Come ha affermato l’Arcivescovo Crepaldi nella presentazione alla stampa del programma della Cattedra di San Giusto quaresimale sul tema “Tempo di testimoni”, il ciclo si aprirà con il primo testimone che è nostro Signore Gesù Cristo nel momento supremo della sua vita e cioè la sua Passione. Verrà eseguita la Johannes-Passion di Johan Sebastian Bach, opera importante nella storia della musica e dal profondo significato ecumenico, che verrà eseguita dalla Cappella musicale della “Beata Vergine del Rosario” diretta dal Maestro Elia Macrì. Il Vescovo ha voluto personalmente portare in Cattedrale quest’opera per dare risalto a questa iniziativa culturale della Parrocchia della Beata Vergine del Rosario che sta a significare quanto, nella nostra città, non soltanto ci sia una raffinata cultura musicale ma ci siano iniziative di grande valore che vanno opportunamente fatte conoscere. Un ringraziamento particolare è stato rivolto all’Unione degli Istriani che ha voluto sostenere la realizzazione di questo importante evento culturale. Il Maestro Macrì ha poi voluto sottolineare l’attenzione al rispetto della filologia musicale anche attraverso l’utilizzo di strumenti barocchi come nella visione di Bach. A metà dell’opera ci sarà l’intervento dell’Arcivescovo per riproporre anche nella struttura l’intento dell’autore.
Questa la compagine della Cappella Musicale “Beata Vergine del Rosario”, diretta dal Maestro Elia Macrì, che si esibirà mercoledì 28 febbraio alle 20.30 nella Cattedrale di San Giusto. Soprani: Maria Berti, Giulia Chetta, Ingrid Iellenz, Anna Tarca, Adriana Tomišić, Elisa Verzier. Contralti: Noemi Nagy-Boros, Simona Cois, Lucia Dossi, Marina Feruglio, Lora Pavletic, Fabiana Polli, Elisa Widmar. Tenori: Massimiliano Bettoso, Simone Calmo, Aleš Petaros, Emanuele Petracco, Daniele Pilato, Claudio Zinutti, Stefano Speranzon. Bassi: Sikai Lai, Enrico Basello, Marco Carnelli, Matteo Donda, Enrico Maronese, Marco Narduzzi, Matthias Probst, Hao Wang. Per l’Orchestra. Violini primi: Nicola Mansutti, Maria Ines Zanovello, Stefano Favretto. Violini secondi: Lorenzo Gugole, Valentina Russo, Juan Manuel Araque Rueda. Viola: Simone Siviero. Viola da Gamba: Marco Casonato. Violoncello: Giulio Padoin. Contrabbasso: Leonardo Galligioni. Traversieri: Sandra Salomone, Ilaria Ferrari. Oboi: Claudia Pavarin, Enrico Cossio. Fagotto: Paolo Calligaris. Clavicembalo: Gabriele Avian.
La Passione secondo Giovanni (Johannes-Passion) BWV 245 è una composizione musicale sacra per voci soliste, coro, orchestra e organo di Johann Sebastian Bach, costruita sui capitoli 18 e 19 del Vangelo secondo Giovanni e inframmezzata da arie e corali composti su alcuni testi in poesia di Barthold Heinrich Brockes. La Passione secondo Giovanni era stata pensata per essere eseguita la prima volta nella chiesa di San Tommaso (Lipsia). In realtà, l’opera venne eseguita per la prima volta nella Nicolaikirche di Lipsia il Venerdì Santo del 7 aprile 1724.
Lasciamo alle parole di John Eliot Gardiner, direttore d’orchestra, la presentazione dell’opera tratta da un suo articolo apparso sull’Osservatore Romano: «È evidente che, come molta della più grande pittura e musica occidentale del millennio trascorso, la Passione secondo Giovanni di Bach fu concepita non come un’opera di arte religiosa, ma come una forma di culto in se stessa. Come si spiegherebbe altrimenti la straordinaria serietà e la fervente determinazione che emana? La mera convinzione della visione di Bach, la sua vivida particolarità, ispirata dal racconto della Passione, basata sulla testimonianza diretta di Giovanni, è dunque evidente fin dall’inizio nel prologo corale, Herr, unser Herrscher (“Signore, nostro sovrano”), che sembra spazzare via tutto ciò che è venuto prima. (…) Torniamo un’ultima volta a considerare l’opera dal nostro punto di vista. Deve esserci una spiegazione per cui, nella nostra epoca secolarizzata, l’ascolto della Passione secondo Giovanni sembra essere per molti un’esperienza tanto esaltante. Suggerirei che la struttura stratificata che sostiene la Passione di Bach può essere “provata”, se non immediatamente vista o sentita, dall’ascoltatore, allo stesso modo in cui i contrafforti, invisibili ai visitatori che entrano in una chiesa gotica, sono fondamentali per l’illusione di leggerezza, assenza di gravità e l’impressione di altezza. (…) Il trampolino di lancio del suo successo è la sua diretta interazione con il Vangelo stesso, i suoi temi impliciti, le sue antitesi e i suoi simboli. I simboli prendono vita ogni volta che la musica viene eseguita e ci aiutano a capire il senso dell’oltraggio e del dolore della sofferenza, le contraddizioni e le perplessità del racconto della Passione. Bach si collega continuamente con il dramma umano implicito nel racconto di Giovanni e lo porta in superficie con il compassionevole realismo di Caravaggio o di Rembrandt. (…) È particolarmente difficile per noi afferrare la prodigiosa abilità e la palpabile visione d’insieme in un’opera tanto complessa come la Passione secondo Giovanni. Bach attira raramente l’attenzione sui meccanismi tecnici che sostengono le sue abilità musicali. Eppure, come Brahms, sarebbe stato pronto a riconoscere che “senza tecnica, l’ispirazione non è che una canna agitata dal vento”. Se ciò sta a significare che la sua musica era ispirata spiritualmente — o, come qualcuno sostiene, era di origine divina — dipende naturalmente da come decidiamo di riflettere sulle fonti della sua ispirazione. Quando gli veniva chiesto di specificare le fonti della sua ispirazione, Brahms indicava il Vangelo di Giovanni e le parole di Gesù: “Il Padre, che rimane in me, compie le sue opere”, “chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste” (14, 10-12). La risposta di Bach poteva essere identica. La Passione secondo Giovanni cattura la nostra attenzione dall’inizio alla fine: la sua musica è entusiasmante, inquietante, gioiosa e profondamente commovente. In quest’opera Bach trovò la prima trionfale giustificazione del precetto di Lutero secondo cui “la Passione di Cristo non deve essere accolta con parole o forme, ma con vita e verità”».