Commemorazione dei fedeli defunti

DIOCESI DI TRIESTE

 

Commemorazione dei fedeli defunti

 

+Giampaolo Crepaldi

Arcibescovo-Vescovo

Cimitero di Sant’Anna, 1 novembre 2011

 

 

 

Carissimi fratelli e sorelle,

 

               dopo aver celebrato la Solennità di tutti i Santi, la liturgia della Chiesa ci invita a commemorare tutti i nostri defunti. Tra le due ricorrenze liturgiche esiste uno stretto rapporto: entrambe sono la proclamazione di una fede che travalica i confini visibili e che unisce i credenti in Dio attualmente viventi, con i santi e con tutti coloro che hanno già terminato il corso terreno della loro esistenza.

1.            Carissimi, oggi è il giorno della preghiera per i defunti: non solo per i nostri cari, ma per tutti i fedeli defunti. La preghiera per i defunti costituisce un sublime gesto di carità. Pregare per i defunti, ricorda la sacra Scrittura “è un’azione molto buona e nobile, suggerita dal pensiero della risurrezione” (2Mac 12,43). Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna che“coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati…vengono sottoposti, dopo la morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo” (n. 1030). La preghiera di noi credenti, ancora pellegrini su questa terra, insieme alle elemosine e alle indulgenze, costituisce un potente mezzo per aiutare i defunti in questa intima purificazione della loro persona, affinché possano giungere alla visione del Volto di Dio. San Giovanni Crisostomo affermava che pregare per i defunti significa “recare loro conforto”. E’ dunque lodevole il nostro pregare oggi e tutti i giorni per le anime dei nostri defunti, soprattutto mediante la partecipazione alla s. Messa, la preghiera di suffragio per eccellenza.

2.            Oggi vuole essere anche un giorno di meditazione sul senso della nostra vita e sul senso del nostro morire. Voltaire diceva che il pensiero della morte serve solo ad avvelenare la vita. Altri erano del parere che la morte è un argomento banale poiché essa sussisterà quando noi non ci saremo più. Altri hanno consigliato di vivere come se si dovesse morire subito, e di pensare come se non si dovesse morire mai. Heidegger affermava che coloro che nascono sono già abbastanza vecchi per morire. Ai nostri giorni, la civiltà dell’apparenza e del consumo tende a nascondere la morte, a truccarla per renderla estranea o irriconoscibile. Un tempo, il morente non era privato della sua morte. Era lui a presiederla. Oggi, invece, la morte viene camuffata. La mancata considerazione del senso della morte comporta il rischio di non capire a fondo il senso  della vita. La Commemorazione dei fedeli defunti ci costringe, in qualche modo, a meditare e a riflettere sulla vita. Media vita in morte sumus, si diceva nel Medio Evo, per non dimenticare l’approdo inevitabile di ogni vita umana; e si continuava: media morte in vita sumus, per rischiarare la speranza cristiana nella vita eterna. In realtà, alla domanda usuale: la morte, e poi? bisognerebbe sostituirne un’altra: la morte, e prima? E’ infatti la morte che fa capire la vita, così come la fine fa capire l’origine. Per noi cristiani, poi, è la morte di Cristo, seguita dalla risurrezione gloriosa, che fa capire la nostra morte e la nostra vita. Gesù Cristo, secondo la bella espressione di Clemente Alessandrino, ha cambiato l’occidente in oriente, ha trasformato la morte in qualcosa di buono, in quanto essa diventa per noi inizio e via di un cambiamento verso il meglio.

3.            Carissimi fratelli e sorelle, il Nuovo Testamento chiama il modo di morire, illuminato dalla morte e dalla risurrezione di Cristo, la morte “nel Signore”, che conduce alla beatitudine e che diventa essa stessa beatitudine: “beati i morti che muoiono nel Signore, sin da ora” (Ap 14, 13). La tradizione cristiana chiama questo stesso modo di morire nel Signore il dies natalis, giorno della nascita a una nuova forma di vita, che non sarà più insidiata dalla morte e che costituisce la situazione definitiva in Cristo. E’ Cristo, dunque, che, morto e risorto per noi, ci viene incontro e ci conduce là dove noi non abbiamo esperienza ma solo speranza. La morte di Gesù viene interpretata dagli evangelisti come una “consegna nelle mani del Padre” (Lc 23, 46), come un “andare al Padre” (Gv 14, 2; 16, 7), come “offerta” e “compimento” (Gv 19, 30). Proprio in considerazione di quest’opera di salvezza compiuta nella morte e nella risurrezione da Cristo, il discepolo di Gesù è invitato a “morire con Cristo” (Rm 6, 3.4), al fine di risuscitare con lui. Cristo, mediante la sua vittoria sulla morte, ne ha mutato il senso: da ricompensa del peccato, quale essa è a motivo della nostra solidarietà con Adamo (Rm 6, 23), diventa un avvenimento di salvezza, in considerazione della nostra solidarietà con il Cristo. Vogliamo allora pregare: “Ascolta, o Dio, la preghiera che la comunità dei credenti innalza a te nella fede del Signore risorto, e conferma in noi la beata speranza che insieme ai nostri fratelli defunti risorgeremo in Cristo a vita nuova”. Così sia.