Giorno del Ricordo

DIOCESI DI TRIESTE

GIORNO DEL RICORDO

10 FEBBRAIO 2013

+Giampaolo Crepaldi

 

Distinte autorità, cari amici, fratelli e sorelle,

1.           Ricorre oggi, 10 di febbraio, il Giorno del Ricordo, che ci sollecita a fare pensosa memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Si tratta  di una solennità nazionale, opportunamente istituita con legge nel 2004, che chiama ciascuno e tutti a conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e delle migliaia di vittime delle foibe sul confine orientale e a ricordare l’esodo di 350 mila connazionali dalle terre natie dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia. Il ricordo di questa tragedia umana e storica – a lungo dimenticata e ancor oggi poco conosciuta – deve essere vissuto come una singolare occasione per  coltivare, senza risentimenti paralizzanti ma con profonda consapevolezza, la volontà di togliere dalla nostra vita civile, oggi e per sempre, le ragioni e le motivazioni che furono all’origine di quella tragedia. Ricordare, con equilibrio e serietà, un pezzo feroce e barbaro della storia recente, ci permette di lavorare per il bene comune e per la pace. Esercitare il ricordo è atto storico, ma, soprattutto è atto morale che implica l’esercizio delle responsabilità che tutti abbiamo nel consegnare alle generazioni future un mondo segnato dai valori positivi della giustizia e della pace.  Tutti e ogni giorno dobbiamo costruire e coltivare le ragioni della fraternità umana.

2.           Cari amici, siamo qui per ricordare una tragedia. Siamo qui soprattutto per condannare ideologie mortifere: le ideologie totalitarie del Novecento che si fondavano sui miti della razza e della classe, finendo per esasperare i conflitti etnici. La pulizia etnica subita dagli italiani della Venezia Giulia e della Dalmazia trova la sua interpretazione più convincente in un incontro perverso tra nazionalismo esasperato e ideologie totalitarie, che si proponevano la soluzione dei problemi delle aree mistilingue attraverso l’eliminazione fisica del «nemico totale» (del popolo o della razza) e l’espulsione delle popolazioni non desiderate dal territorio dello Stato totalitario. In questo senso le popolazioni della Dalmazia e della Venezia Giulia sono state le vittime di uno stravolgimento epocale che voleva riportare l’umanità a una situazione di barbarie tribale, in cui finisce per risolversi ogni nazionalismo razzista.

3.         Cari amici, c’è una parola cristiana che possa valere di orientamento in queste situazioni? Mi vengono in mente le parole conclusive di Gesù quando istituì l’Eucaristia: “Fate questo in memoria di me”. L’Eucaristia è ricordo di una morte ingiusta e violenta: quella del Signore da parte dei poteri del tempo. L’Eucarestia è anche ricordo grato e gioioso della donazione della vita del Signore per la nostra salvezza. In questa salutare prospettiva e pensando alle migliaia di profughi che riempirono soprattutto la città di Trieste, è forse arrivato il tempo di dire loro un grazie per la testimonianza di coraggio, di dignità, di feconda laboriosità che furono in grado di dare, pur colpiti da una tragedia di dimensioni inenarrabili. Anche la Chiesa di Trieste ebbe la grazia di poter essere impreziosita dalla loro presenza e dalla loro testimonianza di fede, di speranza e di carità. Come Vescovo di questa città voglio dire loro, grazie. Grazie soprattutto per averci dato un beato, don Francesco Bonifacio, che, con il suo sangue e con la sua santità, bonificò gli orrori commessi in queste terre.