ISTRUZIONE
Carissimi sacerdoti, religiosi e religiose, fedeli laici, fratelli e sorelle,
il 27 giugno scorso il Santo Padre Francesco ha dato la sua approvazione alla pubblicazione dell’Istruzione della Congregazione per il Clero intitolata La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa. Il documento vaticano rappresenta “una preziosa occasione per la conversione pastorale in senso missionario. Sono infatti inviti alle comunità parrocchiali a uscire da se stesse, offrendo strumenti per una riforma, anche strutturale, orientata a uno stile di comunione e di collaborazione, di incontro e di vicinanza, di misericordia e di sollecitudine per l’annuncio del Vangelo” (n. 2). In questa salutare prospettiva, la parrocchia “è chiamata a cogliere le istanze del tempo per adeguare il proprio servizio alle esigenze dei fedeli e dei mutamenti storici. Occorre un rinnovato dinamismo, che permetta di riscoprire la vocazione di ogni battezzato a essere discepolo di Gesù e missionario del Vangelo, alla luce dei documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II e del Magistero successivo” (n. 11).
Nella presentazione che i mass-media hanno fatto dell’Istruzione si è abbondantemente parlato di “svolta”, soprattutto in considerazione ai compiti ministeriali dei diaconi e dei fedeli laici. Ma è davvero così? Di fatto, il documento chiarisce e stigmatizza opportunamente certe libertà interpretative circa la partecipazione dei fedeli laici alla missione della Chiesa. Il Sotto-Segretario della Congregazione Monsignor Andrea Ripa, infatti, nella presentazione dell’Istruzione, scrive che “non è raro (…) che la visione della comunità parrocchiale e della cura pastorale proposti dal Magistero ecclesiale, dal Concilio Ecumenico Vaticano II fino all’insegnamento di Papa Francesco, e di conseguenza naturalmente entrati nella normativa canonica, diventino un quid troppo soggettivo, un vero ‘secondo me’, a discrezione del singolo Vescovo o del singolo gruppo, con interpretazioni non di rado improprie della vita di una comunità e del ministero dei pastori”. In questo senso, il documento non contiene “novità legislative”. Piuttosto esso raccoglie e riassume l’eredità del Concilio Vaticano II sulla collaborazione del laicato al ministero dei sacerdoti per come l’aveva presentata San Paolo VI agli Uditori laici in un discorso del 1963: “la Chiesa è articolata in persone, organi e istituti che hanno distinte funzioni”. L’Istruzione si colloca in questo solco ecclesiologico e pastorale. Quando denuncia il “clericalismo”, molto spesso papa Francesco fa riferimento proprio alla “tentazione di clericalizzare i laici” presente in tanti preti, così come a quei “tanti laici [che] in ginocchio chiedono di essere clericalizzati”.
Il Documento, perciò, oltre a evidenziare l’urgenza di un profondo rinnovamento pastorale in senso missionario ed evangelizzatore, presenta un modo di applicare la normativa canonica che stabilisce le possibilità, i limiti, i diritti e i doveri di pastori e laici, perché la parrocchia riscopra se stessa come luogo fondamentale dell’annuncio evangelico, della celebrazione dell’Eucaristia, spazio di fraternità e carità, da cui si irradia la testimonianza cristiana per il mondo. Essa, cioè, deve rimanere come un posto di creatività, di riferimento, di maternità. E lì attuare quella capacità inventiva; e quando una parrocchia va avanti così si realizza quello che si chiama parrocchia in uscita.
Nelle sue battute conclusive, l’Istruzione invita a invocare «Maria, Madre dell’evangelizzazione», affinché «ci aiuti la Vergine a dire il nostro “sì” nell’urgenza di far risuonare la Buona Notizia di Gesù nel nostro tempo; ci ottenga un nuovo ardore di risorti per portare a tutti il Vangelo della vita che vince la morte; interceda per noi affinché possiamo acquistare la santa audacia di cercare nuove strade perché giunga a tutti il dono della salvezza» (n. 124).
✠ Giampaolo Crepaldi
Trieste, 22 luglio 2020