MESSAGGIO
PER LA QUARESIMA 2017
LA PREGHIERA CRISTIANA
Carissimi presbiteri, diaconi, consacrati e consacrate, fedeli laici della Chiesa di Trieste: “grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo” (1Cor 1,3).
1. Per il tempo santo della Quaresima, la Chiesa, oltre alla pratica del digiuno e delle opere di carità, ci invita a intensificare la preghiera. Essa consiste nello stare in ascolto davanti a Dio. Capita invece spesso che riduciamo la preghiera ad un’abnorme produzione di parole, convinti che la loro quantità sia utile a convincere Dio a fare ciò che noi desideriamo.
Dietro a queste prassi poco pertinenti c’è spesso una cattiva educazione alla preghiera. Molti di noi siamo stati educati a dire preghiere e non a stare davanti a Dio per ascoltarlo. Educati a dire parole nella preghiera, con il conseguente inganno di ritenere che sia la quantità a misurare la qualità del nostro fervore religioso e della nostra fede. Su questo specifico punto Gesù pronunciò una sentenza di una chiarezza esemplare: “Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate” (Mt 6, 7-8).
2. Pregare è ascoltare Dio; è fare spazio a lui; è aprire il nostro cuore a lui; è custodire la sua presenza dentro di noi. È un pressante invito rivolto a Dio perché intervenga nella nostra vita, affinché sia la sua volontà a guidare le nostre intenzioni e le nostre decisioni. È fare in modo che Dio diventi il Signore della nostra vita. Madeleine Delbrêl (1904-1964) – la ribelle, anticonformista ed emancipata ragazza francese che, con la stessa foga con cui fece aperta professione di ateismo, dopo la conversione si tuffò in un’appassionata ed instancabile riscoperta del Dio che folgorò i suoi 20 anni ed attraversò impetuosamente la sua vita – nel momento in cui decise di pregare, scrisse: “Pregando ho creduto che Dio mi trovasse e che egli è la verità vivente, e che lo si può amare come si ama una persona”. È vero, la preghiera si pone nell’ordine dell’amore, è già amore, chiede amore, riceve amore. Su questa linea si espresse anche santa Teresa di Lisieux: “La preghiera è uno slancio del cuore, è un semplice sguardo gettato verso il Cielo, è un grido di gratitudine e di amore nella prova come nella gioia; insomma è qualche cosa di grande, di soprannaturale, che mi dilata l’anima e mi unisce a Gesù”.
3. La preghiera è il vertice della fede della Chiesa. Questa impegnativa affermazione è confortata dal fatto che, delle quattro parti di cui si compone il Catechismo della Chiesa Cattolica, tutta la quarta parte – la parte conclusiva – è dedicata alla preghiera (nn. 2558 – 2865). Sono pagine bellissime e ricche di sostanziosi insegnamenti, che vi invito a leggere durante questo tempo di Quaresima. Tutto ruota attorno a questa felice e illuminante intuizione: affinché la preghiera sia possibile e praticabile, è necessario che Dio si riveli e parli all’uomo. Sappiamo bene che se rimaniamo fermi all’ambito della sola rivelazione naturale non è possibile alcun rapporto diretto ed immediato col Creatore, ma solo indiretto e mediato. Se invece Dio si è rivelato e si è rivolto direttamente all’uomo con la sua parola, allora tutto cambia, perché l’uomo può ascoltarlo e rispondergli. È, in definitiva, il rapporto dialogico tra Dio e l’uomo che rende possibile concretamente la preghiera. Su questo punto il Catechismo della Chiesa Cattolica, è assai istruttivo: “Questo passo d’amore del Dio fedele viene sempre per primo nella preghiera; il passo dell’uomo è sempre una risposta” (n. 2567). Pregare, cioè, è sempre un rispondere a Dio che ci parla: l’Io divino parla al Tu umano e l’Io umano risponde al Tu divino (cf. anche nn. 2561 e 2653). Questa è la preghiera!
La preghiera di Gesù
4. Facciamo ora un altro passo in avanti, un passo che ci porta dritti al cuore della preghiera cristiana. Anche questa volta ci lasciamo guidare dagli insegnamenti del Catechismo della Chiesa Cattolica, dove troviamo scritto: “L’evento della preghiera ci viene pienamente rivelato nel Verbo che si è fatto carne e dimora in mezzo a noi” (n. 2598). Quest’affermazione del Catechismo è di importanza capitale perché ci consente di comprendere che la preghiera cristiana è un evento unico e inconfondibile per il suo collegamento a questi due eventi: Gesù Cristo stesso ha pregato (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn.2599-2606) e Gesù ci ha insegnato a pregare (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2607-2615). Infatti, il dato più sconcertante e più inedito riguardante la sua preghiera, fu che Egli quando pregava chiamava Dio Abbà, cioè con il modo informale con il quale un bambino ebreo chiamava suo papà. Questo fatto è la porta che ci introduce nel Mistero più profondo della vita intima di Gesù, dentro al suo cuore di orante.
5. Nei vangeli esistono svariati episodi che colgono Gesù in preghiera o dove egli stesso esorta alla preghiera. È Gesù che ci ha donato la mirabile preghiera del Padre nostro, la principale preghiera della cristianità. Per certi versi possiamo affermare che la preghiera cristiana è una sola, il Padre nostro.
Non nel senso che dobbiamo sempre e solo ripetere il Padre nostro, ma nel senso che se chiediamo qualcosa che non sia contenuto in esso, si rischia di non pregare o di pregare male (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2759-2776). E per cogliere il valore che Gesù assegnava alla preghiera, a titolo di esempio, desidero proporvi alcuni richiami del Vangelo che potete poi utilizzare come lectio divina per alimentare la vostra preghiera e per invocare il dono della preghiera.
a) In Gesù, la preghiera è sempre collegata con la sua missione.
Egli prega spesso sul monte (cf. Mt 14,23), solo, in disparte (cf. Lc 9,18), anche quando “tutti [lo] cercano” (Mc 1,37). La preghiera di Gesù non si riduce solo alla soddisfazione del desiderio di intimità con il Padre; essa riguarda la sua missione o l’educazione dei discepoli, che sono menzionate in quattro citazioni della preghiera proprie del Vangelo di Luca: nel battesimo (cf. 3,21), prima della scelta dei dodici (cf. 6,12), al momento della trasfigurazione (cf. 9,29), prima dell’insegnamento del Padre nostro (cf. 11,1). La sua preghiera è il segreto che attira coloro che gli sono più vicini ed in cui egli li fa sempre più entrare (cf. 9,18). Essa li riguarda da vicino: egli ha pregato per la fede dei suoi. Il legame tra la sua preghiera e la sua missione è evidente poi nei quaranta giorni trascorsi nel deserto.
b) La preghiera di Gesù nell’ultima cena. Nel mirabile testo del Vangelo di Giovanni – dal cap. 13 fino al cap. 17.
In particolare il cap. 17, che vi invito a leggere e a meditare – Gesù ci insegna a pregare nel suo nome. Pregare nel nome di Cristo non significa domandare unicamente le cose del cielo, ma volere ciò che Gesù vuole. E Gesù cosa vuole? Vuole che la sua unità con il Padre diventi il fondamento dell’unità dei chiamati: “E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me” (Gv 17,22-23). Essere nel suo nome e volere ciò che egli vuole significa anche camminare nei suoi comandamenti, il primo dei quali impone la carità che si domanda. La carità quindi è tutto nella preghiera, sua condizione e suo termine. Il Padre dona tutto a motivo di questa unità e di questa carità.
c) La preghiera di Gesù e la sua passione. Quando si prospetta la prova decisiva della sua vita, prova che prelude alla sua fine dolorosa e tragica in croce, Gesù, sul Monte degli Ulivi, prega e fa pregare i suoi discepoli. Questo momento contiene tutta la preghiera cristiana: resa filiale dall’invocazione del Padre-Abbà; resa sicura con l’affermazione, tutto è possibile a te; espressione e prova di obbedienza in cui è respinto il tentatore: “Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”(Mc 14,36).
d) La preghiera di Gesù e la sua risurrezione. La preghiera di Gesù prima della morte fu ampiamente esaudita. Il conforto dell’angelo (cf. Lc 22,43) è la risposta immediata che il Padre dà per il momento presente, ma la lettera agli Ebrei ci fa vedere, in un modo radicale ed ardito, che è la risurrezione ad esaudire questa preghiera così veramente umana di Cristo: “Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito” (Eb 5,7). La risurrezione di Gesù, momento centrale della salvezza dell’umanità, è una risposta alla preghiera dell’uomo-Dio che riprende tutte le domande umane della storia della salvezza.
6. La preghiera di Cristo, nella sua assoluta unicità e singolarità, è fondamento, sorgente e ragione d’essere della preghiera cristiana, la quale partecipa della stessa assoluta unicità e singolarità. La rivelazione neo-testamentaria ci dice una cosa che non dovrebbe mai cessare di riempirci di commozione e di stupore: con la sua preghiera, il cristiano viene introdotto dallo Spirito Santo nella stessa preghiera di Cristo. Anzi, la preghiera cristiana è precisamente prendere parte, partecipare all’intima relazione del Verbo incarnato col Padre. La preghiera del cristiano è Cristo che dice in lui e con lui e per mezzo di lui: Abbà-Padre. È questa l’originalità della preghiera cristiana che la rende non paragonabile con ogni altra umana esperienza di preghiera. Resi partecipi della divina filiazione del Verbo, noi siamo resi figli nel Figlio: misticamente ma realmente uniti a Lui, orientati verso il Padre. In Cristo, con Cristo, per mezzo di Cristo, ci rivolgiamo a Dio, chiamandolo Abbà-Padre.
7. Nella preghiera cristiana un ruolo specialissimo lo occupa lo Spirito Santo. A questo proposito, uno dei testi biblici più importanti per comprendere il mistero della preghiera cristiana lo troviamo nella Lettera di San Paolo ai Romani: “Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: ‘Abbà! Padre!’. Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio” (Rm 8,14-16). Questo testo paolino pone esplicitamente la nostra condizione di figli adottivi del Padre in rapporto alla persona dello Spirito Santo: esiste un’attività dello Spirito nel cuore di credenti, in forza della quale noi abbiamo una consapevolezza della nostra condizione di figli, di essere amati come figli dal Padre. L’azione dello Spirito Santo si svolge nell’intimo della nostra persona, ci porta gradualmente ad avere una conoscenza sempre più profonda del Mistero di Cristo, delle sue parole, delle sue azioni, della sua Persona. Ci conduce ad un’identificazione mistica, ma reale, con Cristo: viviamo sempre più nello Spirito di Cristo, del suo essere Figlio del Padre. La profondità di questa identificazione mistica si rivela a noi in primo luogo nella preghiera: uniti a Cristo, lo siamo anche alla sua preghiera.
Alcune raccomandazioni
8. Grande e consolante mistero la preghiera cristiana! Essa trova il suo fondamento e la sua sorgente nella nostra adozione a figli. Per Cristo, con Cristo, in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente: questa è la preghiera cristiana, la preghiera dell’uomo divinizzato. Noi siamo nella preghiera di Cristo, per opera dello Spirito Santo, siamo come degli invitati alla festa della Trinità. L’icona di A. Rublëv ci spiega meglio di ogni altra raffigurazione che cos’è la preghiera cristiana. Su questa affascinante prospettiva, mi permetto di farvi alcune raccomandazioni per aiutarvi a diventare uomini e donne di preghiera.
9. La prima raccomandazione riguarda la fedeltà nel mettere in pratica l’obbligo del precetto festivo, partecipando alla Santa Messa ogni domenica e nelle altre feste di precetto. La preghiera cristiana in senso eminente, infatti, è la celebrazione dell’Eucarestia ed ogni preghiera cristiana ha da essa il suo inizio e trova in essa il suo compimento. È nella celebrazione dell’Eucarestia che veniamo ammessi alla Presenza del Padre.
In che modo? La via è Cristo, poiché “Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna” (Eb 9,12). Celebrando l’Eucarestia, entriamo anche noi attraverso il suo sangue nel Santuario (cf. Eb 12,22-23). L’Eucarestia è inoltre partecipazione al dialogo trinitario tra Padre e Figlio e Spirito Santo, perché nel corpo eucaristico del Signore è contenuto quel che era il senso del suo corpo sulla terra: lo stare davanti al Padre, il dialogo col Padre, la coscienza attraverso lo Spirito Santo e il riscattare con la sua “carne” ogni “carne mortale”.
10. La seconda raccomandazione riguarda la necessità di riscoprire la preghiera dei salmi. Gesù ha pregato i Salmi; ha pregato con i Salmi. La preghiera cristiana sono i Salmi, nel senso che noi li dobbiamo pregare in Cristo e con Cristo: è Cristo che prega il Salmo in noi e con noi. E quindi il Salmo va sempre interpretato in rapporto a Cristo, e quindi alla Chiesa. Si colloca qui l’esigenza di coltivare la fedeltà, da parte dei sacerdoti e dei diaconi, nel celebrare quotidianamente la Liturgia delle Ore. Vorrei qui dire una parola anche sull’opportunità che tale Liturgia sia conosciuta e praticata anche dai fedeli laici. Essa può bene esprimere la vocazione al sacerdozio comune e può riscattare la preghiera da ogni forma di autoreferenzialità o di intimismo, favorendo invece il dispiegarsi di una espressione alta della Chiesa orante.
11. La terza raccomandazione riguarda il nostro rapporto orante con la Vergine Maria. La preghiera alla Madonna respira con due polmoni: essa è lode per le grandi cose che in lei ha fatto il Signore (prima parte dell’Ave Maria); essa è affidamento delle proprie invocazioni a lei perché le presenti al Figlio (seconda parte dell’Ave Maria). In particolare, desidero soprattutto raccomandare a tutti la preghiera del Santo Rosario. I Misteri che vengono proposti nell’intercalare dell’Ave Maria ci fanno ripercorrere gli eventi della vita del Signore Gesù dall’annuncio alla sua nascita, dalle nozze di Cana alla morte in Croce, dalla Resurrezione e Ascensione presso il Padre alla gloria di Maria Immacolata assunta presso Dio, nostra Regina e Protettrice. Qui vi è tutto il Vangelo che la Chiesa proclama, esortandoci a farlo diventare preghiera perché, come accadde per Maria, sia fonte di vita anche per ognuno di noi. La Madonna è veramente la via più facile, più bella e sicura per giungere a Gesù!
12. La quarta raccomandazione è quella di riprendere a pregare in famiglia. Clemente Alessandrino si chiedeva: “Chi sono dunque quei due o tre, riuniti nel nome del Signore, in mezzo ai quali il Signore si fa presente, se non il marito, la moglie e il figlio?” E San Giovanni Crisostomo scrisse: “Fa’ della tua piccola casa una chiesa. Dove infatti ci sono il Salmo, la preghiera, i Cantici dei Profeti … non sbaglierà chi voglia chiamare tale riunione una chiesa”. Altri inviti sono più recenti. Papa Francesco, nell’Amoris Laetitia al n. 318, ha scritto: “La preghiera in famiglia è un mezzo privilegiato per esprimere e rafforzare la fede e può fare tantissimo bene alla famiglia. La famiglia che prega è una famiglia che custodisce la fede e che vive la gioia”. Il Papa poi raccomanda la preghiera semplice “che si può fare anche attorno alla tavola recitando un Padre Nostro, il Rosario, pregando gli uni per gli altri: il marito per la moglie, la moglie per il marito, i genitori per i figli, i figli per i genitori e i nonni. Questo fa forte la famiglia: la preghiera”. Due sposi, genitori di quattro figli, mi confidavano: “Noi abbiamo provato per esperienza che la preghiera è indispensabile per la nostra vita di coppia, perché i momenti più delicati e le maggiori tensioni le abbiamo superate mettendoci in ginocchio davanti a Dio. Per questo ci siamo impegnati ad insegnare la preghiera anche ai nostri figli”.
13. La quinta raccomandazione riguarda la riscoperta della preghiera al nostro Angelo custode, ripetendo quella più conosciuta nella tradizione cristiana: Angelo di Dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me che ti fui affidato dalla pietà celeste. Amen. Per convincervi del ruolo che giocano gli Angeli nella nostra vita, vi invito a leggere il capitolo 12 degli Atti degli Apostoli dove si narra dell’arresto di Pietro e della sua liberazione per opera di un angelo. Questo il brano che ci interessa: “In quella notte, quando Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro, piantonato da due soldati e legato con due catene, stava dormendo, mentre davanti alle porte le sentinelle custodivano il carcere. Ed ecco, gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: ‘Alzati, in fretta!’. E le catene gli caddero dalle mani. L’angelo gli disse: ‘Mettiti la cintura e legati i sandali’. E così fece. L’angelo disse: ‘Metti il mantello e seguimi!’. Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si rendeva conto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell’angelo: credeva invece di avere una visione. Essi oltrepassarono il primo posto di guardia e il secondo e arrivarono alla porta di ferro che conduce in città; la porta si aprì da sé davanti a loro. Uscirono, percorsero una strada e a un tratto l’angelo si allontanò da lui. Pietro allora, rientrato in sé, disse: ‘Ora so veramente che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che il popolo dei Giudei si attendeva’” (At 12,6-11). L’Angelo custode esprime la premura di Dio per ognuno di noi; è anche un messaggero di Dio presso di noi ed un messaggero nostro presso Dio. Promuoviamo nei bambini il senso di questa presenza come apertura e fiducia in Dio buono e provvidente. Aiutiamo i bambini a rivolgere una preghiera all’angelo custode quando vanno a riposare, quando escono di casa per andare a scuola, quando tutti insieme si inizia un viaggio…
14. La sesta raccomandazione riguarda la preghiera nelle circostanze della malattia. San Giovanni XXIII, in alcune sue lettere, ci indica come vivere la sofferenza secondo il Vangelo di Gesù: “Ciò che vale è il nostro dolore, sono le nostre preghiere e lo spirito di soave abbandono alla volontà del Signore che dà e toglie e tutto dispone per il nostro bene temporale ed eterno” (al fratello Giovanni, 1934). “Saper soffrire! Questa è la grande arte del vivere. Saper soffrire pensando al nostro Signore in croce e unendoci a Lui: questa è l’arte di farci santi senza molta spesa” (al fratello Saverio, 1926). “Fatevi dunque coraggio e cospargete di soavità il vostro dolore” (alla cugina Candida, 1938). Gesù ha assunto il dolore umano come mezzo per intercedere il perdono dei nostri peccati e lo ha reso salvifico. Anche noi, come lui, siamo chiamati a partecipare alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria” (Rm 8,17), offrendo la nostra malattia e tutte le nostre tribolazioni. Tale offerta è un’espressione d’amore; e un malato che prega compie sempre il miracolo della carità. Quando siamo malati dobbiamo pregare molto, non solo per la nostra guarigione e la nostra salute, ma anche per la guarigione e la salute di chi ha il cuore e l’anima ammalati. Non dobbiamo mai dimenticare che Gesù si è identificato con il sofferente e che quando questi prega è egli stesso che prega in lui e dona alla sua preghiera un valore inestimabile.
15. Infine vi raccomando la preghiera di suffragio per i vostri cari defunti. La parola suffragio vuol dire opera spirituale, bene offerto a Dio in favore dei morti. Dare suffragio alle anime significa affidarle alla misericordia di Dio Padre, chiedendo che vengano liberate dal male che hanno commesso per la debolezza e la fragilità umana, perché possano vivere eternamente felici. In che modo possiamo dare suffragio ai defunti? Ecco alcuni suggerimenti: partecipare alla Messa domenicale e pregare per i defunti; far celebrare delle S. Messe per i defunti, confessandosi e ricevendo la Comunione: “per ogni Messa celebrata, molte anime escono dal purgatorio. Esse non provano nessun tormento durante la Messa offerta per loro” (S. Girolamo); offrire per i defunti altre preghiere come rosario, vespri, lettura e meditazione del Vangelo, via crucis…; offrire a nome dei defunti elemosine e altre opere di carità: “conviene soccorrere i morti non con le lacrime, ma con le elemosine” (S. Giovanni Crisostomo); offrire per i defunti qualche penitenza o sacrificio personale.
Conclusione
16. Giunti alla conclusione di questa meditazione sulla preghiera cristiana che vi ho proposto come Messaggio per la Quaresima, sono a chiedere la carità della vostra preghiera per me e per la Chiesa di Trieste. Proprio durante il tempo della Quaresima prenderà avvio la Visita pastorale alle parrocchie della Diocesi, che per conseguire le sue finalità di rinnovamento spirituale ed ecclesiale ha bisogno della preghiera corale di tutti. Per questa circostanza ho composto una preghiera che colloco alla fine di questo testo, invitandovi a recitarla con fervore, quale segno del vostro amore per la Chiesa di Trieste.
Padre celeste, sorgente inesauribile di salvezza,
che, nel Figlio tuo Gesù Cristo,
ci hai donato la grazia di una vita nuova,
invia lo Spirito Santo a vivificare
con la fede, la speranza, la carità
la Visita pastorale alla Chiesa di Trieste.
Padre celeste, fonte di misericordia,
fa’ che la Visita pastorale
accresca nella nostra Chiesa diocesana
la volontà di testimoniare il Vangelo di Gesù;
sostieni con la grazia del tuo amore
il Vescovo, i sacerdoti, i diaconi,
i religiosi, le religiose e tutti i fedeli laici.
Padre celeste, che ti prendi cura delle nostre anime,
fa’ che la Visita pastorale
ci aiuti ad essere capaci di una fede solida
a imitazione dei nostri Santi patroni;
fa’ che ci renda pieni di amore per la Chiesa tergestina,
coraggiosi nella difesa della vita e della famiglia,
pronti a servire i fratelli e le sorelle in povertà.
Padre celeste, che consoli i nostri cuori,
fa’ che la Visita pastorale,
sia protetta dal manto della Madonna,
Madre di Dio e Madre della Chiesa,
che accolse con un “SI” la visita dell’Angelo
e corse premurosa a visitare la cugina Elisabetta:
sia Lei la stella che illumina
i passi presenti e futuri del tuo popolo a Trieste.