’uomo d’oggi la bellezza del Vangelo. Madre Teresa di Calcutta diceva: “Il bene è bene perché fa bene e il male è male perché fa male”. Così pensava anche Papa Giovanni.
Arriva la sera dell’11 ottobre 1962: il Papa, già ammalato, è stanco e non vuole affacciarsi, ma scosta la tenda della finestra del suo studio e vede la piazza piena di gente con le fiaccole in mano. Si affaccia e improvvisa un memorabile discorso, che è diventato una perla preziosa della storia recente. Dice: “Cari figlioli, sento le vostre voci! La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero … Si direbbe che perfino la luna si è affrettata stasera … (osservatela in alto!) a guardare questo spettacolo!”.
La folla applaude presa da un improvviso entusiasmo. Il Papa continua: “Chiudiamo una grande giornata di pace, di pace! Gloria a Dio e pace agli uomini di buona volontà! Ripetiamo spesso questo augurio. La mia persona non conta niente: è un fratello che parla a voi, diventato padre per volontà di nostro Signore ... Continuiamo a volerei bene, a volerci bene così!”.
Piazza San Pietro è illuminata da oltre quarantamila fiaccole: e le parole del Papa scendono nei cuori di tutti e li riempiono di una gioia incontenibile. Il Papa conclude: “Tornando a casa troverete i bambini: date una carezza ai vostri bambini e dite: ‘Questa è la carezza del Papa! Troverete qualche lacrima da asciugare: fate qualcosa! Dite una parola buona!”.
Queste parole commuovono la folla: ognuno rivede la propria casa, i propri bambini, i propri cari … ed anche le lacrime da asciugare.
Papa Giovanni ha fatto sentire a tutti il fascino della bontà: non è una piccola cosa.
22 ottobre 1962. Il mondo è con il fiato sospeso: una flotta di navi sovietiche, carica di missili a testata nucleare, per decisione di Nikita Kruscev, marcia verso Cuba; il Presidente degli Stati Uniti John Kennedy è pronto a reagire a questa provocazione: potrebbe scoppiare la terza guerra mondiale, che certamente sarebbe stata una guerra atomica.
Papa Giovanni non ha un momento di esitazione: si mette in mezzo alle due grandi potenze e, dopo una notte di febbrili contatti con Washington e Mosca, annuncia la pace fatta. Tutto il mondo leva un sospiro di sollievo.
Poco dopo gli viene consegnato il Premio Balzan per la Pace. Ringrazia e dice: “Spero di sentirmi dire da Gesù: beati gli operatori di pace!”.
1 aprile 1963 (meno di due mesi prima della sua morte) pubblica 1’enciclica “Pacem in Terris”, che è quasi un testamento. John Kennedy esclama: “Questa enciclica mi rende fiero di essere cattolico”,
3 giugno 1963: pronuncia le parole: “Signore, tu sai che io ti amo” e muore santamente. Quella sera, un giovane studente di Milano prende carta e penna e scrive al segretario del Papa:
“Padre, sono uno studente operaio di ventun’anni. Non ho dimestichezza coi preti, poco mi interessa la Chiesa. Nei giorni scorsi mi infastidiva il fatto che mia madre stesse ad ascoltare alla radio le notizie dell’agonia del papa. Non capivo questo dolore per un vecchio che moriva; tanto più, pensavo, che morto un papa se ne fa un altro. Senta cosa m’è successo stasera. Torno dal lavoro, stanco e desideroso di distrarmi. Mentre mi accingo a parcheggiare la mia utilitaria, vedo che in un’altra, poco distante, un mio coetaneo se ne sta con la testa abbandonata sul volante. Sospettando un malore apro di scatto lo sportello. Non è svenuto, ma piange. La radiolina accesa trasmette la notizia della morte del papa. Il ragazzo si volta verso di me, mi guarda, scende dalla macchina, mi tende le mani, balbetta: «È morto», come se dicesse: «mio padre».
Ci stringiamo la mano e basta: due estranei, in quel momento … fratelli. Mi sono trovato con gli occhi pieni di lacrime. Rientro in casa sotto il peso di un’angoscia che mi serra la gola. I miei, dimentichi della cena, stanno attaccati al televisore. Mia madre, al vedermi emozionato, stenta a credere, mentre io, riflettendomi nei suoi occhi, provo la strana sensazione di essere diventato orfano. Lei capisce, mi stringe fra le sue braccia, proprio come quand’ero bambino: una mamma comprende tante cose. Mi legge nell’ animo un misto di sentimenti inesplicabili: la sofferenza e il rimorso, il bisogno di confidenza e di tenerezza.
Padre, il giovane che non crede ai preti, che va raramente a Messa, stasera, bisognoso di perdono, si è confessato a lei, per poter lavorare anch’ io alla costruzione di un mondo più giusto, quale lo voleva lui, che era al pari di me figlio di povera gente. Sono poco praticante, è vero; ma nel fondo, mi sento cristiano e questa morte mi richiama alla vita. Adesso lo so, papa Giovanni, senza che me ne accorgessi, mi era entrato pian piano nel cuore.
Giancarlo Zizola recentemente, mentre scriveva una biografia di Giovanni XXIII, si è fermato commosso ed ha esclamato: “Se è esistito Papa Giovanni, Dio c’è!”.
Si dovrebbe dire anche di ciascuno di noi!
È l’impegno e l’augurio che cordialmente vi lascio.
Angelo Cardo Comastri
Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano
Arciprete della Basilica Papale di San Pietro