Giovedì Santo | Messa Crismale

DIOCESI  DI  TRIESTE

 

MESSA CRISMALE

+ Giampaolo Crepaldi

Cattedrale di San Giusto, 17 aprile 2014

 

Eccellenze rev.ssime, dragi sobratje v duhovništvu, carissimi Fratelli nel sacerdozio, Diaconi, Religiosi e Religiose, fratelli e sorelle bratie in sestre che partecipate a questa santa Messa Crismale, durante la quale saranno benedetti gli oli e il crisma, segni della santità di Dio che avvolge il corpo della Chiesa attraverso i sacramenti, sostiamo a contemplare il mistero salutare racchiuso nelle parole del profeta Isaia che il Signore Gesù ha applicato a se stesso: “Lo Spirito del Signore è su di me. Oggi si è compiuta questa Scrittura”.

1.           Le parole del Vangelo di Luca che abbiamo devotamente ascoltato ci parlano, infatti, di Gesù, della sua persona e della sua vita. Esse ci svelano l’origine della missione del Verbo incarnato nel mondo e ci portano alla sorgente stessa da cui essa è sgorgata: lo Spirito del Signore. Veniamo così introdotti nella relazione del Salvatore con lo Spirito che lo ha unto e lo ha costituito nella sua missione salvifica. La Parola di Dio ci rivela che questa stessa missione ha avuto la sua origine dal Padre: “quando venne la pienezza del tempo, Dio [Padre] inviò il suo Figlio, fatto da una donna” (Gal 4,4). Le opere straordinarie che danno profilo e sostanza alla missione del Signore Gesù nel mondo – portare ai poveri il lieto annunzio, proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore – sono pertanto opere progettate  e volute dal Padre mediante lo Spirito Santo. Sono opere che affondano le loro radici nello stesso Amore trinitario, come ci hanno insegnato tutti i  grandi Padri della Chiesa: l’economia della salvezza dipende interamente dalla vita  stessa  della Trinità santa ed adorabile.

2.           Inviato dall’amore del Padre, venuto nel mondo per amore del Padre verso l’uomo, Gesù è veramente costituito nostro salvatore dalla unzione che è lo Spirito Santo. Il grande teologo Hans Urs von Balthasar scrisse: “Lo Spirito… è il medium  in cui il Padre invia in libertà e pura grazia il Figlio… ed è il medium in cui e mediante cui il Figlio risponde… colla sua obbedienza alla missione del Padre” (Teodrammatica, vol. III, ed. Jaka Book, Milano 1985, pag. 175). Costituito nella nostra umanità dallo Spirito Santo (cfr. Lc 1,35), il Figlio si affida totalmente, in conformità alla volontà del Padre, all’azione dello Spirito: azione dello Spirito che lo spinge a portare ai poveri il lieto annunzio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi e a proclamare l’anno di grazia del Signore. Ecco, fratelli e sorelle bratie in sestre,  il mistero che stiamo celebrando! Il mistero dell’unzione del Verbo incarnato da parte dello Spirito; il mistero del suo dies natalis come sacerdote della nuova ed eterna Alleanza; il mistero della presenza nella sua santa umanità dello Spirito Santo, mediante il quale Cristo “offrì se stesso senza macchia a Dio” perché, intervenendo la sua morte, coloro che sono chiamati possano ricevere l’eredità eterna che è stata promessa (cfr. Eb 9,14.15).

3.           Cari fratelli nel sacerdozio, anche noi siamo invitati a fare nostre le parole del Vangelo di Luca che è stato proclamato: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione”. Queste parole hanno qualcosa di fondamentale da dire anche a noi sacerdoti. Esse descrivono, infatti, non solo il dies natalis di Gesù come sacerdote della nuova ed eterna Alleanza, ma anche il dies natalis del nostro sacerdozio in Cristo. Abbiamo in queste parole, piene di sorprendenti rivelazioni, la grazia incommensurabile di rintracciare le radici più profonde, perché eterne, non solo e non principalmente del nostro operare da sacerdoti, ma soprattutto del nostro essere sacerdoti: della nostra predestinazione ad essere partecipi in modo singolare dell’unzione del Verbo incarnato come sacerdote della nuova ed eterna Alleanza. Sostiamo con il cuore colmo di gratitudine a contemplare questo mistero santo: è con un unico atto di carità e attraverso un unico movimento di amore divino ed eterno che il Padre nello Spirito Santo ha consacrato l’Unigenito Figlio e ciascuno di noi. Le radici del nostro sacerdozio affondano nel dialogo salvifico intercorso fra il Padre ed il Figlio nello Spirito Santo e, con l’animo pieno di stupore e di gratitudine, anche noi, oggi e qui e in questo contesto reso solenne dalla celebrazione dell’Eucaristia crismale, possiamo dire come Gesù e con Gesù: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore” (Lc 4, 18-19). Parole mirabili che aprono il nostro cuore, in questa circostanza tanto significativa, al ricordo affettuoso dei confratelli che stanno svolgendo il loro ministero in terra di missione o  presso la Santa Sede; e con lo stesso animo grato al Signore per il loro prezioso servizio ecclesiale ricordiamo i confratelli che ci hanno lascito per l’abbraccio con il Padre celeste:  don Italo Brazzafolli e il canonico Mario Gerdol.

4.           Cari fratelli nel sacerdozio, la gioiosa riscoperta del valore e del significato del nostro dies natalis, deve opportunamente accompagnarsi con la riscoperta della nostra  dignità: parola che va pronunciata con umiltà, ma anche senza paura e senza false prudenze. E’ la dignità di chi ha piena consapevolezza di essere sacramento della presenza di Cristo in mezzo agli uomini e alle donne del nostro mondo. Non dobbiamo mai rinunciare ad essa; rinunciare ad essa sarebbe una grande tragedia spirituale. La consapevolezza della nostra dignità si deve manifestare nelle grandi come nelle piccole cose. Contrasta con essa il lasciarci andare a chiacchiere e a critiche dette spesso a vanvera e senza responsabilità, dando espressione a immaturità psicologica e aridità spirituale che producono il frutto amaro di ferire la nostra Chiesa. Contrasta con la dignità sacerdotale il costruire la comunità parrocchiale a propria immagine e somiglianza e non a immagine e somiglianza del Signore o, peggio, il sentirsi come dei padroni indispensabili della stessa, senza avvertire in questo la distanza che separa il nostro atteggiamento dall’invito del Signore ad essere servi e solo servi del popolo di Dio. La dignità sacerdotale, invece, la si custodisce quando coltiviamo nel cuore la gioia di essere sacerdoti obbedienti e generosi; quando ci accostiamo alle persone e alle nostre comunità, annunciando loro il mistero più grande, cioè il mistero della Redenzione; quando, invece di lasciarci ipnotizzare dalle realtà materiali, consideriamo la nostra esistenza costantemente immersa dentro l’economia di salvezza, progettata dal Padre, realizzata nella Pasqua del Cristo e costantemente vivificata dal loro Spirito.

5.           Cari fratelli  e sorelle, il prossimo 11 di maggio, qui a Trieste, si terrà la celebrazione nazionale della Giornata Mondiale delle Vocazioni, che, in questa particolare occasione della Messa crismale, affidiamo alla materna protezione della Madonna. Tutti, con generosa e pronta disponibilità, dobbiamo sentirci coinvolti nella sua preparazione, unitamente al Centro Diocesano Vocazioni, che sta già lavorando con infaticabile generosità. L’evento sarà per la nostra Chiesa e per la Città un’occasione propizia per riflettere sulla vocazione cristiana e sulle vocazioni ecclesiali, in particolare sulla vocazione al presbiterato. La Giornata dell’11 di maggio 2014 avrà il seguente tema conduttore: Vocazioni testimonianza della Verità, che ha nel n. 9 della Lettera enciclica di Benedetto XVI, Caritas in Veritate, il suo testo di riferimento. Il tema suggerisce che la Chiesa è chiamata a dare all’uomo del nostro tempo quel “di più”, quel supplemento d’anima che lei custodisce come un tesoro preziosissimo. Quel “di più” che fa la differenza sempre e in tutto,  papa Francesco lo individua in Gesù Cristo, descrivendolo con queste parole in uno dei passi più belli della Evangelii gaudium: «Non è la stessa cosa aver conosciuto Gesù o non conoscerlo, non è la stessa cosa camminare con Lui o camminare a tentoni,  non è la stessa cosa poterlo ascoltare  o ignorare la sua Parola, non è la stessa cosa poterlo contemplare, adorare, riposare in Lui, o non poterlo fare. Non è la stessa cosa cercare di costruire il mondo con il suo Vangelo piuttosto che farlo unicamente con la propria ragione. Sappiamo bene che la vita con Gesù diventa molto più piena e che con lui è più facile trovare il senso di ogni cosa. E’ per questo che evangelizziamo» (n. 266). Qui il “di più” diventa “una vita molto più piena” e il “senso di ogni cosa” viene illuminato da questo “di più” e ogni cosa, in questo innalzamento, ritrova pienamente se stessa.

 

Carissimi fratelli nel sacerdozio, diaconi, religiosi e religiose, consacrati, fedeli tutti, affidiamo alla Vergine Maria i buoni e i santi propositi che vogliamo maturare in questa circostanza piena di grazia salutare, sicuri che, con la sua materna protezione, Lei saprà farsene interprete presso il Figlio Gesù.  Amen!