L’Esortazione apostolica “Querida Amazonia” di Papa Francesco

DIOCESI DI TRIESTE

ESORTAZIONE APOSTOLICA QUERIDA AMAZONIA DI PAPA FRANCESCO

Presentazione

+ Giampaolo Crepaldi

 

Carissimi fratelli e sorelle,

il 12 di febbraio è stata resa pubblica l’Esortazione apostolica Querida Amazonia di Papa Francesco, che giunge dopo la celebrazione del Sinodo speciale che si era tenuto in Vaticano nel mese di ottobre dell’anno scorso sul tema Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale. Da una veloce lettura del documento pontificio mi pare che i pilastri che ne sostengono l’impianto siano soprattutto due, entrambi mutuati dalla dottrina sociale della Chiesa. In primo luogo, il principio dell’opzione preferenziale per i poveri che sollecita a guardare alla realtà dell’Amazzonia con gli occhi dei poveri, facendoci evangelicamente guidare da loro nella comprensione dei drammatici problemi della loro terra; in secondo luogo, l’invito ad utilizzare l’approccio tipico della sapienza cristiana nell’affrontare le questioni ambientali, quello che viene comunemente denominato ecologia integrale o umana, dove i vari elementi – quello propriamente ambientale, quello sociale e culturale – vengono considerati e tenuti insieme a partire da una visione integrale dell’uomo. Dentro questo orizzonte viene elaborata l’Esortazione che, per valore magisteriale e per i suoi contenuti, risulta essere un passo oltre quelle che sono state le conclusioni del Sinodo, che restano come un’utile testimonianza storica del percorso sinodale. Questo dato metodologico è significativo perché ci consente di capire che l’Esortazione è un testo in cui troviamo espressa la mens propria di Papa Francesco, i suoi sogni sui quali sono stati articolati i vari capitoli del documento e delineate le sue attese e aspettative nei confronti dell’Amazzonia. Sogni che non hanno prodotto un “libro dei sogni”, ma che, con realismo cristiano, indicano passi concreti da fare sul piano spirituale e pastorale.

Per invogliarvi a leggere l’Esortazione, consentitemi ora di richiamare brevissimamente alcuni passaggi del documento che aiutano a decifrare i sogni del Santo Padre.

– Il sogno sociale: “Il nostro sogno è quello di un’Amazzonia che integri e promuova tutti i suoi abitanti perché possano consolidare un “buon vivere”. Ma c’è bisogno di un grido profetico e di un arduo impegno per i più poveri. Infatti, benché l’Amazzonia si trovi di fronte a un disastro ecologico, va rilevato che «un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri». Non ci serve un conservazionismo «che si preoccupa del bioma ma ignora i popoli amazzonici»” (n. 8).

– Il sogno culturale: “Il tema è promuovere l’Amazzonia; ciò però non significa colonizzarla culturalmente, bensì fare in modo che essa stessa tragga da sé il meglio. Questo è il senso della migliore opera educativa: coltivare senza sradicare; far crescere senza indebolire l’identità; promuovere senza invadere. Come ci sono potenzialità nella natura che potrebbero andare perdute per sempre, lo stesso può succedere con culture portatrici di un messaggio ancora non ascoltato e che oggi si trovano minacciate come non mai” (n. 28).

– Il sogno ecologico: “In una realtà culturale come l’Amazzonia, dove esiste una relazione così stretta dell’essere umano con la natura, l’esistenza quotidiana è sempre cosmica. Liberare gli altri dalle loro schiavitù implica certamente prendersi cura dell’ambiente e proteggerlo, ma ancor più aiutare il cuore dell’uomo ad aprirsi con fiducia a quel Dio che non solo ha creato tutto ciò che esiste, ma ci ha anche donato sé stesso in Gesù Cristo. Il Signore, che per primo ha cura di noi, ci insegna a prenderci cura dei nostri fratelli e sorelle e dell’ambiente che ogni giorno Egli ci regala. Questa è la prima ecologia di cui abbiamo bisogno. In Amazzonia si comprendono meglio le parole di Benedetto XVI quando diceva che «accanto all’ecologia della natura c’è un’ecologia che potremmo dire “umana”, la quale a sua volta richiede un’”ecologia sociale”. E ciò comporta che l’umanità […] debba tenere sempre più presenti le connessioni esistenti tra l’ecologia naturale, ossia il rispetto della natura, e l’ecologia umana». L’insistenza sul fatto che «tutto è connesso» vale in modo speciale per un territorio come l’Amazzonia” (n. 41).

– Il sogno ecclesiale: “La Chiesa è chiamata a camminare con i popoli dell’Amazzonia. In America Latina questo cammino ha avuto espressioni privilegiate come la Conferenza di Vescovi a Medellín (1968) e la sua applicazione all’Amazzonia a Santarem (1972); e poi a Puebla (1979), Santo Domingo (1992) e Aparecida (2007). La strada prosegue e il compito missionario, se vuole sviluppare una Chiesa dal volto amazzonico, deve crescere in una cultura dell’incontro verso una «pluriforme armonia». Ma perché sia possibile questa incarnazione della Chiesa e del Vangelo deve risuonare, sempre nuovamente, il grande annuncio missionario” (n. 61).

Il quarto capitolo – anche per le accese discussioni che hanno accompagnato il prima, il durante e il poi del Sinodo sull’Amazzonia soprattutto sui temi del rapporto tra fede e cultura, della possibilità di ordinare preti uomini sposati, dell’aprire alle donne l’accesso al ministero ordinato del diaconato – contiene preziosi chiarimenti che mi sembra particolarmente utile evidenziare.

a) Sull’inculturazione: “La Chiesa, mentre annuncia sempre di nuovo il kerygma, deve crescere in Amazzonia. Per questo, riconfigura sempre la propria identità nell’ascolto e nel dialogo con le persone, le realtà e le storie del suo territorio. In tal modo, potrà svilupparsi sempre di più un necessario processo di inculturazione, che non disprezza nulla di quanto di buono già esiste nelle culture amazzoniche, ma lo raccoglie e lo porta a pienezza alla luce del Vangelo” (n. 66). “Allo stesso tempo, l’inculturazione del Vangelo in Amazzonia deve integrare meglio la dimensione sociale con quella spirituale, così che i più poveri non abbiano bisogno di andare a cercare fuori dalla Chiesa una spiritualità che risponda al desiderio della loro dimensione trascendente. Pertanto, non si tratta di una religiosità alienante e individualista che mette a tacere le esigenze sociali di una vita più dignitosa, ma nemmeno si tratta di tagliare la dimensione trascendente e spirituale come se all’essere umano bastasse lo sviluppo materiale. Questo ci chiama non solo a combinare le due cose, ma a collegarle intimamente. Così risplenderà la vera bellezza del Vangelo, che è pienamente umanizzante, che dà piena dignità alle persone e ai popoli, che riempie il cuore e la vita intera” (n. 76).

b) Sulla mancanza di sacerdoti in Amazzonia: “Questa pressante necessità mi porta ad esortare tutti i Vescovi, in particolare quelli dell’America Latina, non solo a promuovere la preghiera per le vocazioni sacerdotali, ma anche a essere più generosi, orientando coloro che mostrano una vocazione missionaria affinché scelgano l’Amazzonia. Nello stesso tempo, è opportuno rivedere a fondo la struttura e il contenuto sia della formazione iniziale sia della formazione permanente dei presbiteri, in modo che acquisiscano gli atteggiamenti e le capacità necessari per dialogare con le culture amazzoniche. Questa formazione dev’essere eminentemente pastorale e favorire la crescita della misericordia sacerdotale (n. 90).

c) Sull’accesso delle donne al diaconato: “Questo ci invita ad allargare la visione per evitare di ridurre la nostra comprensione della Chiesa a strutture funzionali. Tale riduzionismo ci porterebbe a pensare che si accorderebbe alle donne uno status e una partecipazione maggiore nella Chiesa solo se si desse loro accesso all’Ordine sacro. Ma in realtà questa visione limiterebbe le prospettive, ci orienterebbe a clericalizzare le donne, diminuirebbe il grande valore di quanto esse hanno già dato e sottilmente provocherebbe un impoverimento del loro indispensabile contributo” (n. 100).

Nella parte finale dell’Esortazione, Papa Francesco ci racconta un ultimo sogno, che ricorre costantemente nel suo ministero fin dall’inizio, quello del dialogo ecumenico, invitando i cristiani a valorizzare di più quello che li unisce: “Come cristiani, ci unisce tutti la fede in Dio, il Padre che ci dà la vita e ci ama tanto. Ci unisce la fede in Gesù Cristo, l’unico Redentore, che ci ha liberato con il suo sangue benedetto e la sua risurrezione gloriosa. Ci unisce il desiderio della sua Parola che guida i nostri passi. Ci unisce il fuoco dello Spirito che ci spinge alla missione. Ci unisce il comandamento nuovo che Gesù ci ha lasciato, la ricerca di una civiltà dell’amore, la passione per il Regno che il Signore ci chiama a costruire con Lui. Ci unisce la lotta per la pace e la giustizia. Ci unisce la convinzione che non si esaurisce tutto in questa vita, ma che siamo chiamati alla festa celeste dove Dio asciugherà ogni lacrima e raccoglierà quanto abbiamo fatto per coloro che soffrono” (n. 109). L’Esortazione termina con una preghiera alla Madonna, invocata come Madre dolorosa e Madre della vita: Madre del cuore trafitto, che soffri nei tuoi figli oltraggiati e nella natura ferita, regna tu in Amazzonia insieme al tuo Figlio. Regna perché nessuno più si senta padrone dell’opera di Dio. In te confidiamo, Madre della vita, non abbandonarci in questa ora oscura. Amen.