Deve crescere l’aiuto spirituale, l’amicizia, la stima e la correzione fraterna tra i Presbiteri

Giovedì Santo
Messa Crismale
21 aprile 2011
+Giampaolo Crepaldi
Arcivescovo-Vescovo

Eccellenza, carissimi fratelli nel sacerdozio, fratelli e sorelle,

1. In questa liturgia del Giovedì Santo, giorno in cui il Signore Gesù ha istituito l’Eucaristia e il Sacerdozio, si dispiega davanti a noi il mistero della Chiesa, che è un mistero di comunione. Questo mistero è legato al simbolismo dell’olio e, quindi, dell’unzione. Ha origine dall’unzione di Gesù, unzione che poi si riverbera sulla Chiesa, su tutti noi, ci unisce tra di noi e con Lui, rendendoci conformi a Lui. “Lo Spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione” (Is 61,1). Gesù applica a se stesso queste parole di Isaia. E’ lui l’Unto del Signore, il Cristo, il Messia; è Lui il ricettacolo dello Spirito. Tutto ciò che lo Spirito raggiunge è reso conforme a Cristo. Chi è raggiunto dall’olio dello Spirito viene misteriosamente e realmente unito al Corpo di Cristo, diviene un tutt’uno con Lui. In questo modo l’olio dello Spirito dal Corpo glorificato di Cristo raggiunge i Vescovi, dai Vescovi i Presbiteri e i cresimati, dai Presbiteri i battezzati, dai battezzati e cresimati il mondo, la storia, lo spazio e il tempo.

2. La giornata di oggi è, in maniera particolare e speciale, la giornata di noi sacerdoti. Vogliamo ricordare i confratelli che ci hanno lasciato per l’abbraccio con il Padre celeste: il canonico Gasperutti, don Bacci e don Leghizza. Ricordiamo anche i confratelli che sono malati, infermi o che vivono periodi difficili della loro esistenza: li affidiamo all’amorevole tenerezza del Signore. Permettetemi di affidare alla vostra considerazione un testimone, un illustre sacerdote triestino di cui ricorre, proprio oggi, il 60° della morte: Padre Piergiovanni Filippi, frate cappuccino, cresciuto nell’Oratorio di Montuzza, missionario in Angola, morto martire a soli 34 anni. Giovanni XXIII che, da Patriarca di Venezia, l’aveva ordinato sacerdote, non appena fu informato della morte, lo esaltò come vittima eroica dello zelo e della carità apostolica. Questa fulgida figura di prete triestino ci consente di comprendere meglio che l’unzione che abbiamo ricevuto dallo Spirito Santo nel giorno della nostra consacrazione è il segno di uno specialissimo legame di amicizia con Cristo. Attraverso questo legame si esprime la forza dello Spirito di Dio. Questa forza la dobbiamo a Cristo “che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue” (Ap 1, 5). Lui ha fatto di noi i soggetti del sacerdozio ministeriale della sua Chiesa. In questo ministero ci ha affidato una particolare responsabilità per la Chiesa, per l’intero popolo di Dio: popolo santo, sacerdotale, profetico, regale; popolo da cui siamo stati scelti e per cui siamo stati costituiti (cf. Eb 5, 1). Vi ho chiamati amici: oggi, più che in qualsiasi tempo, desideriamo esprimere la nostra gratitudine per questa relazione di amicizia, confermando e rinnovando le promesse che hanno accompagnato la nascita sacramentale del sacerdozio in ciascuno di noi.
3. Carissimi, per questa circostanza sono lieto di consegnarvi una Lettera che il Consiglio Presbiterale ha indirizzato al Presbiterio diocesano. In essa vengono riassunte impegnative riflessioni maturate in due incontri del Consiglio Presbiterale, elaborate facendo tesoro di una traccia proposta dai Vescovi del Triveneto. Si tratta di un’iniziativa di valore che va particolarmente apprezzata, accogliendola con pronta e generosa disponibilità. Facendomi interprete dei vostri sentimenti, desidero esprimere al Consiglio Presbiterale la gratitudine di tutti i presbiteri della Chiesa di Trieste. La Lettera si sofferma, in particolare, sui seguenti punti: la dimensione spirituale della vita del Presbitero; l’aggiornamento culturale; le relazioni nella vita comunitaria; alcune questioni concrete. Particolarmente significativo il n. 1, che parla dell’urgenza di unire il ministero pastorale ad una costante e profonda coltivazione della vita spirituale. Vi si afferma: “Dalla focalizzazione del ministero ordinato in una Chiesa Corpo Mistico di Cristo e Popolo di Dio, indicato dai documenti del Concilio Vaticano II e dal Magistero successivo, emerge che il Presbitero è chiamato a vivere una spiritualità essenzialmente legata alla sua relazione con Cristo, Capo e Pastore. Ciò offre al Presbitero la consapevolezza di essere beneficiario ed amministratore di quella partecipazione alla vita trinitaria che il Battesimo ha offerto ad ogni cristiano. Tale consapevolezza lo orienterà ad edificare quella Koinonia verticale ed orizzontale che gli farà sentire la bellezza e la necessità di una missione pastorale sostanziata di autentica comunione. Questa prospettiva aiuterà i Presbiteri a scoprire l’importanza di sentirsi ed essere parte di un medesimo presbiterio quale unico Corpus con il Vescovo e tra loro per provvedere al bene dell’intero Popolo di Dio della nostra Chiesa particolare. In tal senso deve crescere l’aiuto spirituale, l’amicizia, la stima e la correzione fraterna tra i Prebiteri che aiutano e concretamente realizzano la tensione alla comune vocazione alla santità e consentono il riconoscimento e la valorizzazione dei doni umani, spirituali, culturali e pastorali che i vari confratelli possiedono. Più si coltiva la vita spirituale più si saprà operare nella vita pastorale per edificare il Regno di Dio e condurre i fedeli ad incontrare Cristo unico Salvatore dell’uomo”.

4. Particolarmente illuminante e profetico quest’ultimo passaggio che sottolinea il primato della vita spirituale per noi preti e per tutta la Chiesa tergestina, su cui ho impegnato il mio episcopato e sui cui registro qualche resistenza e inerzia. Tale primato non mortifica nessun’altra dimensione del vivere ecclesiale, ma ne costituisce la condizione per un’autentica valorizzazione. Con questo spirito ci apprestiamo a celebrare a Trieste la 62 Settimana Litrurgica Nazionale sul tema Dio educa il suo popolo. Con questo spirito ci apprestiamo ad accogliere nelle nostre terre il Santo Padre Benedetto XVI, che attendiamo come un dono di grazia. Viene per confermarci nella fede; viene, quindi, per rendere ferma la nostra fede cristiana; viene per allontanare da essa le tentazioni che la renderebbero ballerina e incosistente. Certamente una delle tentazioni più insidiose, nell’esperienza cattolica della fede cristiana, è proprio quella di mettere tra parentesi l’essenziale riferimento al Papa e al suo Magistero universale. Se vogliamo attribuire un significato spiritualemnte profondo alla sua venuta, dobbiamo invece riprendere, senza riserve, il legame con il suo Magistero e la sua Persona. Questo legame renderà ferma la nostra fede, perché confermata da Pietro.

5. L’essenziale prospettiva spirituale sopra richiamata ci proietta nell’ottica del prossimo Sinodo Diocesano che, con l’aiuto del Signore e la protezione di Maria, iniziarà ufficialmente nel 2012, dopo i due anni di preparazione, il primo dedicato all’ascolto della Parola e il secondo all’Eucaristia. Il Sinodo, per come ne ho brevemente descritto il percorso nel documento Essere Lettera di Cristo a Trieste, sarà finalizzato ad aprire una rinnovata stagione spirituale quale indispensabile presupposto dell’impegno pastorale per una nuova evangelizzazione del popolo della nostra Diocesi. Vi ho scritto: “Essere Lettera di Cristo ci impegna infatti a interrogarci sui livelli e sulla qualità della nostra vita spirituale, nella consapevolezza che l’autentico rinnovamento della nostra Chiesa – che tutti auspichiamo possa giungere dall’esperienza del Sinodo – presuppone come sua condizione il rinnovamento spirituale a livello personale e a livello ecclesiale e comunitario. Resta una illusione fuorviante quella coltivata da coloro che, mutuando l’armamentario concettuale da ideologie anticristiane, hanno ritenuto e ritengono di poter far fronte ai tanti problemi e sfide che vive la Chiesa al giorno d’oggi cambiandone le strutture. Questa prospettiva ha mostrato, di fatto, la sua inconsistenza. Si tratta di un errore che ha comportato la mondanizzazione della Chiesa e l’irrilevanza storica della sua missione religiosa. Il primo e il vero aggiornamento ecclesiale, quello capace di portare frutti duraturi e significativi per il presente e per il futuro della Chiesa, è quello che parte dalla conversione personale a Cristo, quello basato sulla santità di vita, sulla riscoperta vitale del battesimo, del perdono e della riconciliazione e della preghiera” (n. 6). Il Sinodo sarà l’occasione buona, offertaci dal Signore, per delineare il profilo adeguato di una Chiesa missionaria, evangelizzata ed evangelizzatrice, consentendoci di far fronte ad antiche problematiche che riguardano anche le strutture e i compiti della nostra Diocesi, problematiche alcune delle quali, con imprevista e preoccupante accelerazione, stanno giungendo a maturazione.

6. Carissimi, vorrei tanto che da parte mia come da parte di tutta la Chiesa tergestina si levasse un ringraziamento vivissimo ai sacerdoti per quello che fanno, per la testimonianza che offrono, per la fatica del ministero a cui generosamente si sobbarcano. Carissimi fratelli sacerdoti, vi dico grazie per il vostro zelo, la vostra disponibilità, la vostra perseveranza pur nella fatica degli anni e le difficoltà del ministero. Tra poco rinnoveremo le promesse sacerdotali: vogliamo confermare con gioia la nostra volontà di unirci al Signore Gesù, di seguirlo sulla via della castità, della povertà e dell’obbedienza, di amare con tutto noi stessi la Chiesa, pronti a servire i nostri fratelli fino al dono della vita. Voi tutti, fratelli e sorelle, pregate per i sacerdoti: che il Signore non faccia mancare alla Chiesa i pastori di cui la comunità ha bisogno; che il Signore conceda alla Chiesa soprattutto santi sacerdoti, riverbero della sua santità. E tutti insieme preghiamo lo Spirito di Dio, perché anche oggi unga teneramente tutti noi, membra della Chiesa, sposa di Cristo, con la fragranza del suo profumo e con l’olio di letizia. Amen.