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Centenario della nascita del Beato don Francesco Bonifacio

Martedì 11 settembre, in occasione della memoria liturgica del Beato don Francesco Bonifacio, alle ore 18.30 presso la chiesa della Beata Vergine del Soccorso (Sant’Antonio vecchio), il Vicario Generale mons. Pier Emilio Salvadè presiederà la Celebrazione eucaristica per la memoria del Beato Francesco nella ricorrenza del centenario della sua nascita.

Riportiamo di seguito l’articolo redatto da mons. Malnati e pubblicato dal settimanale Vita Nuova del 31.08.2012

Sacerdote fedele ed educatore tenace offrì ai giovani un modello di santità

Il 7 settembre 1912 nasceva a Pirano d’Istria il Beato don Francesco Bonifacio, uomo di carattere mite e riservato, cristiano pio e gioioso e pastore generoso e zelante, sacerdote consapevole di essere ripresentatore per il Popolo dell’opera di Cristo sacerdote e vittima.

La Chiesa il 4 ottobre 2008 nella Cattedrale di San Giusto, dove egli fu ordinato presbitero dal Vescovo Santin, lo ha proclamato Beato, riconoscendo così la santità di vita e il suo martirio.

La Chiesa tergestina che lo ha avuto quale suo presbitero lo ha proposto alla Chiesa cattolica tutta che lo ha annoverato tra i Beati proponendolo come modello e intercessore soprattutto per la nostra Chiesa e la Chiesa di Capodistria e di Parenzo-Pola.

Mentre la nostra Chiesa si sta predisponendo all’apertura del V Sinodo diocesano sul tema della fede, penso sia una grande opportunità, nel centenario della nascita del Beato don Francesco Bonifacio, richiamare l’importanza del suo impegno pastorale nell’annunciare ciò che la Chiesa ci insegna del grande dono della fede.

Don Francesco pose tra gli obiettivi della sua pastorale nella Curazia di Villa Gardossi la formazione dei giovani secondo il metodo dell’allora nascente Azione cattolica, attraverso la catechesi e l’iniziazione sacramentale e alla santificazione della Domenica.

Fu proprio questo metodo pastorale, fatto di preghiera e conoscenza della fede cristiana, che fece presa tra i giovani di quella plaga del Buiese. La sua povera abitazione e la sua chiesetta di Villa Gardossi erano punti fermi per la gioventù in quegli anni difficili a causa di quella ostilità manifestata nei confronti della Chiesa, dei simboli e dei valori cristiani.

Don Francesco ha bisogno di essere conosciuto attraverso quei suoi quaderni dove egli scriveva le sue catechesi, i ritiri spirituali, le omelie della Domenica e ciò che i suoi fedeli ricordano o hanno tramandato della sua testimonianza di prete che ha cercato, in primo luogo, il Regno di Dio e la sua giustizia.

La sua vita pastorale così attenta a raggiungere le persone che vivevano nei vari casolari per la visita agli ammalati e anziani ma anche per un po’ di catechismo ai ragazzi che erano impegnati con i genitori nei campi fu individuata dai suoi “carnefici” come il luogo sicuro dove trovarlo impegnato nel suo ministero e tendergli quell’agguato che poi lo porterà al martirio.

Questa attenzione alla cura di quei fedeli a lui affidati perché la loro fede non venisse meno in quei momenti difficili (come furono quelli delle popolazioni istriane negli anni quaranta e cinquanta) indusse don Francesco a non lasciare, come fecero altri, il suo gregge. Chiese al Vescovo Santin il da farsi. Il Vescovo, pur lasciandolo libero di decidere gli disse: “Io resterei”. Gli rispose sereno: “Era quello che volevo sentirmi dire” – scrive nel suo diario. E così fece per amore di Dio e della sua Comunità.

Ma da dove attingeva questa fortezza, lui così mite e semplice? Dalla sua fede e dalla sua vocazione, entrambe alimentate dalla celebrazione eucaristica desiderata e vissuta con la consapevolezza di essere anch’egli “offerente e offerta” per essere per i credenti il pastore che non abbandona il gregge anche a rischio della vita.

Ben sapevano gli oppositori del nome cristiano venduti- si a ideologie violente, che l’opera di don Francesco faceva presa nell’animo dei giovani che loro volevano attirare nelle loro fila.

Era dunque loro obiettivo eliminare il prete di Crassiza (Villa Gardossi)! Percosso o ucciso il Pastore “il gregge si sarebbe disperso”. In odium fidei fu martirizzato il Beato don Francesco.

Il gregge ha sofferto. Alcuni sono rimasti nel territorio della Curazia di Villa Gardossi, altri hanno preso la via dell’esodo, ma l’opera di don Francesco e la fede del “granello di senape” è viva e su quell’arbusto “gli uccelli dell’aria si posano sui suoi rami”.