Riconciliati in Cristo – Messaggio per la Quaresima 2019

DIOCESI DI TRIESTE

+ Giampaolo Crepaldi

Arcivescovo-Vescovo di Trieste

MESSAGGIO PER LA QUARESIMA 2019

RICONCILIATI IN CRISTO

 

Carissimi presbiteri, diaconi, consacrati e consacrate, fedeli laici della Chiesa di Trieste: “grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo” (1Cor 1,3)!

Quaresima e riconciliazione

1. Utilizzando le parole di san Paolo possiamo affermare che il tempo della Quaresima, che la Chiesa ci offre per prepararci a fare memoria dei grandi eventi della Pasqua del Signore Gesù, è il momento favorevole è il giorno della salvezza (cf. 2Cor 6,2). La ragione profonda di tutto questo ci viene offerta ancora da san Paolo: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio” (2Cor 5,21). In questo brano l’Apostolo ci parla del grande mistero della Redenzione, nel quale ciascuno di noi è invitato ad entrare. Esso consiste nell’espiazione che Cristo ha compiuto dei nostri peccati, perché noi potessimo diventare in Lui giustizia di Dio. Ecco perché nel tempo della Quaresima ci è donata la possibilità di essere rigenerati per una nuova vita: è il tempo della misericordia e del perdono perché il Padre vuole fare di ciascuno di noi un miracolo della sua grazia.

2. Poiché la Quaresima è il tempo del perdono e della misericordia, essa è anche il tempo della conversione e della penitenza: “Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male” (Gl 2,13), ci ammonisce il Profeta Gioele. La Chiesa apre il tempo santo della Quaresima con un rito di impressionante grandezza: l’imposizione delle ceneri. Questo rito sollecita un serio esame di coscienza per verificare se la nostra vita è realmente incamminata sulla strada della conversione. Come tutti gli esami anche quello di coscienza non è facile, perché ci sono tre fattori che lo complicano. Il primo viene dal demonio che continua a suggerirci di non mettere la nostra confidenza in Dio, ma in noi stessi: “…sareste come dei, conoscendo il bene ed il male” (Gen 3,5). Il secondo viene dal mondo con le sue variegate proposte culturali e di civiltà – tutte allettanti -, che vanno uniformemente nella direzione di escludere la presenza e l’azione di Dio nella nostra vita personale e collettiva. Il terzo ci riguarda direttamente perché è dentro di noi ed ha la sua origine dentro di noi. Ci ricorda san Paolo: “La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste” (Gal 5,17). Entrando nel tempo della Quaresima, la Chiesa ci avverte che, se si intende percorrere la strada della conversione, bisogna mettere in conto duri combattimenti contro satana, il mondo e noi stessi.

3. La prospettiva del combattimento giustamente intimorisce. Non è il caso, anzi dobbiamo lodare e ringraziare il Signore che ci dona ancora un tempo durante il quale usa pazienza: “Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi” (2Pt 3, 9). La Quaresima, infatti, è un tempo durante il quale Dio intende compiere la sua opera più grande: la nostra redenzione e santificazione. In che cosa consiste questa opera divina? La risposta ce la offre S. Paolo che individua l’opera divina nella riconciliazione: “… tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo”(2Cor 5,18). La riconciliazione di cui parla l’Apostolo, è la trasformazione profonda della persona umana tanto da farne una nuova creatura.

4. La forza che fa di noi creature nuove sussiste nel sacrificio pasquale di Cristo e mantiene la sua efficacia e manifesta la sua fecondità nella Chiesa. La sorgente della riconciliazione continua a zampillare nella Chiesa. Dio non si stanca di noi. E la Chiesa esiste per ricordarci e annunciarci “di generazione in generazione” – anche dentro alle più laceranti devastazioni dell’umano, anche dentro al deserto di senso in cui ci troviamo – la misericordia di Dio che perdona e riconcilia. La conversione consiste in ultima analisi in questo: fare di Dio l’asse architettonico della nostra vita. L’opera riconciliatrice di Dio mira a questo: orientare la nostra vita a Lui, unico fondamento che ci impedisce di cadere nel nulla. Voler separare l’esercizio della nostra libertà dalla Potenza che ci ha creati, è la nostra disperazione. Voler vivere davanti a Dio, è la nostra vera gioia e salvezza. Per questo motivo il tema che ho scelto per il Messaggio quaresimale è il seguente: riconciliati in Cristo.

Il messaggio biblico sulla riconciliazione

5. Per comprendere bene il senso spirituale del nostro essere riconciliati in Cristo è necessario metterci in ascolto della Parola di Dio. La Bibbia ci informa che, dopo la rottura tra Dio e gli uomini causata dal peccato originale – quello commesso dai nostri progenitori Adamo ed Eva -, Dio ha sempre cercato, con pazienza e bontà infinite, di ristabilire un’alleanza d’amore e di pace, offrendo il suo perdono quale preludio alla riconciliazione con essi. Si rivela come il “Dio misericordioso e pietoso” (Es 34, 6), che desiste dall’”ira ardente” (Sal 85,4; cf. 103,8-12), che parla di pace al suo popolo (cf. Sal 85,9). Dio non si rassegna ai peccati di Israele, ma cerca per la sua sposa infedele (cf. Os 2,16-22) e per i suoi figli ribelli (cf. Ez 18,31ss) una riconciliazione nell’orizzonte di un’alleanza nuova ed eterna (cf. Ger 31,31ss; Ez 36,24-30). Tuttavia, pur nella continuità tra i due Testamenti, è con Cristo che si realizza in pienezza la riconciliazione che il Padre offre all’umanità. L’uomo, da solo, è incapace di riconciliarsi con il Creatore che ha offeso con il suo peccato. Qui l’azione di Dio è primaria e decisiva: “… tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo” (2Cor 5,18). Egli ci amava già quando noi eravamo suoi “nemici” (Rm 5,10), e proprio allora il suo Figlio “è morto per noi” (5, 8).

6. Nello sforzo intrapreso per giungere ad un’approfondita comprensione del nostro essere riconciliati in Cristo è bene affidarsi a san Paolo, il teologo della riconciliazione. Egli ci offre alcuni testi fondamentali, che costituiscono la struttura portante del suo insegnamento e che vi invito a leggere e a meditare con apertura di cuore: Col 1,19-22; 2Cor 5,18-21; Rm 5,10-11; Ef 2,14-18). Che cosa ci insegna san Paolo sulla riconciliazione?

a) In primo luogo, la riconciliazione cristiana ha origine dal Padre ed è una sua unilaterale iniziativa: “È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui – in Cristo – tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose” (Col 1,19-20). Il “è piaciuto” esprime una volontà piena di benevolenza: infatti solo Dio, Padre e Creatore, può dare fondamento e sostanza ad una nuova relazione d’amore tra Lui e l’umanità peccatrice.

b) In secondo luogo, il Padre opera la riconciliazione con l’umanità peccatrice per mezzo di Cristo: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché noi in lui potessimo diventare giustizia di Dio” (2Cor 5,21).

c) In terzo luogo, la riconciliazione donata dal Padre consiste nella remissione dei peccati: “Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe” (2Cor 5,19). “Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi” (Rm 5,6; cf. 1Gv 2,1-2). Cristo annienta i peccati di tutti gli uomini: “Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo – Adamo – tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo – il nuovo Adamo, Cristo – tutti saranno costituiti giusti” (Rm 5,19).

d) In quarto luogo, con l’offerta della riconciliazione Dio dona all’umanità la possibilità di una nuova relazione d’amore con Lui: “… dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20). Questa grazia è il dono di un cuore nuovo e di uno spirito nuovo promesso da Dio per bocca dei profeti Geremia ed Ezechiele (cf. Ger 31,33; Ez 36,26), che rende i discepoli di Cristo figli adottivi di Dio (cf. Rm 8,14-16) e concittadini dei santi e familiari di Dio (cf. Ef 2,19). Nemici di Dio per la loro condotta cattiva (cf. Rm 1,30; 8,7), ora possono gloriarsi in Dio (cf. Rm 5,11), che vuole farli comparire dinanzi a sé santi, immacolati ed irreprensibili (cf. Col 1,22), perché abbiano tutti, in un solo spirito, accesso al Padre (cf. Ef 2,18).

e) In quinto luogo, la riconciliazione riguarda anche il mondo materiale (cf. 2Cor 5,19; Rm 11,15), perché è solidale con l’uomo e deve partecipare alla sua liberazione (cf. Rm 8,19-22). Soprattutto nelle lettere della prigionia, quelle ai Colossesi e agli Efesini, l’orizzonte di san Paolo si amplia, per abbracciare tutto l’universo, sulla terra e nei cieli (cf. Col 1,20; Col 2,15).

f) In sesto luogo, Cristo realizza la riconciliazione dei Giudei e dei pagani. Tramite l’azione di Cristo, nostra pace (cf. Ef 2,14), i pagani sono integrati nel popolo eletto allo stesso titolo dei Giudei e l’era della separazione e dell’odio è terminata. Tutti gli uomini formano in Cristo un solo corpo (cf. 2,16), un solo tempio santo (cf. 2,21).

7. L’insegnamento del Nuovo Testamento sul nostro essere riconciliati in Cristo è raccolto anche in quella parte del discorso sulla montagna (cf. Mt 5,20-48) che contiene l’unica utilizzazione evangelica del verbo riconciliarsi (cf. v. 24). In questo testo Gesù offre un insegnamento molto impegnativo ed esigente. Ci chiede: di prevenire le discordie e le divisioni; di non ferire il prossimo con le parole, evitando ira, maldicenza (cf. v. 22) e menzogna (cf. v. 37); di essere distaccati dai beni materiali in modo tale da saperli condividere (cf. v. 42) e da consentire ad esserne privati anche ingiustamente, senza provocare un contenzioso giuridico (cf. v. 40); di subire la violenza piuttosto che farla (cf. vv. 39. 41); di vivere integralmente (cf. vv. 27-28) e fedelmente l’amore matrimoniale (cf. vv. 31-32); di sanare le divisioni già prodotte; di perdonare, cioè rispondere al male con il bene (cf. vv. 43-47); di fare il primo passo (cf. vv. 23-24); di agire tempestivamente, per evitare che il male si propaghi e diventi cronico (cf. vv. 25-26); di essere esigenti con se stessi (cf. v. 29) e indulgenti con gli altri (cf. v. 39).

Collaborare all’opera di riconciliazione

8. Dal dono dell’essere riconciliati in Cristo nasce il compito di essere testimoni e operatori di riconciliazione cristiana. In particolare nel brano biblico della 2Cor 5,18-21, san Paolo ci offre un sostanzioso insegnamento circa il ministero della riconciliazione, chiedendoci di collaborare all’opera della riconciliazione. Pur essendo frutto di un amore gratuito e senza limiti, la riconciliazione che Dio offre all’umanità, non raggiunge il suo compimento finché non viene accolta e vissuta. La nostra collaborazione all’opera della riconciliazione è resa preziosa dal fatto che si tratta di una esplicita richiesta di Dio (cf. 2Cor 5,18). Essa è un aspetto essenziale della nostra conformazione a Cristo e da essa dipendono la pace e l’unità della famiglia umana (cf. Ef 2,14-17), e anche l’autenticità e la gioia dell’amore fraterno nella comunità ecclesiale. Non siamo graditi a Dio se ci presentiamo a Lui senza essere riconciliati tra di noi (cf. Mt 5,23-24). La nostra collaborazione sarà autentica se realizzerà le seguenti condizioni: lasciare che Dio affidi “a noi la parola della riconciliazione” (2Cor 5,19); parlare come ambasciatori di Cristo: “In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta” (2Cor 5,20); “supplicare” (cf. 2Cor 5,20) perché la riconciliazione divina venga accolta da tutti; adempiere “il ministero della riconciliazione” (2 Cor 5,18).

9. Per collaborare come riconciliati in Cristo all’opera divina della riconciliazione ci restano ancora due passi decisivi: la preghiera e il sacrificio. La preghiera implora il dono della riconciliazione al Padre, sorgente di “ogni dono perfetto” (Gc 1,17). La preghiera, infatti è il mezzo che Gesù ci ha insegnato ad usare quando ha pregato per l’unità dei suoi discepoli: “… perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). Il sacrificio ci chiede di perdere la nostra vita come Cristo: “In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore” (Gv 12,24-26). Questo sacrificio della vita che il Signore ci chiede ci impegna ad abbassare i toni del nostro amor proprio e a perdonare di cuore (cf. Mt 18,35), con un amore di misericordia, l’unico capace di vincere le divisioni e le inimicizie tra fratelli.

Percorsi di riconciliazione

10. Lo spazio dove si custodisce e si coltiva la grazia del nostro essere riconciliati in Cristo è la Chiesa. Il Concilio Vaticano II ci ha consegnato una bellissima definizione di essa, considerandola come “sacramento, o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”, tutta protesa ad ottenere la “piena unità in Cristo” per gli “uomini oggi più strettamente congiunti da vari vincoli” (Lumen Gentium, 1). Strettamente legata a Cristo, la Chiesa ha la missione della riconciliazione dell’uomo con Dio, con se stesso, con i fratelli, con tutto il creato, offrendo ad essi le vie e i mezzi per realizzarla. Le vie – vie che ci toccano nel profondo dell’anima – sono, appunto, quelle della conversione del cuore e della vittoria sui peccati come l’egoismo, l’ingiustizia, la prepotenza, lo sfruttamento altrui, l’attaccamento ai beni materiali e la ricerca sfrenata del piacere. I mezzi sono quelli del fedele ascolto della parola di Dio, della preghiera personale e comunitaria e, soprattutto, dei sacramenti, veri segni e strumenti di riconciliazione, tra i quali occupano un posto preminente i sacramenti della riconciliazione e dell’Eucaristia.

11. La Chiesa, per annunciare e proporre sempre più efficacemente al mondo la riconciliazione, deve diventare sempre più una comunità riconciliata, una comunità di riconciliati in Cristo, pronti a vivere come uomini e donne nuovi nello spirito e nella pratica della riconciliazione. Anche la nostra Chiesa tergestina è chiamata ad essere una comunità riconciliata, dando il buon esempio con il superare divisioni, sanare ferite inferte ai fratelli, essere unita in ciò che è essenziale per la fede e la vita cristiana, secondo l’antica massima: in dubiis libertas, in necessariis unitas, in omnibus caritas. Composta di riconciliati in Cristo, la nostra Chiesa tergestina sarà pronta anche ad impegnarsi nel dialogo ecumenico tanto opportuno nel contesto della nostra realtà e anche nel dialogo interreligioso. Si sentirà interpellata poi dall’urgenza di annunciare il Vangelo a quei vasti ambienti che non condividono la sua fede e che, a causa di un crescente secolarismo, le oppongono una fredda indifferenza. A tutti la Chiesa che è in Trieste sente di dover ripetere con san Paolo: “Lasciatevi riconciliare con Dio” (2Cor 5,20). In ogni caso, la Chiesa tergestina promuoverà una riconciliazione nella verità, sapendo bene che non sono possibili né la riconciliazione né l’unità fuori o contro la verità.

12. Quali mezzi di sostentamento nel nostro impegno ad essere riconciliati in Cristo e per alimentare costantemente e fervorosamente la nostra vita spirituale la Chiesa ci offre i sacramenti, soprattutto quelli dell’Eucaristia e della Penitenza. Per illustrare questo punto del messaggio quaresimale, consentitemi di proporvi due brani dell’Esortazione apostolica di san Giovanni Paolo II Reconciliatio et paenitentia.

a) Sull’Eucaristia come sacramento di riconciliazione: “La definizione, che sant’Agostino dà dell’Eucaristia come «sacramentum pietatis, signum unitatis, vinculum caritatis», mette in chiara luce gli effetti di santificazione personale («pietas») e di riconciliazione comunitaria («unitas» e «caritas»), che derivano dall’essenza stessa del mistero eucaristico, come rinnovamento incruento del sacrificio della croce, fonte di salvezza e di riconciliazione per tutti gli uomini. È necessario, tuttavia, ricordare che la Chiesa, guidata dalla fede in questo augusto sacramento, insegna che nessun cristiano, consapevole di peccato grave, può ricevere l’Eucaristia prima di aver ottenuto il perdono di Dio… E la consuetudine della Chiesa dimostra che quella prova è necessaria, perché nessuno consapevole di essere in peccato mortale, per quanto si creda contrito, si accosti alla santa Eucaristia prima della confessione sacramentale. Che, se si trova in caso di necessità e non ha modo di confessarsi, faccia prima un atto di contrizione perfetta” (n. 27).

b) Sulla confessione come sacramento di riconciliazione. “È da sottolineare, poi, che il frutto più prezioso del perdono ottenuto nel sacramento della penitenza consiste nella riconciliazione con Dio, la quale avviene nel segreto del cuore del figlio prodigo e ritrovato, che è ciascun penitente. Ma bisogna aggiungere che tale riconciliazione con Dio ha come conseguenza, per così dire, altre riconciliazioni, che rimediano ad altrettante rotture, causate dal peccato: il penitente perdonato si riconcilia con se stesso nel fondo più intimo del proprio essere, in cui ricupera la propria verità interiore; si riconcilia con i fratelli, da lui in qualche modo aggrediti e lesi; si riconcilia con la Chiesa; si riconcilia con tutto il creato. Da questa consapevolezza nasce nel penitente, al termine della celebrazione, il senso della gratitudine a Dio per il dono della misericordia ottenuta, a cui lo invita la Chiesa. Ogni confessionale è uno spazio privilegiato e benedetto, dal quale, cancellate le divisioni, nasce nuovo e incontaminato un uomo riconciliato, un mondo riconciliato!” (n. 31).

13. L’essere riconciliati in Cristo non comporta solo la coltivazione della dimensione spirituale della riconciliazione cristiana, ma richiede anche un’opportuna e sapiente apertura alle sue implicazioni sociali e culturali. Nella prospettiva biblica il cristiano riconciliato in Cristo è l’uomo della pace, precisando che la pace di cui parla la Scrittura non è assenza di guerra, ma pienezza di relazioni, armonia con Dio, con sé, con gli altri, con la terra e con il futuro. Come non andare con il pensiero alle tragiche vicende storiche di odio, violenza e inimicizia vissute dalla nostra Città, emblematicamente rappresentate dai monumenti della Risiera di San Sabba e dalla Foiba di Basovizza. Vicende le cui dolorose conseguenze non devono continuare a pesare sul presente e sul futuro della Città, chiamata invece ad una profonda riconciliazione capace di aprire una feconda stagione di amicizia civile. La Chiesa che è in Trieste non mancherà di dare il suo contributo affinché la Città diventi sempre più un testimone credibile e profetico di riconciliazione: una Città unificata nel proprio intimo, rinnovata e capace di donare riconciliazione agli altri. Sì, Trieste ha il cuore e l’anima per essere la Città della Riconciliazione!

14. Questa singolare consapevolezza avrà una sua prima concreta realizzazione con la decisione di porre all’interno della Chiesetta di via Cavana – dedicata ai santi Rocco e Sebastiano e attualmente in via di definitivo restauro per una sua apertura entro quest’anno – il quadro della Madonna Addolorata di fronte al quale il mio predecessore S. E. Mons. Antonio Santin pregò prima di salire verso il Castello dove andò a implorare il comando nazista a desistere dal distruggere Trieste. La Madonna lo aiutò e Trieste si salvò. Ora questa sacra immagine della Madonna, destinata fino ad ora al culto privato dei Vescovi, diventerà oggetto di pietà popolare con il nome prezioso di Madre della Riconciliazione. In Maria si è operata la riconciliazione di Dio con l’umanità, si è compiuta l’opera della riconciliazione, perché ha ricevuto da Dio la pienezza della grazia in virtù del sacrificio redentore del Figlio suo Gesù Cristo. A Maria affidiamo la Chiesa e la Città di Trieste, implorandola di tenere lantane le ragioni dell’inimicizia e di renderle pronte ad affermare sempre le ragioni sacrosante della riconciliazione, dell’amicizia e della pace. Di cuore tutti benedico!

 

Trieste, 6 marzo, Mercoledì delle Ceneri