DIOCESI DI TRIESTE
UN NATALE DI FRATERNITÀ
MESSAGGIO NATALIZIO
✠ Giampaolo Crepaldi
Arcivescovo-Vescovo di Trieste
Carissimi fratelli e sorelle,
1. Tutte le volte che mi trovo davanti ad un Presepe con la rappresentazione della Natività di nostro Signore Gesù Cristo, mi ritornano alla mente due significative affermazioni che l’apostolo Paolo fa nella sua Lettera ai Galati. La prima: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio” (Gal 4,4). Dunque Dio ha un Figlio; dunque Dio è Padre. Egli non è solo l’ingegnoso artefice che ha costruito l’universo e poi se ne è disinteressato, ma è un padre. Il Natale è la smentita più recisa e più alta dell’idea – che qualche volta anche noi coltiviamo – di un Dio lontano e distratto, chiuso nel suo cielo e indifferente a ciò che avviene qui sulla nostra terra. La seconda: “Dio mandò suo Figlio, nato da donna” (Gal 4,4). Gesù, il Figlio di Dio, è nato da donna come noi. Ha assunto tutta l’esistenza umana, con l’umiltà e la fragilità della nostra nascita, con la sofferenza che immancabilmente l’accompagna, con la morte che fatalmente la conclude. È diventato uno di noi perché noi diventassimo come lui, insigniti della stessa dignità di figli di Dio. Si è imprigionato nella nostra miseria perché noi ne uscissimo, e il peso insopportabile della nostra meschinità e del dolore umano si trasformasse nella ricchezza della vita divina.
2. Carissimi fratelli e sorelle, le due consolanti rivelazioni – Dio è Padre e il Figlio di Dio è diventato uno di noi perché noi diventassimo come lui – ci aiutano ad affrontare con una giusta consapevolezza l’immane tragedia della pandemia del Covid-19 in cui siamo immersi e che si è abbattuta sulle nostre relazioni, legami, vissuti esistenziali; su tante persone stroncate dalla sofferenza e dalla morte, che hanno patito e sono decedute senza aver ricevuto il conforto dei propri cari nell’ultimo passaggio che la vita esige. Una tragedia che da sanitaria si è allargata fino a diventare sociale con l’aumento della disoccupazione e del precariato di tanti, in particolare giovani. Una tragedia che ci sta rendendo tutti più poveri sul piano materiale e su quello spirituale. Sono cresciuti, infatti, i poveri privi dei beni primari ed essenziali per vivere e, nello stesso tempo, sono cresciuti i poveri anche sul piano spirituale, culturale e relazionale. A Natale, la consolante e impegnativa rivelazione della paternità di Dio ci sproni a sentirci fratelli e sorelle, capaci di far spazio nei nostri pensieri, nei nostri sentimenti, nelle nostre scelte, alla compassione e alla solidarietà nei confronti di tutti.
3. Carissimi fratelli e sorelle, a Natale il Signore ci conceda la grazia di accoglierlo come i pastori, non di rifiutarlo come hanno fatto gli abitanti di Betlemme. È questo il mio augurio natalizio: avere il cuore aperto ad accogliere il Signore Gesù, nella sua parola, nel sacramento dell’Eucaristia che ogni domenica ci convoca attorno all’altare, nei fratelli che si trovano nel bisogno; nel restare consapevoli che Gesù è venuto “per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga”; nell’impegnarci a lavorare perché si conosca e si esalti la gloria di Dio e si affermi la pace tra gli uomini che Dio ama. Con la terribile pandemia in corso abbiamo l’impressione che siamo inesorabilmente destinati ad essere spettatori angosciati della rovinosa caduta di un mondo ridotto ad un cumulo di macerie. Ma, non è così e non sarà così, perché anche su questo periodo sofferto e complicato, con la nascita di Gesù a Betlemme, ci raggiunge il messaggio di pace e di luce che dice a tutta la terra: Regna il tuo Dio (cf. Is 52,7); oggi è un giorno in cui si può riprendere a parlare di speranza e di gioia, rovine di Gerusalemme (cf. Is 52,9), perché col suo Natale, mistero eternamente vivo ed efficace di salvezza, il Signore ha consolato il suo popolo (cf. Is 52,9).
Auguro un buon e santo Natale, assicurando a tutti la mia preghiera e la mia benedizione.