Giovedì Santo | Messa Crismale

DIOCESI DI TRIESTE

 

MESSA CRISMALE

+ Giampaolo Crepaldi

Cattedrale di San Giusto, 28 marzo 2013

 

 

 

1.           Eccellenze rev.ssime, dragi sobratje v duhovništvu, carissimi fratelli nel sacerdozio, Diaconi, Religiosi e Religiose, carissimi fratelli e sorelle che partecipate alla Messa Crismale, durante la quale saranno benedetti gli oli e il crisma, segni della santità che si diffonde nel corpo della Chiesa attraverso i sacramenti, a tutti giunga il salutare monito dell’antifona d’ingresso di questa celebrazione: “Gesù Cristo ha fatto di noi un regno e ci ha costituiti sacerdoti per il suo Dio e Padre; a lui gloria e potenza nei secoli dei secoli” (Ap 1,6). Con la benedizione dell’olio dei catecumeni e degli infermi e con la consacrazione del crisma, infatti, sgorga una sorgente di santità e di grazia capace di rinnovare la nostra Chiesa diocesana e renderla pronta a diffondere nel mondo il buon profumo di Cristo. E a Gesù Cristo ci invitano a rivolgere il nostro sguardo, con devota concentrazione spirituale, le parole dell’apostolo Giovanni, riportate nella seconda lettura: “Grazie a voi e pace da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra”. Questo saluto era rivolto alle sette Chiese che erano in Asia. L’apostolo, prigioniero nell’Isola di Patmos, rapito in estasi nel giorno del Signore, vede sette candelabri d’oro e, in mezzo ad essi, uno simile a figlio d’uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro; il suo volto somigliava al sole quando splende in tutta la sua forza (cf Ap 1,12-13,6). Si tratta di una potente e straordinaria visione della Chiesa: un unico altare, un solo presbiterio attorno al vescovo, in adorazione del Signore, vivo e presente.  Sì! Il Signore è presente nella sua Chiesa che prega, che ascolta e annuncia a tutti il Vangelo della salvezza, che celebra l’Eucaristia e regge e governa il popolo santo di Dio, che si mette il grembiule per servire i fratelli poveri e nel bisogno, che pellegrina anela alla patria celeste, al paradiso eterno. Cristo è il grande sacerdote che ha attraversato i cieli e sa compatire le nostre infermità (cf Eb 4,14-15); che possiede un sacerdozio eterno che non tramonta (cf Eb 7,24). Cristo è entrato una volta per sempre nel santuario, non col sangue di capri e di vitelli, ma col proprio sangue (cf Eb 9,19); egli con un’unica oblazione ha reso perfetti per sempre quelli che vengono purificati (Eb 1,14).

2.           Carissimi, fissare, in questa santa Settimana, il nostro sguardo su Gesù è quanto mai opportuno: a questo siamo indirizzati dall’Anno della fede voluto da Papa Benedetto XVI e nel mentre la nostra Chiesa celebra il V Sinodo diocesano, il Sinodo della fede. La fede nel Signore, fede da annunciare e da celebrare, soprattutto per noi sacerdoti, è e resta il tratto caratterizzante il nostro ministero pastorale. Ma, prima di essere tale, la fede ci deve riguardare e interpellare personalmente. Credo? Credo fino in fondo? Fino a che punto è giunta l’accoglienza del Signore nella mia vita? Che rapporto ho con il Signore Gesù? Se vissuta integralmente, se accolta intimamente e con il cuore sgombro dal peccato, se costantemente alimentata dalla preghiera e dalla celebrazione dei sacramenti dell’Eucaristia e della Confessione, se confortata e conformata all’obbediente accettazione del Magistero della Chiesa, se condivisa con il Vescovo e con i fratelli nel sacerdozio e con tutto il popolo di Dio, la fede, quella che ha le sue radici e i tratti della nostra esperienza personale, sarà capace di vivificare con una straordinaria e dirompente carità pastorale tutto il nostro ministero presbiterale.  Il Santo Padre Francesco, in uno dei suoi primi ed efficacissimi interventi, quello rivolto ai confratelli cardinali che lo avevano scelto per il ministero petrino, affermò: “Stimolati anche dalla celebrazione dell’Anno della fede, tutti insieme, Pastori e fedeli, ci sforzeremo di rispondere fedelmente alla missione di sempre: portare Gesù Cristo all’uomo e condurre l’uomo all’incontro con Gesù Cristo Via, Verità e Vita, realmente presente nella Chiesa e contemporaneo in ogni uomo. Tale incontro porta a diventare uomini nuovi nel mistero della Grazia, suscitando nell’animo quella gioia cristiana che costituisce il centuplo donato da Cristo a chi lo accoglie nella propria esistenza”. In questa salutare prospettiva, ritengo opportuno che si curi, anzitutto per noi sacerdoti, una pastorale della fede, nutrita di Sacra Scrittura e di tutti quegli strumenti che la Tradizione della Chiesa ci ha donato in questi anni del dopo Concilio, dai suoi documenti fondanti al Catechismo della Chiesa cattolica, alle Note teologiche e al ricco Magistero Pontificio. Ma questo richiede la volontà di ritenersi sempre bisognosi di approfondire e vivere la fede sia sotto il profilo dei contenuti teologici e sapienziali, sia sotto quello della loro comunicazione all’uomo di oggi, sia sotto quello decisivo della testimonianza individuale e comunitaria.

3.           Carissimi, l’evangelista Luca, nel brano del Vangelo che è stato proclamato, racconta come gli astanti guardino a Gesù con attenzione piena di attesa: «Gli occhi di tutti erano fissi su di lui» (Lc 4,20). Questo sguardo, questo “faccia a faccia” con Cristo, va ricercato con assiduità quotidiana da ognuno di noi, perché è la condizione di ogni rinnovamento personale, di ogni impresa pastorale e per coltivare l’autentica forma delle relazioni ecclesiali. Diventa così, anche l’espressione potente della gioia di essere ministri ordinati di Cristo sacerdote, di essere un presbiterio vitale che, nel rispetto della fisionomia di ciascuno, si dona in unità per il bene del popolo di Dio che gli è stato affidato.  E’ anche l’espressione del primo servizio che siamo chiamati ad offrire al popolo di Dio: la carità della nostra santità. In un libretto che ho voluto sia stampato per questo Giovedì santo per essere poi consegnato ai sacerdoti della Diocesi, libretto che raccoglie testi inediti scritti durante Esercizi e Ritiri spirituali, il Beato don Francesco Bonifacio annotò: “Il sacerdote deve rispecchiare Gesù… Se non edifica distrugge. …egli deve continuamente ispirare santità. Come è il sacerdote, così il popolo”.  Parole illuminanti che ci dicono che il popolo di Dio ha bisogno e reclama presbiteri santi, che facciano della preghiera e della contemplazione la testimonianza visibile del loro amore per Cristo. Abbiamo a disposizione la fonte prima della santità: l’Eucaristia, la Liturgia delle ore e la preghiera. La preparazione e la cura della liturgia ne sono la via maestra. La liturgia soprattutto ripaga sempre quando è celebrata con fedeltà ed obbedienza alla Chiesa e spirito di umile servizio. Lex orandi, lex credendi, ripetevano i Padri della Chiesa indicando uno dei criteri fondamentali della professione di fede che, dalle labbra, penetra nel cuore e si traduce in una vita santa. Vita, che anche nelle sue manifestazioni esteriori e pubbliche, va vissuta santamente come espressione dell’interiore adesione a Cristo che ci rende costantemente prudenti a non irretire il nostro sacerdozio con pratiche troppo mondane, come capita talvolta con un uso poco consono al nostro stato dei mezzi che la moderna tecnologia ci mette tra le mani, come internet, i social networks, i messaggini… La fede in Cristo ci deve portare a conformare tutto di noi e sempre alla lex fondamentale di ogni vita cristiana, a quella lex orandi et credendi che altro non è che la lex sanctitatis.

4.               Carissimi, a dare forza e vigore alla lex sanctitatis, c’è in primo luogo la preghiera del popolo di Dio per i suoi sacerdoti. E’ questo il buon esempio che ha dato il Santo Padre Francesco che ha iniziato il suo ministero pregando con il popolo e chiedendo la preghiera del popolo. Alle promesse che i presbiteri tra poco rinnoveranno si accompagni dunque la costante preghiera dell’intero popolo di Dio per ciascuno di loro e per il Vescovo, affinché la loro testimonianza di santità, di unità e di amicizia sia di esempio per tutti, quale via privilegiata perché il mondo creda in Cristo. In questo contesto, ringraziamo di cuore il Signore ed esprimiamo la nostra riconoscenza a S. E. Mons. Ravignani per i suoi trent’anni di episcopato e ai presbiteri che celebrano i loro giubilei e a quelli anziani e malati, per il loro servizio generoso e fedele svolto in tanti anni alla Diocesi e per l’offerta della loro preghiera e delle loro sofferenze a vantaggio della nostra Chiesa. Rivolgiamo anche un saluto e ricordiamo i sacerdoti fidei donum e quelli che prestano il loro ministero fuori Diocesi, che in questo giorno sentiamo particolarmente uniti al nostro presbiterio, del quale sono parte viva ed eletta. Affidiamo alla misericordia del Signore anche i confratelli che ci hanno lasciato e che continueremo a ricordare nella preghiera del suffragio cristiano: don Tiziano Barbato; don Luciano Giudici; Mons. Ermanno Bisiacchi; don Dario Pavlovich.  Nel prossimo mese di aprile mi recherò a Roma per la tradizionale Visita ad limina. In vista di questo solenne e impegnativo pellegrinaggio sono a chiedere la preghiera di tutta la Diocesi. La Visita ad limina sarà un’occasione propizia e unica per confermare sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo e nell’incontro con il Papa, la fede della nostra Chiesa tergestina e la sua fedeltà alla divina vocazione ad essere, tra gli uomini e le donne di Trieste, la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Carissimi, imploriamo infine l’intercessione dei nostri santi Patroni e affidiamo alla Madonna i nostri impegni, chiedendo di essere aiutati a sostenere ogni giorno la nostra risposta all’amore di predilezione con cui Cristo ci ha scelti ad essere suoi discepoli e suoi apostoli. Amen!