DIOCESI DI TRIESTE
IN MEMORIA DEL BEATO CARLO I D’AUSTRIA
+ Giampaolo Crepaldi
Trieste, Cattedrale di San Giusto, 7 novembre 2014
Altezza imperiale, distinte autorità, fratelli e sorelle,
1. Sono particolarmente lieto di presiedere questa celebrazione eucaristica per fare devota memoria del decennale della beatificazione di Carlo I d’Austria, che iniziò a reggere le sorti dell’impero austro-ungarico nel 1916, nel mezzo della prima guerra mondiale, che il Santo Padre Benedetto XV definì come una inutile strage. Ed è a partire da quell’evento, di cui quest’anno ricordiamo il centenario del suo inizio nel 1914 e che determinò la fine dell’impero e nuovi assetti politico-istituzionali in Europa, che è opportuno soffermarsi per cogliere lo spessore umano e spirituale del beato Carlo I, un imperatore che amava la pace, ma che fu come costretto a governare dentro la bufera di una guerra mondiale. A testimonianza della sua profonda propensione per la pace, proprio nel 1914, quando ebbe avvio la guerra, alla folla che si era ritrovata nella piazza antistante il palazzo di Hetzendorff per inneggiare alla guerra, il futuro Imperatore pronunciò queste parole: “Tutti coloro che mi conoscono, sanno quanto amo l’Austria e l’Ungheria. Non posso ritirarmi nei momenti di bisogno. Coloro che mi conoscono sanno anche che sono un soldato ed allenato quindi alla guerra. Nondimeno, come alcuni possano auspicare la guerra, e con tanto fervore, io semplicemente non lo posso concepire. La guerra, dopo tutto, è qualcosa di spaventoso”. In quella sconvolgente congiuntura bellica che provocò un numero spaventoso di morti, il beato Carlo I, incompreso da tanti anche dai molti tra i suoi più stretti collaboratori, fu l’unico Capo di Stato che tentò sempre di trovare il modo per porre fine alla guerra…, usando tutte le sue forze, cercando in tutti i modi le strade della pace, coltivando con gli amici e con i nemici le possibilità reali per raggiungerla. Il beato Carlo I ci è di esempio, un esempio che si sostanzia dell’impegnativo dovere di coltivare sempre e dovunque il bene incommensurabile della pace. Sono convinto che se si fossero seguiti la volontà e gli sforzi dell’Imperatore, milioni di vite perse in battaglia si sarebbero salvate e l’Europa avrebbe potuto celebrare una lunga stagione di pace.
2. Uomo di pace, il beato Carlo I, fu anche un singolare uomo politico che trovava nel tesoro della fede cattolica la costante ispirazione per l’esercizio delle sue gravose responsabilità. Anche su questo punto egli resta un esempio attualissimo, reso ancora più attuale dal fatto che, al giorno d’oggi, la politica vive una delle sue crisi più acute per il venir meno di quegli orizzonti di senso che sono giunti ad intaccare perfino il valore dell’umano. Il beato Carlo I aveva un grande senso del dovere e si considerava come padre del suo popolo. Nel 1917, durante una conversazione con il conte Polzer-Hoditz, il beato gli confidò: “Come Imperatore devo essere di buon esempio. Se ognuno praticasse semplicemente i suoi doveri cristiani, non ci sarebbe tanto odio e miseria in questo mondo”. Questo suo alto senso del dovere, esercitato nell’orizzonte della fede – fede creduta fermamente e testimoniata fino alla fine – lo manifestò nel momento della sua incoronazione, avvenuta in Ungheria. L’imperatrice Zita – per lei fu marito devoto e per i figli un padre tenerissimo – 50 anni dopo la sua morte, ricordò con queste significative ed eloquenti parole l’evento che tanto lo coinvolse per la densità di significati che racchiudeva. Queste le parole dell’Imperatrice: “La cosa che più mi colpì di tutta la cerimonia, fu la commovente parte liturgica, soprattutto i voti presi dal Re davanti all’altare prima della sua consacrazione ovvero di preservare la giustizia e lottare per la pace. Questa sacra promessa data nella cattedrale era esattamente il programma politico che egli intendeva portare avanti. Sentivamo questo così fortemente che quasi non erano necessarie parole tra di noi”.
3. Il beato Carlo I fu, in definitiva, un cristiano a tutto tondo, che la Chiesa, con lungimirante saggezza, ha beatificato, indicandolo come esempio di vita cristiana autentica. A rendere particolarmente credibile la sua testimonianza cristiana sono i suoi ultimi mesi di vita. Giunto nell’isola di Madera – dopo aver persopatria, impero e trono – intensificò la sua preghiera e l’offerta della sua vita al Signore convinto che Dio volesse proprio la sua vita come ultimo sacrificio per la salvezza del suo popolo. Cristiano che nutriva la sua anima con la partecipazione quotidiana alla Santa Messa dove univa il suo al Sacrificio del Signore Gesù, l’imperatore seppe coniugare, in un ardito e originale intreccio spirituale, la sua comunione con il Signore e l’esercizio dei suoi gravosi doveri. Era devotissimo della Madonna e, a Madera, la Chiesa che più amava era quella di Nossa Senhora do Monte. Una volta, parlando con sua moglie mentre la Chiesa si vedeva in lontananza, egli affermò che Dio chiedeva la sua vita per il bene del proprio popolo. Poco tempo dopo, Dio esaudì il suo voto. Commovente il racconto che il figlio fece degli ultimi istanti di vita del padre: “Mio padre aprì gli occhi e guardò con amore Gesù nell’Eucaristia. L’ho sentito pregare ancora nei suoi ultimi istanti. Non smetteva di ripetere Gesù mio misericordia. L’ho sentito dire Gesù mio vieni. Ha pronunciato in un ultimo sospiro il nome di Gesù, e si è abbandonato nelle braccia di mia madre. Abbiamo davvero pensato che stavamo assistendo alla morte di un santo”. A noi resta la grazia di una testimonianza cristiana luminosissima e l’opportunità di aprirgli il nostro cuore nel gesto confidente dell’invocazione: di tutto questo vogliamo ringraziare il Signore per la beatificazione, avvenuta dieci anni fa, di Carlo I d’Austria.