Crisma

Giovedì santo | Messa del Crisma

DIOCESI DI TRIESTE

Santa Messa Crismale

+ Giampaolo Crepaldi

Cattedrale di San Giusto, 24 marzo 2016

 

Eccellenza, dragi sobratje v duhovništvu, carissimi Sacerdoti, Diaconi, Religiosi e Religiose, fratelli e sorelle, bratje in sestre!

1.         In questo giorno, santo e benedetto, sono particolarmente lieto di accogliere tutti voi in questa nostra Chiesa Cattedrale e di celebrare l’Eucaristia nella quale si rende manifesto il dono dell’unico sacerdozio di Cristo Signore di cui il Vescovo e i presbiteri sono partecipi. Inoltre, in questa celebrazione saranno benedetti i santi oli e consacrato il crisma. Una celebrazione quindi resa ricca dalla fragranza dell’o­lio: per gli ammalati nel corpo e nello spirito “perché dall’un­zione ottengano conforto e siano liberati da ogni malattia, angoscia e dolore”; per i catecumeni “perché compren­dano più profondamente il Vangelo di Cristo e assumano con generosità gli impegni della vita cristiana”; e, infine, perché “l’olio sia crisma di salvezza per tutti i rinati dall’acqua e dallo Spirito e li renda partecipi della vita eterna e commensali al banchetto della gloria” (cf. Liturgia della benedizione degli oli). In questo contesto liturgico, ricordiamo e preghiamo per i fratelli presbiteri che, a motivo della lontananza fisica richiesta dal ministero o perché anziani o ammalati, non sono tra noi. Un ricordo e una preghiera di suffragio dedichiamo ai fratelli sacerdoti che ci hanno lasciato e li affidiamo alla misericordia del Padre celeste. Un saluto pieno di gratitudine lo riserviamo ai diaconi con i quali condividiamo gioie e dolori del ministero pastorale. Saluto con affetto tutti i presenti: le persone consacrate e i laici; grazie di cuore per esservi uniti a noi in questa festosa circostanza in cui ringraziamo il Signore per il dono del sacerdozio.

2.         Cari fratelli nel sacerdozio, tra poco rinnoveremo gli impegni assunti al momento dell’ordinazione. Sarà questa un’occasione propizia per far risuonare nel nostro cuore, con rinnovata volontà di dedizione al Signore, la parola del profeta Isaia e la proclamazione che di essa Gesù fece nella sinagoga di Nazaret, desiderosi di ri­leggere la nostra vocazione di unti del Signore nelle sue originali e profetiche caratteristiche: Lo Spirito del Signore Dio è su di me… mi ha consacrato con l’unzione (Is 61,1). Fratelli, non ci siamo autocandidati al ministero. Dio ci ha chiamati. Pur nella pesantezza creaturale che caratterizza la nostra umanità e che ci appartiene manifestandosi nei peccati e nelle fragilità dello spirito e della carne, c’è stata e ci deve essere la nostra continua, quotidiana e obbedien­te risposta alla chiamata del Signore. Papa Francesco nella Evangelii Gaudium, come premessa necessaria per un annuncio di verità e di grazia, ci ricorda che “chiunque voglia predicare, prima dev’essere disposto a lasciarsi commuovere dalla Parola e a farla diventare carne nella sua esistenza concreta… e … accettare di essere ferito per primo da quella parola che ferirà gli altri” (n. 149). È dentro quindi alla concretezza della vita quotidiana, con alle spalle la nostra storia con Dio e con il suo popolo, con davanti agli occhi la speranza di un Dio che non ci abbandona mai, che ci apprestiamo a rinnovare davanti al Popolo di Dio gli impegni assunti il giorno dell’ordinazione. E Gesù, Buon Pastore, Pastore grande delle nostre anime ci conceda la grazia di una risposta fedele e gioiosa! Ne abbiamo bisogno noi, ne ha bisogno il Popolo di Dio che ci è affidato. Convinciamoci che uniti a Gesù e con Gesù possiamo e dobbiamo ripetere: lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore (Lc 4, 18-19).

3.         Dragi sobratje v duhovništvu, sono lieto di annunziarvi che oggi ho posto la firma a due decreti riguardanti il rinnovo del Consiglio Presbiterale Diocesano e della Commissione Presbiterale, due strumenti per far crescere la comune consapevolezza di appartenere tutti all’unicum presbiterium. L’appartenenza all’unicum presbiterium è prima di tutto di natura sacramentale ed è bene espressa con l’imposizione delle mani, al momento dell’ordinazione: imposizione delle mani che il Vescovo, insieme ai presbiteri presenti, compie sul nuovo eletto in segno della loro aggregazione al presbiterio, come recita il rito stesso dell’ordinazione. L’unità sacramentale del presbiterio è inoltre liturgicamente significata e compiuta ogni qualvolta il Vescovo con il suo presbiterio presiede la Concelebrazione eucaristica. La comunione di intenti e affetti è significata e confermata in modo speciale nella Messa Crismale che costituisce la sorgente e il culmine sacramentale della comunione presbiterale, secondo l’insegnamento conciliare: I presbiteri costituiscono con il loro Vescovo l’unico presbiterio (Lumen gentium, n. 28). L’unicum presbiterium è pertanto il frutto di una genuina spiritualità di comunione, fondata nell’unità sacramentale del presbitero di una chiesa particolare. Queste illuminanti premesse sono rese buie quando un sacerdote vive e lavora senza un costante rapporto di stima, fraternità e collaborazione con il Vescovo e i Confratelli, finendo per fare della sua vita e del suo ministero un pericoloso “bricolage”; quando un sacerdote diserta gli incontri di formazione spirituale, di aggiornamento e di fraternità del presbiterio, isolando spiritualmente se stesso e pastoralmente la comunità che il Vescovo gli ha affidato, rischiando di essere come un tralcio staccato dalla vite e che non porta frutto… (cf. Gv 15,4). Il rapporto tra i presbiteri e tra i presbiteri e il Vescovo è essenziale. La grazia sacramentale, che ci fa essere con-fratelli, di fatto implica l’impegno quotidiano, ininterrotto e sempre rinnovato, a diventare fratelli nell’unicum presbiterium.

4.         Cari fratelli nel sacerdozio, papa Francesco ha impegnato tutta la Chiesa in un Anno giubilare, che arricchisce con un quotidiano e appassionato Magistero sulla misericordia di Dio inteso a promuovere la conversione e il rinnovamento spirituale delle anime. Un Anno che, oltre a riguardare le nostre comunità, ci tocca personalmente come sacerdoti, invitando a scoprirci come peccatori bisognosi di misericordia. Ecco, fratelli, la necessità che si rafforzi anche in noi la coscienza del peccato, che della misericordia divina è il correlato umano: “Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” (1Gv 1,8-9). Ecco qui un tema fondamentale, oggi dimenticato e negletto: il peccato. Senza confessione dei peccati, come ci ammonisce san Giovanni nel brano che ho appena letto, non esiste alcuna garanzia che le nostre anime siano preservate dalla morte ineluttabile. Il peccato, infatti, porta con sé il mistero tragico della dannazione eterna, che vanificherebbe l’amore misericordioso del Padre celeste che ha inviato nel mondo il suo unico Figlio per liberarci proprio dal peccato e aprirci le porte della vita eterna. Se con la sola ragione e la sola libertà avessimo potuto liberarci dal peccato, “mestier non era parturir Maria”, afferma Dante nel Purgatorio (III,39). Cristo, infatti, non si è fatto crocifiggere per salvarci dalla guerra, dalla povertà, dall’invidia, dalle malattie, dalle sventure della vita terrena, dalla tristezza… Lo ha fatto per liberarci dal peccato, per salvarci dalla dannazione eterna e per portarci in Paradiso a condividere la vita dell’Amore trinitario. E quali strumenti ci ha dato per arrivare fino là. La risposta è questa: la Sua Parola e i Suoi Sacramenti. Soprattutto per il prossimo Giubileo, come sacerdoti è necessario tornare al confessionale, come luogo in cui “abitare” più spesso, per trovare perdono e misericordia, consiglio e conforto, sentirsi amati e compresi da Dio. Ricordiamo inoltre che di questo sacramento siamo ministri: la disponibilità all’ascolto delle confessioni, all’accoglienza dei penitenti e, dove richiesto, all’accompagnamento spirituale, sono la reale misura della nostra carità pastorale. A noi è affidata la gravissima responsabilità di “rimettere o ritenere i peccati” (cf. Gv 20,23); attraverso di noi, i fedeli possono vivere, nell’oggi della Chiesa e per la forza dello Spirito la gioiosa esperienza del figliol prodigo, il quale, tornato nella casa del padre, viene accolto e ricostituito nella propria dignità filiale.

5.         Dragi sobratje v duhovništvu, nel contesto di questa celebrazione crismale, consentitemi un riferimento alla mia persona: riguarda il 15° anniversario della mia ordinazione episcopale avvenuta nella Basilica di San Pietro il 19 marzo 2001 per l’imposizione delle mani di San Giovanni Paolo II. Mentre ringrazio il Signore per le grazie immeritate con le quali ha reso fecondo il mio episcopato, ringrazio di cuore anche quanti mi hanno assicurato la loro preghiera e sono a chiedere quella di tutti voi.  La preghiera dei sacerdoti e del popolo di Dio per il Vescovo è il dono più atteso e prezioso. Affidiamo tutto alla potente intercessione della Vergine Santissima, Madre di Cristo, sommo ed eterno Sacerdote, di san Giusto e del beato don Francesco Bonifacio, nostri celesti patroni.