“Il lavoro un bene per tutti” | Presentata alla Cattedra di San Giusto la nota del Consiglio Pastorale diocesano

 Diocesi di Trieste

  

  CONSIGLIO PASTORALE DIOCESANO

 IL LAVORO UN BENE PER TUTTI

 

NOTA

 1.                 Con la presente Nota, il Consiglio Pastorale Diocesano intende partecipare la sua solidale attenzione al mondo del lavoro che opera nel territorio di Trieste, condividendo le profonde aspirazioni alla giustizia e allo sviluppo che da sempre lo caratterizza. La difficile situazione che vive sollecita una domanda di orientamento e di speranza. Rilevazioni recenti[1] convergono nel delineare una sostanziale ambivalenza del quadro economico triestino: accanto a qualche segnale positivo, si possono constatare serie difficoltà sulla tenuta complessiva dell’occupazione e, soprattutto, sull’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. A questo riguardo, il Santo Padre Benedetto XVI ci ammonisce: “Rispetto a quanto accadeva nella società industriale del passato, oggi la disoccupazione provoca aspetti nuovi di irrilevanza economica e l’attuale crisi può solo peggiorare tale situazione. L’estromissione dal lavoro per lungo tempo, oppure la dipendenza prolungata dall’assistenza pubblica o privata, minano la libertà e la creatività della persona e i suoi rapporti familiari e sociali con forti sofferenze sul piano psicologico e spirituale” (Caritas in Veritate, n.25).

 

2.           In questo preoccupante contesto, il Consiglio Pastorale Diocesano fa propria l’urgenza di riscrivere il patto di cittadinanza espressa dal nostro Vescovo nell’Omelia per la Festa di San Giusto. Trieste ha un grande bisogno di speranza, ha bisogno di ricuperare la capacità di progettare il suo futuro nel segno dello sviluppo. “Se rinnovato nel segno del bene comune, il patto di cittadinanza avrà i suoi benefici effetti sul delicato momento che vive il mondo del lavoro qui a Trieste, dove significative realtà produttive … sono entrate in un pertugio buio dove è venuta a mancare la luce del futuro”. Le preoccupazioni che scaturiscono dall’analisi della crisi in atto nel nostro territorio sono stringenti, per il rischio di scivolamento nella fascia di vulnerabilità e di povertà di un crescente numero di famiglie e di persone. Tali rischi richiedono che la comunità civile, le imprese e le istituzioni politiche intensifichino il dialogo reciproco per individuare le possibili soluzioni, necessarie per evitare situazioni peggiori. Dialogo, solidarietà civile e coesione istituzionale sono oggi gli elementi indispensabili per dare valore al patto di cittadinanza, per promuovere lo sviluppo e per guardare al futuro con fiducia.

 

3.           La crisi non può essere adeguatamente affrontata se le soluzioni per risolverla non partono da precisi principi e valori morali: il rispetto della dignità di ogni persona e il riconoscimento della sua centralità; il perseguimento del bene comune; un operare sostanziato di spirito solidale; il coinvolgimento responsabile della società civile nella prospettiva delineata dal principio di sussidiarietà; una rinnovata considerazione della giustizia. In particolare, desideriamo ricordare che il lavoro è un diritto fondamentale ed è un bene per l’uomo[2], perché esso è necessario per la realizzazione della persona, per mantenere una famiglia[3]; per avere diritto alla proprietà[4], per contribuire al bene comune della famiglia umana[5]. Il lavoro è un bene di tutti, che deve essere disponibile per tutti. La «piena occupazione» è, pertanto, un obiettivo doveroso per ogni ordinamento economico orientato alla giustizia e al bene comune. Inoltre, famiglia e lavoro, così strettamente interdipendenti nell’esperienza della grande maggioranza delle persone, meritano un’attenzione molto alta che li comprenda insieme, senza i limiti di una concezione privatistica della famiglia ed economicistica del lavoro.

 

4.           Per superare la crisi tutti devono fare la loro parte con senso di responsabilità sociale: le attività imprenditoriali e artigianali chiamate a investire con più coraggio; il mondo bancario chiamato ad essere maggiormente attento alle esigenze del credito per le attività produttive; il sistema scolastico che deve essere più in sintonia con il mondo produttivo; coloro che ricoprono ruoli istituzionali, chiamati a custodire e a coltivare un patrimonio straordinario di antiche e nuove professionalità; i lavoratori stessi che, nei momenti difficili della nostra città, devono dar valore alla sua consistenza civile; la società civile più operosa e attenta ai bisogni del prossimo, soprattutto a quello in difficoltà; le nostre famiglie che sono la vera pietra angolare di ogni sviluppo sociale. Teniamo presente che, con tutta probabilità, la crisi comporterà un mutamento profondo e sostanziale degli attuali equilibri e assetti economici, politici, sociali.

Non si tratta solamente di una congiuntura economica particolarmente sfavorevole, ma di un profondo e generale cambio di paradigma culturale che trasformerà il senso e la direzione di quello che è stato fino ad ora il modello del nostro sviluppo.

 

5.           Il compito della Chiesa non è quello di fornire le soluzioni tecniche ai problemi, ma di proporre il messaggio di salvezza e di amore lasciatole in eredità dal suo Signore Gesù Cristo. Questo messaggio impegna prima di tutto la nostra Chiesa diocesana e le nostre comunità parrocchiali chiamate a coltivare e promuovere il senso profondo di prossimità che deve caratterizzare ogni cristiano nei confronti delle famiglie e di quanti soffrono – soprattutto i giovani – per mancanza di lavoro, di modo che nessuno debba sentirsi abbandonato. Con la prossimità le nostre comunità cristiane devono coltivare il senso della fiducia e della speranza. Il Santo Padre Benedetto XVI, nella Caritas in veritate, ci sollecita a guardare alla crisi con gli occhi della fiducia e non della rassegnazione e ci indica le strade migliori per affrontarla: “La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente” (n. 21).

 

S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi, Vescovo di Trieste, ha deciso che la presenta Nota venga resa pubblica e usata nell’attività pastorale della Diocesi.

 

Trieste, 25 novembre 2012

Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo.

 



[1] Demos, Il Nordest tra vecchio e nuovo anno, 28 dicembre 2010; Demos, Il Nordest e la crisi economica, 1 marzo 2011; Fondazione Nordest, Analisi e commenti 4/2010; Demopolis, La difficile scommessa del futuro dei giovani, 17 dicembre 2010; Datagiovani, Disoccupazione giovanile a Nordest, 18 febbraio 2011; Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Programma anticrisi della Regione. Misure a tutela e a sostegno dell’occupazione sul territorio regionale, aggiornamento al 31 dicembre 2010; Regione Veneto, Linee guida per l’applicazione degli ammortizzatori sociali in deroga anno 2011, 7 dicembre 2010; ISTAT, Le famiglie con stranieri. Indicatori di disagio economico, 28 febbraio 2011.

[2] Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 26; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 9.18; Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali (25 aprile 1997), 3; Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 8.

[3] Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 10.

[4] Cfr. Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 14; Id., Lett. enc. Centesimus annus, 31.

[5] Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 16.