2 febbraio Giornata per la Vita Consacrata

Giovedì 2 febbraio, alle ore 18.30 presso la Cattedrale di San Giusto, l’Arcivescovo mons. Giampaolo Crepaldi presiederà la Celebrazione eucaristica in occasione della Giornata per la Vita Consacrata.

Di seguito riportiamo la riflessione di p. Roberto Marini, Vicario episcopale per la Vita Consacrata, sulla Nota pastorale “Eucaristia. Gesù vivo e presente“, pubblicata da Vita Nuova il 27 gennaio 2012.

L’Eucaristia, segno dell’amore di Cristo e principio dinamico della Vita Consacrata

La Vita Consacrata nasce come desiderio di vivere il Vangelo nella sua bellezza. È una vocazione, come il matrimonio, ad una esperienza d’amore: l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie … L’uomo è il Figlio dell’Uomo, Gesù, che “lascia” il Padre e lo Spirito Santo per unirsi alla Sposa. Quante pagine della Scrittura dicono lo struggimento dello Sposo per la sua Sposa! Ed è questo aspetto che sottolinea il nostro Arcivescovo nella Nota pastorale, nel presentare il rapporto sponsale tra Cristo e la Chiesa
«L’Eucaristia, sacramento sponsale, è segno espressivo dell’amore con cui Cristo ama la Chiesa, sua Sposa, e la unisce a sé, al suo mistero di morte e risurrezione sulla croce» (n. 4d).
Non si può capire, né spiegare la Vita Consacrata senza partire dal Cuore innamorato di Gesù per me, e dal mio cuore che, timidamente, si apre e gli dice “si”.
I Consigli Evangelici sono un dialogo “cuore a cuore” dove il mio innamorato mi insegna l’amore. Povertà: “Non preoccuparti penso io a te”; castità: “Tu sei mia”; obbedienza: “Fidati di me”. Il consacrato viene introdotto nella cella vinaria, nel castello interiore, in una intimità dove tutto è sacro: non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo! Perché tutto parla dell’Amato.
È una nuova famiglia, in cui il Consacrato entra a far parte. Fosse anche la solitudine dell’eremita. Il Consacrato è membro vivo di una famiglia nata non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio, opera dello Spirito Santo: Congregavit nos in unum Christi amor. Sedotti dalla sua bellezza — mi ha sedotto e io mi sono lasciato sedurre — uniti dalla sua amicizia — io vi ho chiamato amici — sotto la protezione di Maria — donna ecco tuo figlio.
Questa è la premessa per poter dire la bellezza della Vita Consacrata e chiedere continuamente perdono della nostra povertà umana: O abisso di carità! Qual cuore non si sentirà gonfio di commozione al vedere tanta altezza discesa a tanta bassezza, cioè alla condizione della nostra umanità? Quale il motivo? Certo l’amore.
Amore che ci trova infinitamente mancanti verso Lui, che per il grande amore con il quale ci ha amati ci ha donato la sua vita, e verso il mio prossimo, infatti nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.
La comunione, che si manifesta nella vita comunitaria, è una duplice testimonianza: miracolo dell’opera dello Spirito Santo, da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri; ma anche cammino di continua conversione: Amerai il Signore tuo Dio e il tuo prossimo come te stesso.
Conversione significa donare il cuore a Dio e al “fratello”. L’Eucaristia è il momento di massima densità della Vita Consacrata. Come l’attimo prima del Big Bang, in cui tutto l’Universo è concentrato in un punto e da lì, l’attimo dopo, dilagherà in tutte le direzioni. Se la comunità religiosa è l’immagine visibile del collegio apostolico unito attorno a Gesù, il momento cruciale diventa quell’Ultima Cena dove ci dona se stesso.
Il matrimonio tra Gesù e il cristiano — e il consacrato — si celebra nel pane e nel vino, Corpo e Sangue che Gesù stesso mi offre; e si consuma sulla Croce, consummatum est, nel dono della sua vita per me. La Vita Consacrata senza Eucaristia è una vita da “vedove” o, peggio, da “adultere”, come tante volte rimprovera la Scrittura (cfr. Ez 16).
Se il Cantico dei Cantici è il libro che descrive il cuore della Vita consacrata, l’Eucaristia ne è la realizzazione. La celebrazione eucaristica colloca il Consacrato in dialogo col Padre. Direttamente, nel sacerdote; nel sacerdote, l’assemblea. È la preparazione all’incontro con il promesso Sposo, con l’Amato. L’amata con l’atto penitenziale viene purificata; rivestita dell’abito nuziale nella Liturgia della Parola; poi l’incontro nella Liturgia eucaristica che culmina nella celebrazione nuziale: il Corpo di Cristo, Amen; “sì”.
La Liturgia diviene la cura dove l’Amato mi guida passo passo nelle parole e nei gesti, chiedendomi la docilità dell’innamorata che non desidera altro che compiacerlo in tutto, affinché ne gusti la bellezza e, come S. Francesco pronunciando il nome di Gesù, ne assapori la dolcezza. Come non chiamare la Comunione “estasi”?
Se l’estasi è “uscire da sé” come definire altrimenti quando l’Amato e l’amata finalmente si incontrano? Lui è l’Infinito, il Creatore e io la creatura. È Lui che entra in me; ma non sono forse io che mi immergo e mi perdo nella sua infinità? Anche se non me ne rendo conto.
La celebrazione eucaristica non è presenza passiva o partecipazione marginale bensì, come l’Ultima Cena, è comunione con Gesù e i fratelli. Seppur inquinata dalla fragilità umana. Ciechi, incapaci di vedere in Gesù, l’Amato; stolti e lenti di cuore a credere e ad amare Gesù (che non vedo) e il fratello (che mi è accanto).
L’Eucaristia è la scuola dove reimparare ad amare, lasciandoci ferire dalle sue parole e guarire dalla sua presenza: sai che la sofferenza di amore non si cura se non con la presenza e la figura, esclamava S. Giovanni della Croce. L’Eucaristia riporta il Consacrato all’origine della sua vocazione e la rinnova.
Quando nella Professione, dopo essersi prostrato a terra, si rialza, morto, ora vivo, è una creatura nuova, rinnovata nella sua consacrazione battesimale; con un nome nuovo, come accadeva per i religiosi, e come accade da sempre nel Battesimo: cristiano. Il nome dello Sposo. La vertiginosa altezza di Dio e la miseria umana si incontrano, Creatore e creatura; il paradosso della vita cristiana, ha la sua manifestazione più evidente nella Vita Consacrata.
Chiamati alla perfezione evangelica con una natura tutt’altro che perfetta. Eppure proprio la natura umana diviene il luogo in cui Dio realizza la sua unione. La molla di questa unione non può che essere il “desiderio”. Ecco perché la Vita Consacrata con le sue regole, la vita fraterna, i voti e tutta la sua storia è il luogo in cui il desiderio si purifica da ciò che lo allontana da Gesù per rimettersi alla sequela dello Sposo.
L’Eucaristia è il perno della spiritualità della Vita Consacrata di ogni tempo. Le Visite al Santissimo, l’Adorazione Eucaristica, la Comunione Spirituale, quale spiritualità è fiorita attorno all’Eucaristia. I veri adoratori adoreranno Dio in spirito e verità, perché è lì che si gioca l’ultima partita quella che rilancia la posta più alta: tutto me stesso.
A questa necessità di una vita interiormente sana, ci richiama l’Arcivescovo, quando insegna nella Nota pastorale che «la presenza di Cristo, finalizzata al sacrificio e alla comunione, perdura anche al di là della Messa, e proprio per questo è oggetto da parte della Chiesa di un culto di adorazione, personale comunitario, che continua la partecipazione alla Messa e prepara ad essa» (n. 7).
È lì che il Consacrato viene ricondotto ogni volta che si accosta all’Eucaristia, mistero infinitamente incomprensibile alla ragione ma di una bellezza spendente per lo spirito. La preghiera, parafrasando S. Teresa d’Avila, non è allora nel molto pensare (o parlare) ma nel molto amare. Quale definizione meglio dice cosa “fare” nel momento in cui siamo davanti al Santissimo Sacramento?