Santa Messa di inizio Anno Accademico 2018/2019

DIOCESI DI TRIESTE

INIZIO ANNO ACCADEMICO 2018-2019

+ Giampaolo Crepaldi

Cattedrale di San Giusto, 5 dicembre 2018

 

Carissimi professori, studenti, personale tecnico e amministrativo del mondo universitario!

1.           Sono particolarmente lieto di condividere con voi questo significativo momento di memoria eucaristica organizzato per chiedere al Signore Gesù la grazia di farsi vostro compagno di viaggio lungo l’anno accademico appena iniziato. Il brano del profeta Isaia che abbiamo appena ascoltato ci parla di speranza, sempre connessa a una promessa che Dio stesso fa. La speranza è, infatti, uno dei temi centrali del tempo liturgico di Avvento iniziato alcuni giorni orsono, in cui si inscrive la celebrazione di questa Santa Messa di inizio per l’anno accademico. Credo che, come ogni uomo, così ogni realtà umana ha bisogno di soffermarsi su questa parola di speranza, compresa l’Università e il mondo della ricerca. Consentitemi di declinare questa parola nella vostra realtà accademica, per cercare di porci in ascolto di quanto il Signore ci vuole dire.

2.           Il primo pensiero va a voi giovani studenti, che rappresentate il volto concreto della speranza. In una situazione sociale e lavorativa spesso difficile e confusa, la scelta del percorso universitario e il suo compimento non si rivelano – come poteva essere un tempo – risolutivi di una direzione vocazionale chiara. Durante gli studi si può quasi temere di porsi domande scomode sulla dimensione vocazionale del proprio impegno e, terminati gli stessi, spesso permane l’incertezza. Di fronte a questo scenario è importante che facciate vostra fino in fondo la parola di speranza che Dio oggi ci porge: c’è, in fondo al vostro cammino, una chiamata alla pienezza per cui vale la pena di faticare, una salvezza che riempie di senso fin da subito il vostro oggi. Non abbiate paura di affrontare le grandi domande della vostra vita, per non appiattire il vostro studio alla meccanica esecuzione di indicazioni estrinseche o a un mezzo per conseguire una felicità incerta domani. Fate invece che diventi fin da subito parte integrante di tutta la vostra vita, perché lo studio vi rende capaci di domani solo se vi interpella integralmente oggi. Vi raccomando di diventare sempre più consapevoli della novità che così facendo portate, e di farvene carico: anche a voi spetta il compito di riempire di speranza l’Università. Non è sufficiente guardarla come una erogatrice di servizi dovuti alla vostra persona, perché essa è un pezzo importante del mondo che costruite: essa aspetta qualcosa da voi, o meglio qualcosa di voi.

3.           Il secondo pensiero va ai docenti e al personale tecnico e amministrativo, ma anche ai Collegi universitari. Forse non tutti – neanche gli studenti – conoscono la fatica che voi affrontate ogni giorno per portare avanti una realtà così preziosa per la società com’è quella dell’istruzione universitaria e della ricerca scientifica, tra infiniti problemi e scarsità di risorse, sia in termini di personale sia in termini economici. Il Vescovo vi è vicino e vi ringrazia, perché la vostra donazione quotidiana tramanda un bene incalcolabile per le generazioni. Vi prego di non dimenticare la ragione del vostro lavoro, che è il servizio alla verità e alla conoscenza: è un servizio al Signore stesso, lo stesso Signore che fa anche a voi la stessa promessa di senso e di pienezza fatta ai giovani studenti che servite con la vostra professionalità. Può sembrare a tratti che l’istituzione universitaria e il mondo della ricerca vengano sopraffatti dai problemi, quasi condannati da una preoccupante marginalità nello scenario sociale. Abbiate fiducia che non risiede in questo la verità, e la vostra fatica è per qualcosa che davvero vale la pena di affrontare, che produce sempre il frutto della speranza fin da subito nelle persone che siete e in quelle che servite, siano esse gli studenti o i vostri stessi colleghi.

4.           Chiudo con un’ultima considerazione che traggo dal Vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato. Il Signore passa e guarisce, sazia la fame di coloro che cercano: è Lui la risposta all’antica profezia, in Lui si compie la promessa, in Lui gli uomini trovano la soluzione al problema umano e, a partire dalla sua venuta, rifiorisce la speranza per ognuno. Non importa se possiamo mettere solo i nostri sette pani e pochi pesciolini, non importa la sproporzione tra la domanda e i nostri mezzi per rispondervi. Perché la nostra speranza non consiste in qualcosa che possiamo fare noi, ma nella Sua presenza. Credo che questo fatto, così semplice e così vertiginoso nella sua profondità, ci possa dare una indicazione preziosa e concreta per ripartire e affrontare fiduciosi questo anno di cambiamenti partendo da un punto chiaro. La speranza ha trovato casa in un Persona, in Gesù: è in Lui che tutti desiderano abitare, come ha bene espresso il Salmo. Ebbene, la sua casa oggi siamo noi, perché è tra noi che Gesù ha scelto di abitare nel mistero del Natale. Il mondo attende questa casa, così come ciascuno di noi la attende. Ciò che vi è di più prezioso nell’università e nel mondo della ricerca sono le persone: siate attenti alle persone, perché possano sempre trovare una casa nel vostro cuore. Gli studenti siano attenti ai docenti e al personale, i docenti siano attenti agli studenti… e così via. Al di fuori di questo rapporto personale perdiamo l’essenziale, perché Dio si è manifestato diventando una persona tra noi, un bambino in braccio a sua madre. Solo in questo modo la presenza della Chiesa in Università e nel mondo della ricerca potrà dare frutti di cultura autenticamente nuova, solo così potrà mettersi al servizio del bene e illuminare insieme la via a vantaggio di tutti.