Quello del propileo (in greco propylon) di San Giusto è un caso unico a Nord di Roma per l’eccezionale livello di conservazione “in alzato”, con basamento, colonne e attico che si presentano tuttora in situ, parzialmente “celate” nel Campanile della Cattedrale.
Si tratta di un edificio romano, databile intorno al 50 d.C., la cui funzione era quella di ingresso monumentale. Descritto alla fine del Seicento da Ireneo della Croce come arco trionfale, venne interpretato in seguito da Pietro Nobile e Pietro Kandler come tempio Capitolino della Tergeste romana. Gli scavi e le indagini degli anni Venti e Trenta del Novecento permisero poi una corretta ricostruzione della sua storia bimillenaria.
Un monumento dall’eccezionale valore storico e dalle potenzialità turistiche notevolissime, ma pressoché sconosciuto al pubblico non specializzato per motivi apparentemente banali, come il fatto che buona parte dei suoi elementi compositivi in pietra bianca si presentavano “oscurati” dalla patina del tempo. Un tesoro nascosto, ma a portata di mano.
Mancava solo qualcuno che se ne prendesse cura, investendo importanti risorse e professionalità nel suo recupero.
Lo ha fatto il Rotary Club Trieste, che ha progettato e finanziato – con la collaborazione della Fondazione Casali – un’articolata opera di restauro alla quale si è affiancata anche la realizzazione di un nuovo percorso di visita all’interno della torre campanaria della cattedrale di San Giusto.
Il Rotary Club Trieste ha così riportato il propileo all’antico splendore, per regalare alla città un nuovo tassello di quel patrimonio storico-culturale che ne sta facendo una meta turistica emergente anche per gli amanti dell’arte e della storia.
L’idea di concentrarsi su questo restauro ha iniziato a concretizzarsi a fine 2019. In tempi rapidissimi il Rotary ha presentato alla Soprintendenza regionale archeologia, bella arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia il progetto. I lavori sono partiti a gennaio 2020 e neppure la pandemia è riuscita ad arrestarli.
I risultati ottenuti sono eccezionali, perché vanno ben oltre il restauro puro e semplice: all’opera di pulizia delle superfici lapidee, della rimozione delle grate e del restauro delle vetrate che permettono ora una vista più agevole di reperti e decori finora inaccessibili si è affiancata una vera e propria opera di “ripensamento” del monumento a misura di visitatore.
È stata infatti rimossa una porzione della struttura lignea di un solaio per mettere in luce l’articolato palinsesto archeologico-architettonico della torre, è stato installato un nuovo sistema di illuminazione per valorizzare i profili architettonici, i fregi e le sequenze/sovrapposizioni strutturali del monumento e – particolare non trascurabile che rivela l’attenzione alle ricadute positive in termini di fruibilità – è stato organizzato un percorso di visita che, partendo dall’originario accesso monumentale, raggiungerà l’attico del propileo per concludersi alla cella campanaria.
Si tratta di un itinerario “misto” – in cui vengono evidenziate le molteplici fasi di “incastellamento” dell’edificio romano e gli antichi magisteri costruttivi, imbolismi, segni della storia, degli usi e delle tradizioni locali – che conduce il visitatore aiutandolo a comprendere le diverse fasi della costruzione del monumento che, come sappiamo, spazia dall’epoca romana al 1300.
È stato anche creato un passaggio “sospeso” su superficie vetrata che consente di “leggere” la struttura architettonica e che evidenzia la presenza del campanile più antico inglobato in quello trecentesco.
Nel restauro sono state coinvolte alcune eccellenze triestine: il team di Opera Est, azienda specializzata in restauri di beni culturali, capitanato da Claudia Ragazzoni che, con un lavoro certosino e sapiente, ha ripulito colonne, pilastri, capitelli, rimuovendo gli effetti del tempo e dell’incuria e ridonando così vita all’edifico. Per la parte edile ci si è affidati all’impresa Benussi & Tomasetti, mentre la parte illuminotecnica è stata curata da Adria Impianti. Utilizzati per il
recupero anche i prodotti nanotecnologici della Nanocoatings.
Ma, come detto, il ruolo del Rotary non si esaurisce nella promozione e nel finanziamento (insieme alla Fondazione Casali) di questo progetto: il club triestino, presieduto da Francesco Granbassi, ha infatti messo in campo la professionalità dei propri soci soci, in primis Aulo Guagnini, architetto e ingegnere, e Alessandro Zanmarchi, avvocato ed esperto in materia di beni culturali, nei rispettivi ruoli di progettista e responsabile dei lavori, e di coordinatore degli aspetti tecnico-giuridici dell’intervento.
Completa il quadro il coinvolgimento delle istituzioni, in primo luogo la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, che non si è limitata ad esercitare le proprie competenze per l’autorizzazione degli interventi, le cui modalità sono state peraltro oggetto di costante condivisione in numerosi incontri e sopralluoghi congiunti. I lavori sono stati infatti anche l’occasione per alcune puntuali verifiche archeologiche, affidate dalla Soprintendenza all’Impresa Malvestio Diego e C. di Concordia Sagittaria, che si è avvalsa di professionisti triestini, i quali – sotto la direzione del funzionario archeologo Paola Ventura – hanno riportato in evidenza, mediante sondaggi mirati, il piano di posa antico dell’avancorpo, costruendo inoltre la base per un rilievo strumentale del monumento: l’intento è di giungere ad una documentazione completa ed alla ricostruzione virtuale del Propileo, che potrà avere importanti ricadute sia scientifiche che per la restituzione e divulgazione al più vasto pubblico.
“La meritoria iniziativa del Rotary Club Trieste” – sottolinea la Soprintendente Simonetta Bonomi – “ha dato un contributo sostanziale alla valorizzazione di uno dei più importanti, e sicuramente del più affascinante, dei monumenti romani cittadini. Ora il Propileo finalmente risplende dopo decenni di oscurità e rivela non solo la sua imponenza ma anche la fitta stratificazione storica e architettonica di cui è il perno.”
“Il restauro e la restituzione alla città del propileo romano è un service di grande importanza culturale ed economica per la città tutta” ha dichiarato Francesco Granbassi, presidente del Rotary Club Trieste. “Stiamo parlando di uno dei monumenti meglio conservati in alzato a Nord di Roma. È un grandissimo onore aver affrontato come Rotary Club Trieste questo service e consegnare oggi nella mani dell’arcivescovo Crepaldi e in quelle del sindaco Dipiazza un’opera unica restituita all’antica bellezza. Si tratta di un service tipicamente rotariano, dove le nostre professionalità interne hanno operato a beneficio di una comunità allargata. È quasi incredibile che chi ha lavorato sia riuscito in tempi così brevi a realizzare tutto questo. Sono tante le persone da ringraziare, ma in primis vorrei esprimere massima gratitudine ai rotariani Guagnini, Slocovich e Zanmarchi, con i quali abbiamo condiviso sin dall’inizio questo percorso, e alla Soprintendenza, che ha supportato con entusiasmo e convinzione questa operazione”.
Il progetto si è anche avvalso della consulenza scientifica della professoressa Monika Verzár Bass, professore ordinario emerito in Archeologia e Storia dell’arte greca e romana, che ha diretto per molti anni la Scuola di Specializzazione in Archeologia, il Corso di Laurea in Scienze dei Beni Culturali e il Corso di Laurea Specialistica in Archeologia dell’Ateneo triestino.
“L’edificio ha un valore eccezionale: non solo per la sua conservazione notevole e per la sua rarità tra le architetture delle città romane in Italia ma anche perché è ancora poco noto anche tra gli esperti” – ha dichiarato la professoressa Verzár Bass. – “Il fatto che il Rotary Club Trieste si sia impegnato in un’operazione di così alto valore, per restituire alla città un testimone così prezioso che contribuisce alla giusta rivalutazione della Tergeste romana e della sua importanza nei rapporti commerciali con la Grecia e la parte orientale del Mediterraneo, è un segnale importante su quello che può essere un moderno modo di fare mecenatismo culturale”.
Ma a San Giusto il tempo e lo spazio non hanno confini: è proprio dal suo campanile infatti che la Trieste antica e medievale incontra e abbraccia la città settecentesca del Borgo Teresiano, la metropoli commerciale dei palazzi ottocenteschi e la Trieste moderna, il porto e il mare.
La visita al campanile permette infatti di avere una visione d’insieme di tutte queste anime godendo, una volta raggiunta la sommità, di una delle più belle viste sulla città.
E affinché chiunque possa godere di tanta bellezza, l’intervento del Rotary Club Trieste si concluderà con l’installazione di una webcam sul colmo della torre campanaria, che diffonderà così l’immagine del capoluogo del Friuli Venezia Giulia in tutto il mondo.