Solennità di San Giusto martire, Patrono della Città e della Diocesi di Trieste

DIOCESI DI TRIESTE

Solennità di San Giusto martire

+ Giampaolo Crepaldi

Cattedrale di San Giusto, 3 novembre 2016

 

Eccellenza Reverendissima, Eccellenza Sig. Prefetto, Sig. Sindaco, amici fraterni delle Chiese e comunità ecclesiali, distinte Autorità civili e militari, cari presbiteri, fratelli e sorelle, bratje in sestre!

1.        Celebriamo oggi, con gioia e devozione, la solennità di San Giusto, patrono della Chiesa e della Città di Trieste. San Giusto seguì le orme di Cristo con il martirio; morì, come il divino Maestro, perdonando e pregando per i suoi uccisori. Il legame che unisce Cristo a San Giusto è la carità divina: lo stesso amore che spinse il Figlio di Dio a spogliare se stesso e a farsi obbediente fino alla morte di croce, ha poi spinto San Giusto a dare la vita per il Vangelo. Tutto questo rende diverso il martirio cristiano. Il martire cristiano, come Cristo e mediante l’unione con Lui, accetta nel suo intimo la croce e la morte e le trasforma in un’azione di amore. Quello che visto dall’esterno è violenza brutale, visto dall’interno diventa un atto d’amore. Inoltre, il martire è un testimone esemplare della fede cristiana. Egli, in una generosa professione di fede in Cristo Signore, dimostra di essere ben persuaso che non si tratta di salvare la verità di Dio cercando il consenso degli uomini, ma si tratta piuttosto di salvare gli uomini mediante la verità di Dio annunciata fino in fondo e integralmente. In questa salutare e impegnativa prospettiva teologica e spirituale, San Giusto fu un grande testimone di carità e, insieme, un grande testimone di fede. Grande e attualissimo e in piena e feconda sintonia con l’esperienza fatta in quest’Anno giubilare della misericordia che chiuderemo il prossimo 13 di novembre.

2.        Carissimi fratelli e sorelle, predragi bratje in sestre, la testimonianza di amore e di fede di San Giusto ha inspirato la nostra Chiesa diocesana lungo il tempo della celebrazione del V Sinodo diocesano, il Sinodo della fede. Ora, sono lieto di annunciare che la testimonianza del nostro Santo protettore inspirerà la Visita pastorale del Vescovo che prenderà avvio nel prossimo anno. Un ministero che doverosamente il Vescovo deve adempiere. Essa avrà un sostanziale collegamento con il Sinodo. A fronte dei tanti problemi che si trova a sperimentare l’esperienza credente – da problemi indotti da pervasivi processi culturali tipici del secolarismo e nichilismo odierni, a quelli tutti interni della Chiesa spesso in affanno nel suo rapporto con il mondo e con la modernità – il nostro Sinodo diocesano è stato in grado di indicare un illuminante tragitto di fede: una fede da vivere intensamente per essere donata, con gioia e in un rinnovato sforzo di evangelizzazione missionaria, trasmettendola soprattutto alle nuove generazioni; una fede alimentata dalla Parola e dai Sacramenti per celebrare quotidianamente, in Cristo e nello Spirito Santo, il Padre misericordioso che abbiamo nei cieli, il Padre che attende con impazienza la nostra conversione e il nostro ritorno; una fede testimoniata con la santità di vita e con lo sguardo educato dalla speranza cristiana, che si concretizza in iniziative di carità e di solidarietà verso il prossimo, soprattutto verso gli ultimi e i poveri. Una Visita pastorale che cercherà quindi di vivificare la testimonianza cristiana in un mondo sempre più convinto di potercela fare senza Dio e il suo aiuto. Per il bene di tutti e il bene di tutto, deve ritornare il Vangelo di Gesù Cristo, il Vangelo che infiamma e brucia. Scrisse Georges Bernanos: “Il buon Dio non ha scritto che noi fossimo il miele della terra, ragazzo mio, ma il sale. Il sale sulla pelle a vivo, è una cosa che brucia. Ma le impedisce di marcire”.

3.        Predragi bratje in sestre, carissimi fratelli e sorelle, la testimonianza martiriale di San Giusto ci interpella profondamente, come Chiesa e come Città, a dare risposta ad alcune questioni che toccano la nostra convivenza sociale e civile. Risposte da cercare con lungimirante intelligenza, con sapienza e con una ritrovata solidarietà civile e istituzionale. La prima questione riguarda la crescita dei poveri tra i cittadini e le famiglie di Trieste; dato drammatico, non sufficientemente considerato, e quasi oscurato dalla concentrazione su altre tematiche. La generosità e la solidarietà messe in campo dalla Città, con i suoi organismi di volontariato civile, e dalla Chiesa, con la Caritas e le parrocchie, anche recentemente con la raccolta alimentare, purtroppo non bastano. La Città ha bisogno di lavoro e di una nuova stagione di sviluppo produttivo. La seconda questione riguarda i migranti e i termini della loro accoglienza. A questo proposito e al di là degli infuocati dibattiti oggi in atto, prevalentemente di parte, farebbe bene a tutti far tesoro di un illuminante criterio offertoci recentissimamente dal Santo Padre Francesco che, in tema di accoglienza, ha affermato che “Non è umano chiudere le porte, non è umano chiudere il cuore e alla lunga questo si paga, si paga politicamente, come anche si paga politicamente una imprudenza nei calcoli e ricevere più di quelli che si possono integrare. Qual è il rischio se un migrante o un rifugiato non viene integrato? Si ghettizza! Entra in un ghetto, e una cultura che non si sviluppa in un rapporto con un’altra cultura entra in conflitto, e questo è pericoloso”. Ritornando alla nostra realtà, sento il dovere di dire una parola sull’accoglienza dei migranti presso i locali della Diocesi siti nella parrocchia di Aquilinia. La decisione fu mia e resta tale secondo i tempi e le modalità che sono stati concordati opportunamente con le Istituzioni. Con il parroco di Aquilinia e con il Direttore della Caritas, anche in un recentissimo incontro a tre, si è confermato inoltre di portare avanti questa doverosa esperienza con stile cristiano, convinti essere quello più consono al rispetto che si deve ai nostri fratelli e sorelle migranti: primo, operare nel silenzio, senza personalismi e senza l’utilizzo delle trombe mediatiche, perché il Signore ci sollecita a fare la carità in modo che la mano destra non sappia quello che fa la sinistra; secondo, tenersi a debita distanza da eventuali condizionamenti politici, perché la Chiesa deve rispondere solo al suo Signore; terzo, tenere sempre aperto il canale del dialogo con i componenti la comunità cristiana, soprattutto quando sorgono problemi pastorali. Le falsità che sono state scritte e dette su questa vicenda, anche contro di me, sono solo espressione di un marcio con il quale la Chiesa di Trieste e il suo Vescovo non hanno niente da spartire. La terza questione che desidero porre all’attenzione di tutti è quella delle dipendenze da gioco di tantissime persone che, nella nostra Trieste, sono in preoccupante crescita e si configurano ormai come una tragica emergenza umana, sociale e familiare. Le sale da gioco in città e i casinò appena al di là del confine in terra slovena sono una realtà che deturpa il nostro paesaggio umano e morale e che va affrontata con determinazione civile e politica senza se e senza ma. Troppo alti e distruttivi i costi per le persone e le famiglie. La Chiesa di Trieste, pur con le sue forze limitate, farà la sua parte anche in questa indispensabile opera di bonifica umana e civile. Ma, c’è bisogno di un soprassalto collettivo.

4.        Carissimi fratelli e sorelle, predragi bratje in sestre, in questa circostanza vogliamo assicurare la nostra preghiera e la nostra vicinanza ai tanti fratelli e sorelle del Centro Italia, vittime di terremoti che sembrano non finire mai. Affidiamo questi fratelli e sorelle al Signore che, nella sua Croce di dolore, ha manifestato l’amore infinito del Padre celeste. Resta impressa negli occhi di tutti l’immagine, emblematica per le sue valenze religiose e culturali, del crollo a Norcia della Basilica sorta nel luogo della nascita di San Benedetto. Egli, dopo il crollo dell’Impero romano, con il suo ora et labora, promosse una nuova ripresa del continente europeo. A questo proposito, sono da meditare le parole di San Giovanni Paolo II: “La croce, il libro e l’aratro sono stati gli strumenti della sua opera di bonifica e di rinascita. La lode a Dio, nel Cristo e con la comunità, mediante la liturgia assidua, diligente ed elevante; il lavoro manuale, intellettuale ed artistico, fedelmente compiuto nel silenzio esteriore ed interiore; la carità vicendevole, e specialmente verso i sofferenti e i più poveri, nell’obbedienza e nell’umiltà: ecco in sintesi il messaggio e il programma di vita che San Benedetto ha incluso ed ha praticato e per cui l’Europa si è potuta dire cristiana“. Con l’auspicare che vengano al più presto ricostruite le case e le chiese delle popolazioni colpite dal terremoto, vogliamo anche pregare che l’occasione sia propizia per sentirci impegnati a ricostruire l’Europa, un’Europa finalmente consapevole che la ricchezza materiale risulta fragile se non è preceduta e sostenuta da una grande ricchezza spirituale.

5.        Fratelli e sorelle, bratje in sestre, cent’anni fa la Madonna apparve a tre pastorelli a Fatima e, per il collegamento che esiste tra Fatima e Trieste, il centenario delle apparizioni lo ricorderemo il prossimo anno in maniera solenne e appropriata nel Santuario mariano di Mante Grisa, dove, presente copia della statua della Madonna di Fatima, si onora e si prega il Cuore Immacolato di Maria, nostra Madre e nostra Regina: sì, vogliamo che sia Lei la nostra Madre e la nostra Regina e la invochiamo, insieme con San Giusto e gli altri nostri Santi e Sante, di proteggere e di custodire la nostra Città e la nostra Chiesa dal male e dai malanni, garantendo alle nostre famiglie e a tutti giorni di pace, di concordia e di operosa serenità.