Solennità del Corpus Domini

DIOCESI DI TRIESTE

SOLENNITÀ DEL CORPUS DOMINI

Omelia per la processione

+Giampaolo Crepaldi

Trieste, 10 giugno 2012

 

Distinte Autorità, cari fratelli nel sacerdozio, carissimi fratelli e sorelle in Cristo,

1.         Con questa solenne processione del Corpus Domini lungo le strade della nostra città abbiamo voluto dare espressione pubblica alla nostra fede in Cristo Signore, presente e vivo nell’Eucaristia. Una coinvolgente esperienza di pietà eucaristica densa di significati: quello di una Chiesa ricca di tanti ministeri e carismi, ma una e unita dal devoto riconoscimento dell’unico Signore e Redentore, Gesù il Cristo; quello di una Chiesa santa, resa tale dalla grazia santificante giunta a noi dall’effusione dello Spirito di Gesù morto e risorto; quello di una Chiesa cattolica, perché sempre pronta a portare ad ogni uomo e donna del nostro tempo l’unica Parola che salva e dà senso alla vita, la Parola del Vangelo di Gesù; una Chiesa apostolica, capace di affrontare e sopportare le intemperie dei tempi e della storia, perché resa salda nella professione della fede dalla grazia che giunge dalla successione apostolica che la ricollega direttamente alle sorgenti pure e vitali delle sue origini divine, a Gesù il Salvatore e il Redentore. Con questo impegnativo atto pubblico la nostra Chiesa tergestina – una, santa, cattolica e apostolica – resa avvertita in questi due anni di preparazione della necessità di alimentare la sua vita con la Parola eterna del Verbo del Padre celeste e con i sacramenti della salvezza, soprattutto con l’Eucaristia – si apre fiduciosa a intraprendere l’esperienza spirituale e pastorale del Sinodo diocesano, che inizierà il prossimo 11 di ottobre, in concomitanza, ideale e tematica, con l’avvio dell’Anno della fede, voluto dal Santo Padre Benedetto XVI per commemorare il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. Anche il nostro Sinodo porrà al centro dei suoi lavori la fede: la fede annunciata, la fede celebrata, la fede testimoniata. Ad alimentare la nostra Chiesa lungo il cammino sinodale sarà l’Eucaristia. Scrisse, con acuta intelligenza spirituale, il beato Giovanni Paolo II nel documento Ecclesia de Eucharistia: “Quando la Chiesa celebra l’Eucaristia, memoriale della morte del suo Signore, questo evento centrale di salvezza è realmente presente e si effettua l’opera della nostra redenzione…Questa è la fede di cui le generazioni cristiane hanno vissuto lungo i secoli.”(n. 11).

2.         Carissimi fratelli e sorelle, con questa solenne processione giunge a termine la Settimana Eucaristica Diocesana che è stata arricchita da tante iniziative di devozione verso l’Eucaristia e dall’ordinazione del diacono Klemen Zalar e di due sacerdoti diocesani, don Angelo Alomoto e don Daniele Del Gaudio. Questi consolanti eventi ecclesiali di cui siamo profondamente grati al Signore, non devono però oscurare la necessaria e vigile consapevolezza dei problemi che ci circondano. Il Santo Padre Benedetto XVI, nel Motu proprio La Porta della fede, con il quale ha indetto l’Anno della fede, individua la cifra interpretativa dei problemi e delle difficoltà che vive la Chiesa al giorno d’oggi nella crisi della fede. Scrive: “Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone” (n. 2). Si tratta di una situazione difficile e inedita, che richiede da parte della Chiesa generose risposte di nuova evangelizzazione delle menti e dei cuori e di nuova missionarietà per portare gli uomini e le donne all’incontro salvifico e liberante con Gesù. Come riusciremo a fare questo? Le risposte a questa incalzante domanda che, in questi anni, sono state tentate, sono state molte. Risposte di esperti di ogni genere, di pastoralisti, di presunti profeti, risposte giunte da innumerevoli convegni, tavole rotonde e seminari, da pubblicazioni di teologi o presunti tali….Un’overdose indescrivibile che, alla fine, ci ha lascito storditi e confusi. Senza alcuna presunzione provo anch’io a dare il mio contributo: la crisi della fede la si supera se la Chiesa ritorna all’Eucaristia, cioè a Gesù vivo e presente nell’Eucaristia. Solo una Chiesa in ginocchio davanti all’Eucaristia, è una Chiesa in salute e prospera. A confortare questa mia tesi è intervenuto il Santo Padre Benedetto XVI. Proseguendo nella sua opera di correzione di un’interpretazione erronea del Concilio Ecumenico Vaticano II secondo una «ermeneutica della discontinuità e della rottura», che ha letto il Concilio come ripudio di tutto il Magistero precedente, Benedetto XVI, giovedì scorso, in occasione della Solennità del Corpus Domini, ha pronunciato un’importante omelia sull’Eucarestia, tutta intesa a denunciare «visioni non complete del Mistero stesso, come quelle che si sono riscontrate nel recente passato». Il Papa ha preso in esame in particolare due errori. Il primo è la vera e propria guerra alla pratica dell’adorazione eucaristica scatenata in nome della centralità esclusiva della celebrazione. «Una interpretazione unilaterale del Concilio Vaticano II – ha detto il Pontefice – aveva penalizzato questa dimensione, restringendo in pratica l’Eucaristia al momento celebrativo». Certo, «è stato molto importante riconoscere la centralità della celebrazione», ma questa centralità «va ricollocata nel giusto equilibrio». Altrimenti «per sottolineare un aspetto si finisce per sacrificarne un altro». E nel post-Concilio è successo proprio così: l’accentuazione «posta sulla celebrazione dell’Eucaristia è andata a scapito dell’adorazione». Ma questo «ha avuto ripercussioni anche sulla vita spirituale dei fedeli» e ha provocato gravi danni. «Infatti, concentrando tutto il rapporto con Gesù Eucaristia nel solo momento della Santa Messa, si rischia di svuotare della sua presenza il resto del tempo e dello spazio esistenziali. E così si percepisce meno il senso della presenza costante di Gesù in mezzo a noi e con noi, una presenza concreta, vicina, tra le nostre case, come Cuore pulsante della città, del paese, del territorio con le sue varie espressioni e attività». E questo ci porta al secondo errore post-conciliare che il Papa ha denunciato: la negazione della «sacralità dell’Eucaristia». Anche qui «abbiamo risentito nel passato recente di un certo fraintendimento del messaggio autentico della Sacra Scrittura» e del Vaticano II. «La novità cristiana riguardo al culto è stata influenzata da una certa mentalità secolaristica degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso». Anche in questo caso, non tutto è falso nelle sottolineature degli ultimi decenni: con la venuta del Signore «è vero, e rimane sempre valido, che il centro del culto ormai non sta più nei riti e nei sacrifici antichi, ma in Cristo stesso, nella sua persona, nella sua vita, nel suo mistero pasquale». Ma attenzione: «da questa novità fondamentale non si deve concludere che il sacro non esista più, ma che esso ha trovato il suo compimento in Gesù Cristo». La cosiddetta de-sacralizzazione dimentica che la Lettera agli Ebrei presenta Gesù Cristo come «sommo sacerdote dei beni futuri» (Eb 9,11), «ma non dice che il sacerdozio sia finito». Cristo non ha abolito il sacerdozio e «non ha abolito il sacro, ma lo ha portato a compimento, inaugurando un nuovo culto, che è sì pienamente spirituale, ma che tuttavia, finché siamo in cammino nel tempo, si serve ancora di segni e di riti, che verranno meno solo alla fine, nella Gerusalemme celeste, dove non ci sarà più alcun tempio». Sbaglia quindi chi pensa che il sacro, i simboli, i riti, siano finiti con Gesù Cristo. No: «grazie a Cristo, la sacralità è più vera, più intensa, e, come avviene per i comandamenti, anche più esigente!». Anche qui, i danni di una certa vulgata post-conciliare sono stati notevoli. Infatti, «il sacro ha una funzione educativa, e la sua scomparsa inevitabilmente impoverisce la cultura, in particolare la formazione delle nuove generazioni. Se, per esempio, in nome di una fede secolarizzata e non più bisognosa di segni sacri, venisse abolita questa processione cittadina del Corpus Domini, il profilo spirituale di Roma risulterebbe “appiattito”, e la nostra coscienza personale e comunitaria ne resterebbe indebolita». Grazie a Dio, a Trieste, la processione del Corpus Domini è una pratica di pietà popolare ancora ben radicata e solida!

3.         Carissimi fratelli e sorelle, porre al centro l’Eucaristia non allontana la Chiesa dalla città e dai problemi che essa vive. Anzi, l’Eucaristia ci rende più prossimi e più capaci di un generoso impegno caritativo – anche a livello di carità sociale e politica – rivolto soprattutto verso i poveri e i bisognosi. L’Eucaristia coltiva l’amore. Dove viene meno l’Eucaristia anche l’amore inaridisce. Una Chiesa inginocchiata davanti all’Eucaristia è una Chiesa stabile e forte nella fede. Questa fede ci dona una visione alta della persona umana, della sua vocazione, della sua dignità, dei suoi diritti fondamentali e del suo destino trascendente, perché “il Vangelo è la più grande forza di trasformazione del mondo” (Benedetto XVI, Discorso Polo della Salute, 8 maggio 2011). E’ dall’annuncio del Vangelo che prende forma anche una società dal volto umano: “Dalla fede vissuta con coraggio scaturisce, anche oggi come in passato, una feconda cultura fatta di amore alla vita, dal concepimento fino al suo termine naturale, di promozione della dignità della persona, di esaltazione della importanza della famiglia, fondata sul matrimonio fedele e aperto alla vita, di impegno per la giustizia e la solidarietà” (Benedetto XVI, Discorso Basilica di Aquileia, 7 maggio 2011). Da una fede vissuta può prendere corpo anche “una nuova generazione di uomini e di donne capaci di assumersi responsabilità dirette nei vari ambiti del sociale, in modo particolare in quello politico….” (Ivi). Responsabilità e impegno che devono trovare ispirazione e orientamento nella Dottrina sociale della Chiesa, il cui messaggio ci orienta verso un umanesimo integrale e solidale di cui avvertiamo un profondo bisogno in un tempo segnato da una crisi di sistema, come viene descritta quella che stiamo attraversando, con pesi gravosissimi posti sulle spalle soprattutto dei poveri e degli ultimi ai quali deve andare sempre l’attenzione preferenziale della Chiesa e dei cristiani. Una Chiesa rigenerata dall’Eucaristia si aprirà soprattutto al mondo del lavoro e alla realtà giovanile che, nella nostra città, hanno bisogno di attenzioni costanti e generose: la Chiesa tergestina, oggi a conclusione della solenne processione del Corpus Domini e alla fine della Settimana eucaristica, avverte il dovere di sollecitare una rinnovata e generosa attenzione a questi mondi vitali.

4.         Alla Madonna, che Giovanni Paolo II ha chiamato Donna Eucaristica, chiediamo di farci scoprire sempre più Gesù nell’Eucaristia e di trovare in Lui la soluzione di ogni nostro problema: il Pane Eucaristico che riceviamo è la carne immacolata del Figlio di Maria: Ave vero Corpo nato da Maria Vergine.