Giornata diocesana della Vita Consacrata

DIOCESI DI TRIESTE

GIORNATA DIOCESANA DELLA VITA CONSACRATA

INCONTRO DI PREGHIERA

+ Giampaolo Crepaldi

Parrocchia San Francesco, 29 gennaio 2017

 

Carissimi fratelli e sorelle,

1.        Siamo riuniti nella chiesa dedicata a San Francesco per celebrare, con gioia spirituale e con rendimento di grazie al Signore, la tradizionale Giornata diocesana della Vita Consacrata, accompagnati dalle illuminanti indicazioni di papa Francesco che ci sollecita a guardare al passato con gratitudine, a vivere il presente con passione, ad abbracciare il futuro con speranza. Termineremo questa celebrazione con il rinnovo, personale e comunitario, della consacrazione, dove faremo nostre le parole della Vergine Maria: “Eccomi sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Per questa circostanza e a supporto delle tre indicazioni forniteci dal Santo Padre Francesco, abbiamo devotamente ascoltato alcune letture bibliche, sulle quali desidero fare qualche breve commento.

2.        La prima lettura che abbiamo ascoltato è un brano preso dalla prima Lettera di San Paolo apostolo ai Corinti. Meditandola nell’intento di guardare al passato con gratitudine, San Paolo ci invita a riconoscere l’orizzonte fondativo delle congregazioni e ordini: esso fu la parola della croce. Essa fu considerata dai fondatori potenza di Dio, quando per gli altri uomini non era e non è che pazzia. Tutti i sapienti, i polemisti, insomma i grandi di questo secolo e di tutti i secoli, il v. 18 li stigmatizza con una durissima designazione: «quelli che periscono». È un dato di fatto che tra i riscattati del Signore ci sono pochi sapienti, potenti, nobili… (v. 26); infatti è più difficile per costoro diventare come i piccoli del Vangelo (cf. Mt 18,3; 11,25). Per glorificarsi Dio sceglie ciò che è debole, vile, disprezzato, e tali sono i credenti in Cristo secondo la stima del mondo. Ma cosa importa il loro valore personale, dal momento che sono in Cristo e che Lui è, per loro, potenza, sapienza, giustizia, santificazione, redenzione (vv. 24 e 30)?

3.        La seconda lettura a commento del vivere il presente con passione è un brano della Lettera di San Paolo ai Filippesi. Il brano invita a vivere il presente con passione cristocentrica. In una cornice autobiografica che ci fa capire che San Paolo avrebbe potuto trarre grandi vantaggi per la sua posizione nell’ebraismo, il brano ci informa, infatti, che Egli invece reputò questi vantaggi come una perdita a confronto della novità apportata da Cristo. Non solo. In confronto di Gesù di Nazaret, non soltanto i privilegi razziali e religiosi, ma anche qualsiasi altro vantaggio umano Paolo ha reputato un nulla. Anzi, dirà alla fine del v. 8, lo ha ritenuto una spazzatura (sky̔bala), roba da buttare tra i rifiuti! L’unico valore che conta veramente per Paolo è Cristo: tutto ciò che non è Lui è da gettare via. Cristo però non è mai per lui una mera astrazione, ma una persona viva, che si comunica a lui per trasformarlo interiormente e partecipargli la sua stessa vita. Si tratta di una vera fusione e simbiosi: e non vivo più io, ma vive Cristo in me (cf. Gal 2,20). A questo riguardo, consentitemi di riportare la voce di un grande innamorato di Cristo, sant’Ambrogio, Vescovo di Milano «Cristo è tutto per noi. Se vuoi curare una ferita, egli è medico. Se sei riarso dalla febbre, è fontana. Se sei oppresso dall’iniquità, è giustizia. Se hai bisogno di aiuto, è forza. Se temi la morte, è vita. Se desideri il cielo, è via. Se fuggi le tenebre, è luce. Se cerchi cibo, è alimento». (S. Ambrogio, La verginità 16, 99).

4.        La terza lettura a commento dell’abbracciare il futuro con speranza è presa ancora dalla Lettera San Paolo ai Filippesi. Di fronte ai problemi e alle magre prospettive circa il futuro ci chiediamo: che fare? Il brano proposto è un brano sul fare, brano elaborato in reclusione! Paolo, ancora giovane, probabilmente sta scontando una pena in una prigione di Efeso e non sa come andrà a finire. Intanto mantiene i rapporti con i suoi, anche attraverso la solidale e continua presenza degli amici di Filippi che non lo dimenticano, non lo abbandono in quella situazione. Infatti in questa lettera emerge l’affetto riconoscente di Paolo per queste persone ed egli, bloccato innaturalmente nel suo agire, ci offre anche una riflessione speciale sul valore dell’azione e delle opere nella nostra esperienza cristiana. Il conto di dare ed avere che i Filippesi hanno fatto per lui gli fa piacere. Non solo il loro ricordo e la loro preghiera. Ciò gli testimonia l’amore di comunione che in Dio condividono, dal quale sono legati in una fraternità che si traduce in azioni concrete, benefiche. Paolo vede che è Dio che suscita nel cuore dell’uomo la capacità di coniugare essere e fare e questo perché l’uomo con la sua vita esprima il volere di Dio, dia forma al disegno di amore di Dio, che ha intuito e accolto.

5.        Veniamo ora al brano evangelico delle Beatitudini. Nelle Beatitudini Gesù rivela il vero volto di Dio, il Padre. È Lui e soltanto Lui che fa felici (“Consolerà, sazierà, userà misericordia” etc.) e la sua gioia più grande è quella di far felici. Per Gesù la felicità si trova nel rapporto col Padre, nella comunione con Lui. Ma chi può fare l’esperienza del rapporto col Padre e quindi della felicità piena? I poveri in spirito, i miti, i misericordiosi, i puri di cuore etc., coloro cioè che vivono come e con Gesù povero, mite, puro di cuore, misericordioso… Proclamando le Beatitudini, infatti, Gesù ci delinea il ritratto di se stesso e, su tale base, la fisionomia del discepolo. Ma, prima ancora, Gesù intende offrirci un messaggio su Dio. Ci annuncia come Dio agirà nei confronti degli uomini. Affidiamo tutto a Maria, la Vergine del Fiat e la Madre del nostro Signore e Salvatore.