Solennità dell’Epifania del Signore

DIOCESI DI TRIESTE

EPIFANIA DEL SIGNORE

+ Giampaolo Crepaldi
Chiesa Beata Vergine del Soccorso
6 gennaio 2017

 

Carissimi fratelli e sorelle,

1.         La Chiesa celebra oggi la festa dell’epifania del Signore, cioè la festa della sua manifestazione e rivelazione. A farci da guida in questa solenne circostanza è un brano preso dal Vangelo di Matteo, appena proclamato, che ci racconta di alcuni personaggi che venivano da lontano e che arrivano a Gerusalemme per chiedere notizie sulla nascita del re dei Giudei. Questi personaggi – misteriosi e affascinanti, che la tradizione chiama i Re magi – ci offrono oggi una significativa lezione su come si va alla ricerca della manifestazione di Dio e, in essa, del senso della propria esistenza. Il Vangelo non si sofferma a raccontarci il travaglio del loro cuore, ma sicuramente questi uomini sono stati spinti da un bisogno interiore, che li ha fatti partire, che li ha spinti a mettersi in ricerca. La loro decisione di andare è mossa, infatti, dalla ricerca profonda di un senso da dare alla propria esistenza. È questa la prima grande lezione che i magi ci offrono: prendere sul serio il bisogno di offrire un senso autentico alla propria vita, anche se può essere costoso, difficile e, spesso, doloroso.

2.         Carissimi fratelli e sorelle, la ricerca di senso dei magi trova una sua prima risposta nell’incontro con la Rivelazione. A Gerusalemme, infatti, i magi incontrano la Bibbia, che viene loro spiegata dai sommi sacerdoti e scribi e viene accolta con gioia. Nella Bibbia essi trovano una conferma puntuale delle loro attese e della loro ricerca. Quella che era una indicazione generica nel cielo, diventa ora un punto concreto sulla terra: Betlemme di Giudea. L’incontro con la Rivelazione dà una spinta decisiva alla loro ricerca: il senso profondo che stanno cercando non si trova tanto in una costruzione razionale o in una teoria, ma in un luogo concreto. La Scrittura rivela loro questo luogo. Ciò sarebbe stato impossibile con la sola ricerca razionale. È questa la seconda lezione che ci offrono i magi: è la Bibbia la bussola che ci aiuta a non sbagliare strada nella ricerca del senso della nostra esistenza. Frastornati da tante parole, solo la Bibbia è lo scrigno che custodisce la Parola, la Parola che è verità e vita per ognuno di noi.

3.         Carissimi fratelli e sorelle, i magi, guidati sia dalla stella che dalla Scrittura, arrivano a Betlemme, arrivano al “luogo in cui si trovava il bambino”, come ci racconta il Vangelo di Matteo. Lì accade qualcosa fuori dal previsto: “provarono una gioia grandissima” dice il Vangelo. Il testo greco di Matteo riporta l’avverbio “eccessivamente”. Come se, per rendere l’idea, si dovesse tradurre con “gioirono troppo”! È la gioia incontenibile dell’incontro con Gesù. È la gioia incontenibile di aver trovato la risposta al proprio bisogno di senso proprio nell’incontro con Gesù, quel bambino nato a Betlemme. È questa la terza lezione che ci offrono i magi: essi ci insegnano, che la gioia è quell’appagamento, quella soddisfazione, quella distensione che si alimentano dall’incontro personale con Cristo. Come l’uomo che ha trovato un tesoro in un campo e “lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo” (Mt 13,44), così i magi trovano in questa gioia frutto dell’incontro con Gesù la conferma sicura della verità e la ricompensa più grande delle loro fatiche.

4.         Carissimi fratelli e sorelle, dopo aver trovato Gesù, i magi lo adorano. L’adorazione costituisce, è detto nel Vangelo fin dall’inizio, il motivo della visita dei Magi. “Siamo venuti per adorarlo”. La parola “adorare” deriva dal latino “portare alla bocca”. Adorare significa entrare in comunione di respiro, di anima. Il bacio, nella Bibbia, ha questo intimo significato: la condivisione personale dell’alito, della vita. E l’adorazione biblica racchiude in sé una valenza personale e forte, quasi intima. Quando adoro, divento intimo di Dio. “Prostratisi lo adorarono”, diventando così intimi di Dio. Inoltre, la prostrazione che i magi riservano al bambino è la stessa che si deve solo a Dio: riconoscono in quel bambino, davanti ai loro occhi, il Dio che cercavano. È questa la quarta lezione che ci offrono i magi: la ricerca di sé ha il suo esito più vero in ginocchio, nell’adorazione di Dio, adorazione che alimenta un rapporto di profonda e confidente intimità con Dio.

5.         Carissimi fratelli e sorelle, l’ultimo passo che compiono i magi è l’offerta dei doni. I Padri della Chiesa hanno dato un significato simbolico alle offerte dei magi, vedendo raffigurate in esse tre prerogative di Cristo: la regalità, la divinità, l’umanità. Come dice un inno della liturgia: “Oro e incenso proclamano il Re e Dio immortale, la mirra annunzia l’Uomo, deposto dalla croce”. Ma noi sappiamo che nel Vangelo di Matteo la parola “tesoro” sta ad indicare anche il cuore dell’uomo. Dei magi si dice, letteralmente, che “aperti i loro tesori, offrirono a lui doni, oro e incenso e mirra”. Non offrono solo questi doni materiali, ma offrono i loro tesori, cioè i loro cuori, le loro vite, il loro amore. È questa la quinta lezione che ci offrono i magi: offrire a Dio i nostri cuori, ponendoci, con fiducioso abbandono, nelle sue mani, così come siamo, con tutta la nostra storia, a volte bella a volte brutta, a volte buona a volte cattiva. In questa Eucaristia chiediamo a Dio che ci faccia ripercorrere in qualche modo il cammino dei magi, secondo le parole dell’orazione iniziale “noi, Signore, che ti abbiamo conosciuto per la fede, possiamo contemplare la grandezza della tua gloria”.