Giovedì santo | Santa Messa Crismale

DIOCESI DI TRIESTE

Santa Messa Crismale

✠ Giampaolo Crepaldi

Cattedrale di San Giusto, 1 aprile 2021

 

Dragi sobratje v Duhovništvu, carissimi Sacerdoti, Diaconi, Religiosi e Religiose, fratelli e sorelle, bratje in sestre!

1.        Pur oppressi da un pesante carico di angosciose paure a causa della pandemia in corso, vogliamo tutti insieme rivolgere il nostro sguardo implorante al Signore che ci offre la grazia di partecipare alla celebrazione della Santa Messa crismale. In questa circostanza ricordiamo i confratelli che ci hanno lasciato a partire dalla Santa Messa Crismale dell’anno scorso celebrata la vigilia di Pentecoste: mons. Pier Giorgio Ragazzoni, mons. Francesco Tanasco, don Lucio Gridelli, mons. Vittorio Cian, mons. Franz Vončina. Nella preghiera di suffragio li affidiamo a Cristo: in Lui hanno sperato e creduto e Lui hanno servito. Ricordiamo con affetto e nella preghiera i nostri confratelli ammalati i quali, in unione ai dolori del Signore, con le loro sofferenze impreziosiscono il ministero di tutti noi. Ringraziamo poi il Signore per aver donato alla nostra Chiesa tre sacerdoti: don Nicolas Bulian, don Željko Babić, don Nikola Cingel che hanno iniziato con generosità il loro ministero presbiterale. A questi aggiungiamo i tre diaconi: don Daniel Scaramuzza, don Emmanuele Trojano, don Luis Miguel Castillo Miranda. Ricordiamo anche i sacerdoti del nostro presbiterio che stanno esercitando il loro ministero in altri contesti ecclesiali: anche a loro promettiamo la nostra preghiera. Ci uniamo poi alla gioia dei confratelli che ricordano quest’anno la ricorrenza della loro ordinazione presbiterale: a loro verrà riservata un’attenzione particolare in occasione della celebrazione della Giornata Mondiale delle Vocazioni. In fine, un ricordo e una preghiera speciali per i carissimi diaconi che con noi sacerdoti condividono gioie e fatiche del ministero pastorale. Tra loro sono venuti a mancare Guido Trani e Vincenzo Sgubbi, figure esemplari e amate da tutti: li affidiamo a Cristo Signore.

2.        “Lo Spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione”. Chi pronuncia queste parole è il profeta Isaia che descrive l’esperienza fondamentale della sua vicenda esistenziale, cioè il momento della sua vocazione. In essa vede compendiata l’intera verità della sua persona e della sua missione: “portare il lieto annuncio ai miseri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati…” e “promulgare l’anno di grazia del Signore”. La verità della sua persona e della sua missione è operata dall’unzione dello Spirito, ed è una consacrazione, concepita come una donazione permanente e totale a Dio. Chi è consacrato si sottrae ad ogni uso profano e passa ad essere di Dio. Egli non si appartiene più, ma appartiene esclusivamente alla sua missione, cioè a colui che lo ha consacrato con l’unzione. Passando dall’Antico al Nuovo Testamento, nel brano del Vangelo di Luca che è stato proclamato troviamo scritto: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura”. Tutto ciò che il profeta Isaia aveva sperimentato, trova compimento e pienezza nella persona e nella missione di Gesù. Unto dallo Spirito, Egli non si appartiene più, ma vive interamente per il Padre e per l’umanità. Poi nel brano del libro dell’Apocalisse che è stato letto abbiamo ascoltato questa mirabile verità: “Ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre”. Ciò che il profeta aveva vissuto in figura, ciò che Gesù ha realizzato nella verità, noi sacerdoti lo partecipiamo in sacramento. Tutto quello che la parola di Dio dice del profeta e di Gesù, è vero per ciascuno di noi, poiché l’unzione sacramentale ha radicato la nostra persona in Cristo. La nostra vita ormai è piantata definitivamente nella missione messianica di Cristo e da questa riceve tutto il suo senso.

3.        La verità della nostra persona e della nostra missione ministeriale è oggi messa alla prova non solo da un contesto culturale che è in larga parte indifferente al messaggio cristiano, ma anche ultimamente dalla pandemia in corso. Di fronte a questa situazione la tentazione da vincere è quella della resa, mentre la risposta da dare è quella della resistenza nella fedeltà a Gesù Cristo e nella carità pastorale verso il popolo di Dio. In questo ci è di esempio il Beato don Francesco Bonifacio – di cui ricorre quest’anno il 75° anniversario del martirio – che affrontò, con disarmata semplicità profetica, una stagione storica e culturale drammatica e distruttiva. Ci è di esempio anche san Giuseppe che il Santo Padre Francesco ha proposto all’attenzione della Chiesa universale con la Lettera apostolica Patris corde. Si tratta di un testo molto bello e coinvolgente che vi consiglio di leggere e meditare con profitto spirituale in una rinnovata scoperta del Santo Patrono della Chiesa Cattolica che il Papa qualifica come una “straordinaria figura, tanto vicina alla condizione umana di ciascuno di noi”. Una riscoperta che può aiutarci in questi mesi di pandemia, in cui sperimentiamo, in mezzo alla crisi che ci sta colpendo, che “le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni”. Ci esorta Papa Francesco: “Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà. San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in ‘seconda linea’ hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza”.

4.        Dragi sobratje v Duhovništvu, carissimi Sacerdoti, perdonatemi se termino questa omelia con un riferimento alla mia persona: ricorre quest’anno il 50° della mia ordinazione presbiterale e il 20° di quella episcopale. Sono pertanto a chiedere la grazia della vostra preghiera affinché il mio ministero continui ad essere conforme alla volontà del Padre. Per ringraziarvi della vostra collaborazione e della vostra amicizia vi faccio dono del libro La cappella Madre della riconciliazione. Si tratta di un sussidio che illustra la cappella di piazza Cavana – anticamente dei santi Sebastiano e Rocco – finalmente restaurata e aperta al culto. Lì è stata posta l’immagine della Madonna Addolorata di fronte alla quale il mio predecessore Mons. Antonio Santin pregò il 30 aprile del 1945 in uno dei momenti più tragici della storia di Trieste minacciata dalla furia nazista determinata a distruggere il porto e parte della città. La Madonna ascoltò ed esaudì la fervente preghiera del Vescovo. Ora, tutto nella cappella, con il favore dal ciclo pittorico del maestro Oleg Supereco, porta a respirare l’aria buona della riconciliazione che idealmente purifica quella insana che la nostra Città fu costretta a respirare durante la seconda guerra mondiale: i monumenti nazionali della Risiera di San Sabba e della Foiba di Basovizza sono lì a ricordarcelo. La cappella di piazza Cavana è un invito rivolto a Trieste ad essere, con l’aiuto di Dio e la buona volontà dei suoi uomini e donne, la Città della Riconciliazione! In questo e per questo troverà alleata la Chiesa di Trieste: essa sa di non essere portatrice di nessun vangelo proprio, ma solo affidataria del Vangelo della riconciliazione che deve annunciare ad ogni generazione. Affidiamo tutto e tutti alla Madonna, Madre della riconciliazione, associati al suo canto dove Dio viene magnificato perché ha rovesciato i potenti dai troni, ha disperso i superbi con tutte le loro pretese, ha rimandato i ricchi a mani vuote, soprattutto perché ha rivelato la sua misericordia e il suo amore verso i poveri, gli affamati e gli umili che gridano a lui con cuore fiducioso.