1 novembre | Solennità di Tutti i Santi

DIOCESI DI TRIESTE

SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI

+ Giampaolo Crepaldi

Cattedrale di San Giusto, 1 novembre 2013

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Cari fratelli e sorelle, rallegriamoci tutti nel Signore!

1.           E’ con questa gioiosa esortazione che si è aperta la nostra celebrazione eucaristica, celebrazione che ci invita a fare grata memoria di tutti i santi, condividendone il gaudio celeste ed assaporandone la gioia. Sbagliando, riteniamo che i santi siano una ristretta casta di eletti. Non è così: essi sono una folla senza numero, verso la quale la celebrazione odierna ci esorta a levare lo sguardo. A comporre questa folla non ci sono soltanto i santi ufficialmente riconosciuti, ma i battezzati di ogni epoca e nazione, che hanno cercato di compiere la volontà divina con amore e fedeltà. Non conosceremo mai le fattezze del loro volto, né i loro nomi, anche se con gli occhi della fede li vediamo risplendere nel firmamento di Dio, come stelle piene di luce. La prima lettura presa dal libro dell’Apocalisse ce li descrive, infatti, come “una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua” (Ap 7, 9). Questo popolo comprende i santi dell’Antico Testamento, a partire dal giusto Abele e dal fedele Patriarca Abramo, quelli del Nuovo Testamento, i numerosi martiri dell’inizio del cristianesimo come il nostro patrono San Giusto e i beati e i santi dei secoli successivi, sino ai testimoni di Cristo di questa nostra epoca come il nostro Beato don Francesco Bonifacio. Li ha accomunati tutti la volontà di incarnare nella loro esistenza il Vangelo di Gesù.

2.           Carissimi fratelli e sorelle, i santi sono un esempio di vita cristiana e di santità anche per noi. Riprendendo quanto abbiamo ascoltato dall’apostolo Giovanni nella seconda lettura (1Gv 3, 2-3), possiamo dire che i Santi furono coloro che hanno vissuto come Figli di Dio, cercando di purificare la loro vita per assimilarla a quella del Signore Gesù. Come scrisse il grande teologo svizzero von Balthasar: “La santità è sempre un’apertura di breccia verso l’origine, verso la sequela immediata e personale di Cristo” (Nuovi punti fermi, Jaca Book, Milano 1980, p. 283). Dall’intima unione con Cristo, il cristiano che percorre la strada della santità riceve la grazia per vivere eroicamente la fede, la speranza e la carità. Comprendiamo così che cosa significhi l’affermazione di Gesù: “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”. La santità pertanto esige di fare spazio nel proprio cuore a Gesù Cristo per essere, in tutto e per tutto, assimilati a lui. I Santi sono coloro che sono stati folgorati da Dio, lo hanno incontrato e nulla hanno desiderato di più del vivere totalmente immersi in lui, con lui e per lui. Questo è il senso della beatitudine e quindi della santità. Sul volto dei Santi risplende la gloria di Dio come ricorda San Paolo scrivendo ai Corinti: “Noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore” (2Cor 4, 18).

3.           Carissimi fratelli e sorelle, non solo qui nella nostra Cattedrale ma anche in quasi tutte le chiese di Trieste, c’è un luogo deputato alla conservazione e alla venerazione delle reliquie dei santi. Alcuni, figli dello scientismo e razionalismo dei nostri tempi, sbagliando, giudicano la prassi della Chiesa di custodire le reliquie come un retaggio di superstizioni da combattere. Per noi cristiani non è così: quel luogo e quella prassi sono la testimonianza viva e palpitante della feconda maternità della Chiesa che continua a generare santi e sante. A questo riguardo, il grande scrittore cattolico Alessandro Manzoni, in un suo componimento poetico dedicato a tutti santi, ci sollecitò a fissare il nostro sguardo sulla Chiesa che descrisse come la”madre dei santi, immagine della città superna”, una madre che manifesta la sua bellezza di sposa immacolata di Cristo, quale sorgente e modello di ogni santità. Certo, a questa madre non mancano figli e figlie che vivono nel peccato o nella ribellione, ma è nei santi che essa riconosce i tratti caratteristici della sua maternità, e proprio in loro assapora la sua gioia più profonda. Conservare e venerare le reliquie dei Santi e dei Martiri, reliquie importanti e significative come quelle della nostra Cattedrale, ci sprona a intraprendere anche noi, senza tentennamenti, la strada della santità, consapevoli che i santi “sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello” (Ap 7, 14). Le reliquie di San Giusto, in modo particolare, conservate nella cappella accanto all’altare maggiore, ci ricordano che siamo chiamati a donare la nostra vita per Cristo fino al martirio, come Lui ha donato la sua per noi nel mistero santificante della sua crocifissione gloriosa, segno insuperato e insuperabile di ogni grazia e di ogni salvezza.

4.           Carissimi fratelli e sorelle, anche noi – e non dobbiamo mai dimenticarlo -, siamo destinati a far parte della moltitudine immensa di Santi perché come battezzati siamo chiamati a percorrere la strada della santità. L’universale chiamata alla santità, infatti, è uno dei temi che il Concilio Vaticano II, di cui stiamo celebrando il cinquantesimo anniversario dell’apertura, ha riproposto con grande forza all’attenzione della comunità ecclesiale (cfr Lumen gentium 39-42). Sulla stessa linea, il Santo Padre Francesco ce lo ha ricordato anche recentemente, offrendoci una stimolante risposta alla domanda: come posso io – che mi sento debole, fragile, peccatore – intraprendere la strada della santità? Questa la risposta del Papa: “Dio ti dice: non avere paura della santità, non avere paura di puntare in alto, di lasciarti amare e purificare da Dio, non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. Lasciamoci contagiare dalla santità di Dio. Ogni cristiano è chiamato alla santità (cfr Cost. dogm. Lumen gentium, 39-42); e la santità non consiste anzitutto nel fare cose straordinarie, ma nel lasciare agire Dio. E’ l’incontro della nostra debolezza con la forza della sua grazia, è avere fiducia nella sua azione che ci permette di vivere nella carità, di fare tutto con gioia e umiltà, per la gloria di Dio e nel servizio al prossimo. C’è una celebre frase dello scrittore francese Léon Bloy; negli ultimi momenti della sua vita diceva: «C’è una sola tristezza nella vita, quella di non essere santi». Non perdiamo la speranza nella santità, percorriamo tutti questa strada. Vogliamo essere santi? Il Signore ci aspetta tutti, con le braccia aperte; ci aspetta per accompagnarci in questa strada della santità. Viviamo con gioia la nostra fede, lasciamoci amare dal Signore… chiediamo questo dono a Dio nella preghiera, per noi e per gli altri”.

Carissimi fratelli e sorelle, eleviamo a Dio il nostro ringraziamento per aver donato alla sua Chiesa tanti santi, uomini e donne virtuosi nella fede ed eroici nella carità, e chiediamo alla Madonna nostra Madre celeste di aiutarci a seguirne le orme per poter vivere anche noi, sorretti dalla grazia divina, un autentico e fruttuoso cammino di santità.