DIOCESI DI TRIESTE
Santa Messa Crismale
+ Giampaolo Crepaldi
Cattedrale di San Giusto, 29 marzo 2018
Eccellenza, dragi sobratje v Duhovništvu, carissimi Sacerdoti, Diaconi, Religiosi e Religiose, fratelli e sorelle, bratje in sestre!
1. «Canterò per sempre l’amore del Signore». Riuniti intorno a Cristo per fare memoria della nostra ordinazione, vogliamo esprimere la nostra gratitudine al Signore per essere stati chiamati ad essere sacerdoti del nostro Dio e suoi ministri. Inoltre, facendo tesoro del contesto liturgico, vi invito a rinnovare la preghiera di suffragio per i confratelli don Elio Stefanuto, don Sergio Cervini, don Alighiero Dalle Pezze e don Davide Risicato che ci hanno lasciato quest’anno: li affidiamo all’abbraccio pieno di misericordia del Padre celeste. In questa significativa circostanza, vogliamo essere particolarmente uniti ai confratelli che, a motivo della lontananza fisica richiesta dall’esercizio del ministero o perché anziani o ammalati, non sono tra noi. Un saluto pieno di stima lo riserviamo anche ai diaconi con i quali condividiamo la grazia del ministero e ricordiamo nella nostra preghiera Domenico Petronio che ha raggiunto la patria celeste. Un saluto fraterno lo rivolgiamo a tutti i presenti: alle persone consacrate e ai fedeli laici, mentre li ringraziamo di cuore per essersi uniti a noi in questa occasione speciale dedicata a rendere grazie al Signore per il dono del sacerdozio.
2. Dragi sobratje v Duhovništvu, Cristo, durante la cena pasquale, disse le seguenti parole: «Questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi»; «questo è il calice del mio sangue… versato per voi e per tutti in remissione dei peccati» (cf. Mt 26, 26-28; Lc 22, 19-20). Queste parole ci rivelano Cristo nella sua identità di Redentore dell’uomo e di Sacerdote della nuova ed eterna Alleanza. In questa identità del Cristo si inscrive e si inserisce anche la nostra identità di sacerdoti, che si esprime e si rinnova tutte le volte che annunciamo il Vangelo del Signore, celebriamo i divini Misteri, guidiamo i fedeli nella sequela di Cristo. Le pagine profetiche ed evangeliche che sono state proclamate hanno un punto in comune, quello di mettere in risalto il fatto che sia all’origine del servizio redentivo compiuto da Cristo sia all’origine della nostra partecipazione sacramentale ed esistenziale ad esso troviamo lo Spirito Santo. «Lo Spirito del Signore Dio è su di me / perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione», dice il profeta; e Gesù Cristo aggiunge: «oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi». Se, per un momento andiamo con la memoria al giorno della nostra ordinazione, ricorderemo che il gesto dell’imposizione delle mani che ci ha costituiti sacerdoti, sottolineava la presenza dello stesso Spirito anche nella nostra unzione sacerdotale. Come Cristo, anche noi allora siamo stati consacrati ministri della nuova ed eterna Alleanza dallo stesso Spirito Santo, ricevendo la potestà di agire in persona Christi: la nostra grandezza è tutta qui e solo qui.
3. Cari fratelli nel Sacerdozio, in questa salutare prospettiva teologica e spirituale, consentitemi di offrire qualche indicazione che spero concorra a dare un profilo di verità alla grandezza del nostro sacerdozio che ho appena richiamato.
a. In primo luogo, la grandezza del nostro sacerdozio è tale se al centro della nostra vita c’è Cristo. A dirci di che cosa si tratta ci viene in aiuto san Paolo che nella sua Lettera agli Efesini delinea il disegno, provvidenziale e salvifico, del Padre: «Ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in Lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra» (Ef 1, 9-10). Cosa significa questo? Significa che, nella nostra vita, non deve passare un giorno che sia privo dell’incontro con Cristo. Senza Cristo non siamo niente e non siamo in grado di dare niente. Il Concilio Vaticano II ci insegnò: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo» (Gaudium et spes 22,1). Questo vale soprattutto per noi sacerdoti: il mistero del nostro sacerdozio trova piena luce solamente nel mistero del Cristo.
b. In secondo luogo, la grandezza del nostro sacerdozio è tale per l’amore che nutriamo per la Chiesa. Lo scopo di tutto il disegno del Padre che siamo chiamati a servire è il Christus totus: è Cristo con la sua Chiesa. Cosa comporta concretamente? Comporta che la nostra vita deve avere una direzione fondamentale dove affetti, pensieri, desideri e azioni sono orientati a servire unicamente la Santa Chiesa (cf. A. Rosmini, Scritti ascetici, ed. Paoline, Milano 1987, pag. 45-47). Si tratta di coltivare, con generosa e quotidiana pazienza, una consapevolezza pienamente ecclesiale, che si alimenta dalla nostra identificazione con la Chiesa di Cristo.
c. In terzo luogo, la grandezza del nostro sacerdozio è tale se ci spendiamo nella custodia e nella coltivazione del primato della persona umana. Cosa vuol dire? Vuol dire che, fedeli al disegno salvifico del Padre, la ragione d’essere del nostro sacerdozio è la salvezza della persona. Il resto non ci interessa e non ci deve interessare: da mihi animas, et cetera tolle. Questo ha, al giorno d’oggi, i tratti dell’urgenza. Perché? Perché siamo di fronte a dominazioni potentissime che operano per distruggere l’umano come tale. Cosa fare? Una cosa soprattutto: affermare con la nostra vita il primato del soprannaturale nei confronti di qualsiasi valore umano, il primato di Dio su tutto e su tutti. Sono convinto che un cristianesimo ridotto a dottrina o a morale è qualcosa di noioso e di inutile. Invece, quello che ci deve stare a cuore è un forte e gioioso annuncio del cristianesimo come avvenimento di un incontro, vivissimo e personale, con Cristo.
4. Dragi sobratje v Duhovništvu, la nostra identità di ministri della nuova ed eterna Alleanza va nutrita da un’intensa vita spirituale, un’identità interamente vissuta sub ductu Spiritus Sancti. In definitiva, una vita da santi. Molte volte, soprattutto noi preti, ci interroghiamo su quale sia il programma pastorale migliore per la nostra Diocesi. Io credo che il programma dei programmi sia additare la santità e risvegliare in tutti la chiamata alla santità: vescovo, sacerdoti, diaconi, consacrati, religiosi e religiose, seminaristi e fedeli laici. Anche noi sacerdoti siamo chiamati ad aprire il nostro cuore all’azione dello Spirito Santo, che trasforma la nostra vita, per essere come tessere del grande mosaico di santità che Dio va creando nella storia, perché il volto di Cristo splenda nella pienezza del suo fulgore. Non dobbiamo aver paura a puntare verso le altezze di Dio, anche se ci sentiamo poveri, inadeguati, peccatori: sarà Lui a trasformarci secondo il suo amore. Affidiamoci a Maria, la piena di grazia; in Lei la Chiesa ha riconosciuto «la tutta santa e immune da ogni macchia di peccato», «adornata fin dal primo istante della sua concezione dagli splendori di una santità del tutto singolare» (Lumen gentium, n. 56).