Messaggio dell’Arcivescovo nel centenario della nascita del Beato don Francesco Bonifacio

 MESSAGGIO ALLA DIOCESI

 Centenario della nascita del Beato don Francesco Bonifacio

 

Ai Presbiteri, ai Diaconi, ai Consacrati e Consacrate, ai Fedeli laici  che sono parte della Chiesa di Cristo  che è in Trieste, pace e benedizione in Dio Padre e Figlio e Spirito Santo!

1.            Il prossimo sette di settembre ricorre il centenario della nascita del Beato don Francesco Bonifacio: un figlio e presbitero della nostra Chiesa che, in maniera eminente, ha testimoniato la sua fede in Cristo e la fedeltà alla missione sacerdotale, fino a giungere al martirio. Quale  Vescovo e Pastore della Chiesa tergestina innalzo con tutti voi il sentimento della lode e della gratitudine al Signore che, attraverso l’esercizio del discernimento proprio del ministero petrino, ha annoverato tra i Beati questo figlio e presbitero della nostra Chiesa. Unito al gaudio cristiano, per me Vescovo, sorge il dovere di richiamare l’attenzione di tutti i fedeli  della nostra Chiesa sul messaggio spirituale che giunge a noi dalla vita sacerdotale, dalla missione e dal martirio del Beato don Francesco Bonifacio. A questo riguardo e a tempo debito, saranno segnalate opportune iniziative commemorative che consentiranno di vivere il centenario della nascita del Beato don Francesco Bonifacio con profitto spirituale.

 

2.            La sua formazione al presbiterato – a Capodistria prima e nel Seminario Centrale in Gorizia poi – fu caratterizzata da una piena disponibilità ad acquisire le necessarie virtù umane e cristiane, lasciandosi plasmare dalla grazia santificante dei sacramenti e coltivando un’intensa vita interiore dove la preghiera, la direzione spirituale davano espressione concreta alla risposta coerente alla chiamata a diventare con il sacerdozio un  alter Christus. Il suo rapporto leale e fraterno con tutti i compagni di Seminario – con appartenenze linguistiche diverse e in periodo storico segnato da contrapposizioni –  favorì uno spirito di comunione e di unità sia nel presbiterio sia nel tessuto ecclesiale, nonostante le molteplici difficoltà che dovette affrontare. Scelse come suo Maestro e Guida il Cristo, che seguì con tutto il suo essere, accogliendo quale volontà di Dio ciò che i superiori e il Vescovo, in particolare, gli indicavano. Un esempio luminoso che richiama tutti a coltivare una continua formazione all’esercizio delle virtù umane e cristiane. Un esempio soprattutto per i giovani che si preparano al ministero ordinato nei nostri due seminari, che invito a conoscere e a imitare il Beato don Francesco. Divenuto Presbitero, quale Vicario cooperatore – a Cittanova, allora parrocchia delle unite Diocesi di Trieste e Capodistria – si dedicò, con impareggiabile generosità, alla formazione della gioventù, organizzando momenti educativi e ricreativi e avviandola all’esperienza dell’Azione Cattolica. Trasferito a Villa Gardossi, sentì tutta la responsabilità di essere sacerdote in toto, chiamato ad edificare e a santificare quella piccola porzione del Popolo di Dio.

3.            Il ministero pastorale del Beato don Francesco – ministero profondamente e nobilmente popolare – si svolse tra altare e catechismo, e fu vissuto con lo stile dell’evangelico buon pastore che opera tra il suo popolo con il cuore stesso di Cristo. Educò la sua gente alla vita sacramentale, ponendo al centro l’Eucarestia; curò il decoro della piccola chiesa, i momenti di adorazione, la visita ai malati e la formazione della gioventù. La sua prossimità al popolo si espresse nell’impegno prioritario di educarlo alla fede, facendo conoscere a tutti la dottrina cristiana, e tutti mantenendo nella comunione con il Papa e con il Vescovo. Per don Francesco la Chiesa era la Madre da amare, da ascoltare e da servire. Un ministero, il suo, speso giorno dopo giorno per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime. Puntuale era il suo insegnamento catechistico, impartito in ottemperanza ai dettami e alle indicazioni del Vescovo diocesano, in tempi segnati anche da persecuzione religiosa. Fu dedito al catechismo degli adulti, che faceva in chiesa e che arricchiva con gli insegnamenti della teologia appresa in seminario e con le indicazioni pastorali che il Vescovo faceva pervenire al suo clero. Il Beato don Francesco ha lasciato, soprattutto a noi sacerdoti, un esempio attualissimo anche per il nostro ministero che deve fare i conti con una difficile situazione collegata alla crisi della fede che va curata con l’impegno di una nuova evangelizzazione. Una nuova evangelizzazione che sarà feconda se saprà farsi carico di riproporre, senza censure e senza reticenze, la dottrina cristiana di sempre, nella sua integralità. Dal Beato arriva anche l’invito a coltivare lo spirito di fedeltà alla Chiesa e al Vescovo, quale successore degli Apostoli e Padre nella sua Chiesa: è come un monito che interpella ogni cristiano e ogni ministro ordinato della nostra Diocesi ad essere costantemente un segno credibile di comunione e di fraternità ecclesiali; un segno convincente della bellezza della fede cattolica anche per coloro che – fratelli cristiani non cattolici, ebrei, musulmani, uomini e donne di altre religioni o lontani dalla fede – vivono accanto a noi in questa nostra Città dove, fin dai primi secoli cristiani, è stato diffuso il Vangelo.

4.            Per offrire la vita a Cristo è necessario essere stati costantemente alla scuola di Cristo, nonostante difficoltà, tribolazioni e persecuzioni. Il Beato don Francesco – prelevato ed ucciso in odium fidei – seppe, con la grazia di Dio e con la sua umanità resa forte dalla fede, diffondere e difendere l’identità e i valori della vita cristiana. Tutto ciò contrastava il tentativo di scristianizzazione che aveva preso forma in  un progetto di società senza Dio. Per questo la voce del prete di Villa Gardossi doveva essere fatta tacere.  In modo definitivo. Venne così sequestrato e poi ucciso. Non sapevano i suoi uccisori che quel prete moriva da martire. Un martire che con il suo sangue avrebbe reso fecondo il seno della Chiesa e testimoniato la forza incomparabile della fede cristiana. Anche oggi la nostra società secolarizzata e relativistica vorrebbe vivere senza Dio, facendolo sparire dai cuori dei singoli e dalla vita sociale dei Popoli. Il beato don Francesco, con la sua vita ed il suo martirio,  continua ad essere per tutti noi cristiani un richiamo esigente ad essere coraggiosi testimoni della necessità di dare a Dio il primo posto nella nostra vita personale  e nella nostra Città, città che ha un debito impagabile verso il cristianesimo e la Chiesa cattolica.

Invocando la materna protezione della Madonna, la Madre di Dio e della Chiesa, tanto venerata, pregata e amata dal Beato don Francesco, vi benedico tutti, assicurando la mia preghiera.

 

+ Giampaolo Crepaldi