Essere conformi a Gesù nella carità

Giovedì Santo
Messa in Cena Domini

+Giampaolo Crepaldi
Arcivescovo-Vescovo
21 aprile 2011

Carissimi fratelli e sorelle,

1. è un giorno solenne e santo quello che stiamo celebrando. Ricordiamo, questa sera, tre grandi doni di Gesù alla sua Chiesa: l’Eucaristia, il sacerdozio e il comandamento nuovo. La prima lettura che tratta della cena con l’agnello pasquale contiene la prefigurazione dell’eucaristia in cui l’agnello pasquale è Gesù. La seconda lettura racconta l’istituzione dell’Eucaristia; il vangelo ne offre l’interpretazione in categorie esistenziali di servizio di amore e di dedizione suprema. L’Eucaristia – sacrificio, sacramento, presenza reale del Signore – costituisce tutto il bene della Chiesa. Il comando dato da Gesù ai suoi, dopo che ebbe istituito l’Eucaristia: fate questo in memoria di me (1Cor 11,24-25) è inteso dalla Chiesa come l’istituzione del sacramento dell’ordine e del sacerdorio ministeriale. Compiendo l’atto di lavare i piedi ai suoi discepoli Gesù ha dato in sé il segno del suo amore supremo e ha detto: anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato l’esempio perché come ho fatto io facciate anche voi (Gv 13, 14-15). Comandando di lavare i piedi a vicenda, Gesù ha dato in modo concreto il comandamento nuovo dell’amore fraterno: che vi amiate come io ho amato voi (Gv 13,24).

2. L’evangelista Giovanni introduce il racconto dell’ultima cena con le parole: li amò fino alla fine. In questo fino alla fine c’è la misura fuori ogni misura, fino all’ultimo istante, fino all’ultima goccia di sangue. Gesù non si ferma di amare davanti al dolore, al tradimento, all’abbandono. Giovanni non narra il mistero dell’ultima cena, ma ne spiega il significato, raccontando la lavanda dei piedi. Gesù si alza da tavola. Si spoglia dei suoi vestiti. Si copre con un grembiule. Prende un secchio, dell’acqua e si mette a lavare loro i piedi. Li asciuga con il grembiule che si è annodato in vita. Non fa differenze tra fedeli e traditori. Lava i piedi di tutti, anche di Pietro, anche di Giuda. Il lavare i piedi era compito dei servi o degli schiavi. Gesù, quindi, fa la parte dello schiavo. Si inginocchia, Lui, il Signore, il Maestro, il Figlio di Dio. Il Re dell’universo, si mette ai piedi degli Apostoli e dà loro l’esempio di un vero servizio. Gesù, prostrato come uno schiavo dinanzi ai suoi, vuole dare loro una lezione di umiltà, vuole dire loro che l’amore vero esige l’immolazione volontaria per gli altri, vuole spegnere ogni aspirazione alla ricerca del potere, vuole dire agli Apostoli e ai futuri ministri dell’Eucaristia che nel ripetere quell’eterno sacrificio, devono mettere a disposizione di tutti la propria vita.

3. Carissimi fratelli e sorelle, quel gesto destò molta meraviglia tanto da provocare la reazione di Pietro: non mi laverai mai i piedi! Pietro non vuol accettare che il Maestro gli lavi i piedi, non vuole accettare un Messia servo, umile e sofferente (cfr. Is, 53); vuole ancora il Messia condottiero, potente. Ma Gesù ricorda a Pietro che se non accetta di essere salvato dalla croce non può entrare nel suo regno. Pietro siamo noi. Siamo noi quando rifiutiamo di farci lavare i piedi da Cristo, perché pensiamo di salvarci da soli, di non aver bisogno di Lui. Siamo noi quando non accettiamo la croce come via di salvezza. Siamo noi quando non vogliamo chinarci a lavare i piedi ai nostri fratelli. Lavando i piedi Gesù spiega il senso di quello che sta per compiere, il dono del suo corpo e del suo sangue nel pane e nel vino. Quel pane e quel vino sono la sua vita donata per amore. Spezzando il pane per noi Gesù ci insegna a donare la nostra vita per i fratelli. Con le parole fate questo in memoria di me, Gesù non chiede solo di ripetere un rito, ma di ripetere i suoi gesti, di fare quello che ha fano Lui, di offrirsi ogni giorno come lui, di essere il cibo di tutti, di farsi servi per amore. Ogni volta che noi facciamo il memoriale del Signore nella santa Eucaristia facciamo comunione con il Cristo servo per obbedire al suo comandamento, quello di amarci come lui ci ha amato, e di lavarci i piedi gli uni gli altri come lui li ha lavati a noi. La celebrazione dell’Eucaristia e l’esercizio che in essa si compie del sacerdozio ministeriale sarebbe puro ritualismo esteriore se non fosse nutrita dalla carità fraterna. Qui è il vero centro dell’amore cristiano: essere simili, conformi a Gesù nella carità. Il sacerdozio ministeriale è garantito quanto alla validità delle sue azioni sacramentali, l’eucaristia compiuta dal sacerdote validamente ordinato è valida: questa validità consiste nell’agire di Dio che si serve del ministro umano; ma lo scopo, la realtà vera e ultima del sacramento consiste nella carità, che tende all’unità.