Buona Pasqua di speranza!

PASQUA
RISURREZIONE DEL SIGNORE

+ Giampaolo Crepaldi
Arcivescovo-Vescovo

24 aprile 2011

Carissimi fratelli e sorelle,

1. Surrexit Christus, spes nostra! Non est in alio aliquo salus: Cristo, nostra speranza, è risorto; in nessun altro c’è salvezza (cf. Act. 4,12). Con queste parole contenute nel libro degli Atti degli Apostoli auguro a tutti una Santa Pasqua. Surrexit Christus, alleluia! Con la Pasqua, nel cuore degli apostoli, sgomenti per quanto era accaduto al loro amato Mae¬stro il Venerdì Santo, scompare la paura e sboccia la gioia. Giovanni, «rapito in estasi nel giorno del Signo¬re», cioè nella domenica, giorno della risurrezione di Cristo, in una pagina immortale dell’Apocalisse, afferma: «Ma egli (cioè il Cristo Risorto), posando su di me la sua destra, disse: “Non temere! lo sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi”» (Ap 1, 17-18). Gesù, «il Primo e l’Ultimo», è il senso definitivo dell’uomo, è la pienezza della storia umana e della storia della salvezza. Egli è il Vivente, perché ha superato il limite invalicabile della morte; poiché è il Vivente, è presente nella Sua Chiesa e nella storia universale e personale dell’uomo. Gesù è il Vivente che ha le chiavi della morte e degli inferi, cioè detiene le chiavi per poter aprire quella porta della vita eterna, attraverso la quale nessuno prima della morte e della risurrezione di Gesù era potuto penetrare. Gesù Risorto diventa la sorgente della vita per tutti quelli che credono e crederanno in Lui.

2. Abbiamo ascoltato il brano del Vangelo di Luca dedicato ai discepoli di Emmaus (cfr. Lc 24,13-35). Nel suggestivo racconto di Luca i due giovani avevano tanto sperato in Gesù! Del Maestro di Nazaret essi avevano ammirato le opere e le parole. Ora, però, il loro cuore è oppresso da un peso insopportabile: «Noi sperava¬mo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele» (v. 21). Nel cuore dei due giovani c’è tanto dolore, anzi un’immensa delusione, poiché quel¬le speranze che avevano riposto in Gesù, affidandosi alla straor¬dinarietà delle sue opere, erano andate deluse; esse si sono frantumate di colpo, scontrandosi con la morte violenta di Gesù sulla croce. Quante volte anche noi viviamo questa stessa esperienza di delusione nel viaggio della nostra vita! Quante volte sperimentia¬mo o soffriamo della lontananza di Dio, sentendoci soli e abban¬donati! Perciò il cammino dei due discepoli verso Emmaus, la sera di Pasqua, è anche l’itinerario del credente che fa l’esperien¬za della notte oscura della vita. Ma proprio in questa solitudine, dentro un cammino di dolore, Cristo Risorto viene incontro a noi, facendosi nostro compagno di viaggio. Anzi, Gesù, quale Figlio di Dio fatto carne, è già al nostro fianco anche quando non ne avvertiamo la presenza consolatrice o ci sentiamo soli. Nel cammino che la sera di Pasqua i due giovani fanno da Gerusalemme a Emmaus, Gesù è al loro fianco, anche se essi non ne percepisco¬no la presenza. Gesù li ascolta, parla con loro e pian piano li prepara alla grande rivelazione: gli occhi dei due discepoli si apriranno quando Gesù, compiendo il gesto caratteristico della sua vita e della sua missione, «prese il pane, recitò la benedizio¬ne, lo spezzò e lo diede loro» (v. 30). Questo è il segno eucaristico, compiuto tante volte da Gesù per sfamare le moltitudini e culminato nell’Ultima Cena con l’istituzione dell’Eucaristia, se¬gno dell’amore totale di Gesù per noi e della Sua presenza misericordiosa e compendio vivente del Miste¬ro Pasquale. L’incontro con Gesù, che si rivela con la Parola e nell’Eucaristia, fa svanire nei due discepoli ogni senso di smarrimento, animandoli a ritornare con fede e fiducia a Gerusalemme per annunciare e testimoniare agli altri fratelli di aver visto il Signore. Non è un caso che Egli proprio in quel momento sparisca dalla loro vista: Egli, da quel momento in poi, rimarrà nel segno e sacramento del pane spezzato.

3. Come per i discepoli di Emmaus anche per noi il Cristo risorto e vivente diventa fonte di guarigione, di speranza e di consolazione. La Pasqua cristiana porta con sé una prospettivva nuova nella nostra esistenza: una prospettiva segnata non dalla morte, ma dalla vita; non dal conflitto, ma dalla pace; non dall’egoismo individualistico, ma dalla solidarietà; non dalla falsità e dalla menzogna, ma dallo splendore della verità, della luce e della purezza. La Pasqua sarà veramente buona e feconda di bene se la nostra vita di peccato si orienterà e convertirà a Dio. La lontananza e l’indifferenza verso il Dio della vita sono le drammatiche malattie che mortificano il nostro presente e ogni speranza di futuro. Bellissimo il nome che Giovanni dà al Risorto: il Vivente! Qui si colloca la scommessa della nostra fede e della nostra esistenza: Cristo. Non solo il suo insegnamento e le sue idee, ma la sua Persona: se Lui è il Vivente, ci chiama, ci tocca, respira con noi, semina gioia, e ci ama con amore fedele e totale. Non simbolicamente, non apparentemente, non idealmente, ma realmente. “Se Cristo non fosse risorto” dice la Scrittura, “vana sarebbe la vostra fede”: quella fede che da duemila anni sorregge innumerevoli uomini e donne, dà senso alla loro vita, li motiva nelle grandi imprese come nell’agire quotidiano, li apre alla speranza. Anche Trieste ha bisogno di aprirsi alla speranza pasquale che giunge a noi dal Cristo Risorto: alla speranza in un rinascimento spirituale condizione di ogni altro rinnovamento; alla speranza in una stagione di operosa amicizia civile capace di dare lavoro e fiducia ai nostri giovani; alla speranza in una saggia riconciliazione che riscatti il tempo perso in distruttive rivalità; alla speranza in una vita resa ricca dai valori della bontà e della fraternità; alla speranza capace di investire in una rinnovata primavera, sostanziata di fiducia nel miracolo della vita e allietata dalla nascita di tanti bambini e bambine. Buona Pasqua a tutti, una Pasqua di speranza!