Solennità del Corpus Domini

DIOCESI DI TRIESTE

SOLENNITÀ DEL CORPUS DOMINI

+ Giampaolo Crepaldi

Trieste, 2 giugno 2013

OMELIA PER LA SANTA MESSA

Carissimi fratelli e sorelle,

qual è il significato proprio della solennità odierna, del Corpo e Sangue di Cristo? Il significato è questo: Gesù si fa cibo e bevanda di salvezza per tutti. Egli, la Parola di Dio fatta carne, non solo è davvero diventata carne, uno di noi, ma continua a vivere in mezzo a noi proprio quando ci ritroviamo a celebrare la divina Eucaristia, memoriale della sua morte e resurrezione. Qui è racchiuso il segreto e il mistero più prezioso della vita cristiana. Per questo noi cristiani fin dalle origini del cristianesimo, consideriamo la domenica il giorno più bello e importante della settimana, di cui si dovrebbe riscoprirne il senso.

Cari fratelli e sorelle, nel Vangelo abbiamo ascoltato di Gesù che si preoccupa della gente che lo segue. Era numerosa ed affamata. I discepoli davanti a un bisogno così grande dicono a Gesù: “Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta”. Sano realismo, diremmo anche noi. Come facciamo ad andare incontro al bisogno di tanta gente, dei tanti poveri del mondo? E poi ci verrebbe forse da dire: ci pensino le parrocchie, la Caritas, le istituzioni pubbliche. Il Signore non accetta la risposta dei discepoli e afferma: “Voi stessi date loro da mangiare”. Così il Signore si rivolge anche a noi. Date voi da mangiare, trovate voi le risorse, i modi per andare incontro al bisogno degli altri. Chi accumula per sé e non sa dare nulla agli altri perderà anche quello che ha, perché nell’egoismo del vivere tutto appassisce e si corrompe. La crisi economica che stiamo sperimentando rende più difficile la vita di tanti, soprattutto di chi ha perso il lavoro o vive nelle ristrettezze materiali. Per questo nei tempi difficili è ancor più necessario dire no a una vita spesa solo per sé. Ricordatevi: nessuno è tanto povero da non poter aiutare uno più povero di lui.

Cari fratelli e sorelle, nell’Eucaristia della domenica noi celebriamo questo miracolo, che diviene realtà e impegno per ognuno di noi. Ringraziamo il Signore per il dono grande che continua a farci e preghiamolo perché ognuno nel suo piccolo non si tiri indietro quando il Signore ci chiederà di dare quello che abbiamo. Ricordiamo che qui sta l’unica vera felicità, che oggi il Signore ci fa riscoprire.

OMELIA PROCESSIONE

Carissimi fratelli e sorelle,

1.           Termina qui, al colle di San Giusto, la nostra devota processione per il Corpus Domini, che ha voluto essere un atto pubblico di adorazione dell’Eucaristia, vissuto coralmente dal popolo cristiano; atto pieno di straordinarie e rivoluzionarie implicazioni esistenziali e culturali. Una su tutte: chi adora Gesù Eucaristia non può e non deve prostrarsi davanti a nessun potere terreno o mondano. Noi cristiani ci inginocchiamo solo davanti al Santissimo Sacramento, perché in esso sappiamo e crediamo essere presente l’unico vero Dio, che ha creato il mondo e lo ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito (cf Gv 3,16). Per questo, adorare l’Eucarestia è un atto pubblico di libertà e di liberazione. Adoriamo un Dio che per primo si è chinato verso l’uomo, come Buon Samaritano, per soccorrerlo e ridargli vita, e si è inginocchiato davanti a noi per lavare i nostri piedi sporchi. Adorare il Corpo di Cristo vuol dire credere che lì, in quel pezzo di pane, c’è realmente Cristo, che dà un senso vero e pieno alla vita, all’universo come alla più piccola creatura, all’intera storia umana come alla più breve esistenza. In questa adorazione è racchiuso il segreto e il mistero più prezioso della vita cristiana. Per questo noi cristiani fin dalle origini del cristianesimo, consideriamo la domenica – quella impreziosita dalla celebrazione dell’Eucaristia – il giorno più bello e importante della settimana. Domenica, di cui si dovrebbe riproporre con forza il senso umanizzante, contro una società, che si autocertifica progressista, ma che, con volgare insipienza e stupida incultura, ce la sta rubando, lasciandoci tutti spiritualmente e umanamente più poveri.

2.           Carissimi fratelli e sorelle, in processione abbiamo camminato dietro Colui che è la Via. Con il dono di Se stesso nell’Eucaristia, infatti, il Signore Gesù ci libera dalle nostre “paralisi”, ci fa rialzare e ci fa fare un passo avanti, e poi un altro passo, e così ci mette in cammino, con la forza di questo Pane della vita. La processione del Corpus Domini ci insegna che l’Eucaristia ci vuole far rialzare, perché possiamo riprendere il cammino della vita con la forza che Dio ci dà mediante Gesù Cristo. E’, in definitiva, l’esperienza santa del cammino della fede, che vogliamo vivere con particolare intensità in questo anno, mentre la nostra Chiesa sta prendendo significative decisioni con l’avviarsi a conclusione il primo anno del Sinodo diocesano, il Sinodo della fede. In questo anno di preghiera e riflessione sinodali abbiamo capito che ogni triestino può trovare la propria strada, se incontra Colui che è Parola e Pane di vita e si lascia guidare dalla sua amichevole presenza. Senza il Dio-con-noi, il Dio vicino, non possiamo sostenere il pellegrinaggio dell’esistenza, sia singolarmente che in quanto società. In effetti, non basta andare avanti come dei vagabondi, ma come dei pellegrini, perché bisogna avere chiaro dove si va! Solo il Signore ce lo può veramente indicare. Invece ci capita addosso sempre più la sventura di essere irretiti da un prepotente vagabondaggio ideologico, che si concretizza in scelte culturali e politiche che ci prostrano e ci umiliano; vagabondaggio ormai completamente dimentico che solo il Signore è la via e che, con irresponsabile compiacenza e in nome di non si sa bene quali diritti civili da tutelare, è arrivato al punto di compromettere i capisaldi  del nostro convivere umano: la vita, la famiglia e la nostra libertà. Quando si continua a vagabondare fuori strada, prima o poi si finisce in un precipizio. L’esito è sotto gli occhi di tutti: una Babele volgare e indecente che disorienta e impoverisce.

3.           Carissimi fratelli e sorelle, il primo miracolo dell’Eucaristia è questo: ricevere con gioia e gratitudine il dono di Dio nella nostra vita. Da qui noi impariamo a capire che non si può vivere solo per avere, per possedere, per tenere quello che abbiamo. Su questo punto, nell’omelia del Corpus Domini di giovedì scorso, Papa Francesco ci ha istruito con questi profondissimi insegnamenti: “Questa sera, ancora una volta, il Signore distribuisce per noi il pane che è il suo Corpo, Lui si fa dono. E anche noi sperimentiamo la “solidarietà di Dio” con l’uomo, una solidarietà che mai si esaurisce, una solidarietà che non finisce di stupirci: Dio si fa vicino a noi, nel sacrificio della Croce si abbassa entrando nel buio della morte per darci la sua vita, che vince il male, l’egoismo, la morte. Gesù anche questa sera si dona a noi nell’Eucaristia, condivide il nostro stesso cammino, anzi si fa cibo, il vero cibo che sostiene la nostra vita anche nei momenti in cui la strada si fa dura, gli ostacoli rallentano i nostri passi. E nell’Eucaristia il Signore ci fa percorrere la sua strada, quella del servizio, della condivisione, del dono, e quel poco che abbiamo, quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza, perché la potenza di Dio, che è quella dell’amore, scende nella nostra povertà per trasformarla”.  Papa Francesco ci dice che chi accumula per sé e non sa dare nulla agli altri perderà anche quello che ha, perché nell’egoismo del vivere tutto appassisce e si corrompe. La crisi economica che stiamo sperimentando rende più difficile la vita di tanti, soprattutto di chi ha perso il lavoro o vive nelle ristrettezze materiali, persone a cui va l’affettuosa solidarietà e prossimità cristiana della Chiesa di Trieste. Per questo nei tempi difficili è ancor più necessario dire no a una vita spesa solo per sé.  Per questo la nostra Chiesa ha dato espressione ad una comune volontà di carità, individuata nel 2011 proprio nell’anno dedicato all’Eucaristia in preparazione al Sinodo diocesano, con la realizzazione da parte della Caritas diocesana dell’Emporio della solidarietà per venire incontro ai bisogni dei poveri e delle loro famiglie. Questa iniziativa, tanto preziosa e lungimirante, va sostenuta con l’impegno generoso e costante da parte di tutta la Diocesi. E se anche il sostegno delle Istituzioni, delle reti commerciali e della società civile non è stato all’altezza delle promesse e delle attese, la nostra Chiesa continuerà a fare tutto quello che è nelle sue possibilità, nella responsabile consapevolezza che i poveri sono i suoi veri tesori, come ha autorevolmente scritto il Consiglio Presbiterale nella Nota su La Chiesa di Trieste e i poveri, appena resa pubblica.

Carissimi fratelli e sorelle, facendo nostro l’atteggiamento adorante di Maria, preghiamo per noi e per tutti; preghiamo per ogni persona che vive a Trieste, perché possa conoscere Te, o Padre, e Colui che Tu hai mandato, Gesù Cristo. E così avere la vita e la gioia in abbondanza. Amen!